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Nuova luce sul funzionamento dell’ureasi

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Un gruppo di ricerca del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna ha svelato un elemento finora inedito nel funzionamento dell’ureasi, un enzima fondamentale tanto in campo medico e farmaceutico quanto nel settore agro-alimentare. I risultati dello studio arrivano grazie all’utilizzo della microscopia crioelettronica, una tecnica di imaging che, attraverso il congelamento del campione da osservare a temperatura molto basse può permettere, come in questo caso, di raggiungere un altissimo livello di risoluzione.

“Grazie alla microscopia crioelettronica si aprono nuove prospettive sul meccanismo di funzionamento dell’ureasi”, spiega Stefano Ciurli. “Questa nuova tecnica permette di mettere in luce aspetti fondamentali della catalisi enzimatica che erano inaccessibili con la cristallografia a raggi X, la tecnologia usata in precedenza per studiare questi enzimi”.

L’ureasi è un enzima molto diffuso in natura e che richiede la presenza essenziale di due atomi di nichel per svolgere un ruolo fondamentale nel ciclo biogeochimico dell’azoto. Il nichel è un metallo altamente tossico per l’uomo, ma in alcuni sistemi biologici è invece indispensabile, e può essere quindi considerato un “veleno essenziale”. L’ureasi è il catalizzatore biologico più efficiente conosciuto e ha la capacità di accelerare di cento milioni di miliardi di volte la decomposizione dell’urea, un composto chimico largamente utilizzato in agricoltura come fertilizzante, rilasciando però grandi quantità di ammoniaca e producendo quindi inquinamento atmosferico.

Non solo: l’ureasi si trova anche in piante, alghe, funghi ed è un fattore di virulenza per molti microrganismi, tra cui diversi patogeni pericolosi per la salute umana e che possono sviluppare resistenza agli antibiotici. Conoscere da vicino il meccanismo di funzionamento di questo enzima potrebbe quindi aprire la strada per lo sviluppo di nuovi farmaci e di molecole in grado di modularne l’attività.

Grazie all’utilizzo della microscopia crioelettronica, i ricercatori hanno potuto “osservare” l’ureasi mentre si muove nello spazio, identificando un aspetto finora inedito della sua azione. L’accesso al luogo dove avviene la reazione enzimatica è regolato da un movimento dinamico di una porzione della proteina che fino ad oggi era stata osservata solo in due conformazioni: aperta o chiusa. La nuova analisi ha messo in luce che esiste anche un terzo stato possibile, intermedio tra i due finora conosciuti.
“Abbiamo confrontato due strutture della ureasi presente in un batterio: una nella sua forma nativa e l’altra inibita da una molecola utilizzata in agricoltura”, conferma Luca Mazzei, ricercatore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie e primo autore dello studio. “In questo modo, abbiamo potuto rilevare l’esistenza di una conformazione di transizione tra lo stato aperto inattivo e quello chiuso, cataliticamente attivo”.
La scoperta apre la strada per nuovi farmaci e molecole in grado di inibire e controllare l’azione dell’ureasi, con possibili applicazioni in campo medico e terapeutico.
Allo studio, pubblicato sull'”International Journal of Biological Macromolecules” e intitolato “Exploring the conformational space of the mobile flap in Sporosarcina pasteurii urease by cryo-electron microscopy”, hanno partecipato Stefano Ciurli e Luca Mazzei del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, insieme a Giancarlo Tria e Michele Cianci.

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