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A cinque anni dal primo caso Covid in Italia gli infettivologi non dimenticano le priorità da affrontare

È passato un lustro, ma va compreso cosa resti sul campo di quella esperienza terribile. I vaccini continuano a essere visti con diffidenza e la protezione dei pazienti fragili stenta a decollare; la comunità scientifica ha avviato una proficua collaborazione con le istituzioni; è stata rilanciata la collaborazione tra specialisti e Medici di Medicina Generale; si confermano necessari un aggiornamento del piano pandemico e una rete infettivologica coordinata nell’agenda di tutti gli attori che si occupano di sanità. Ma c’è ancora molto da fare, anche in termini di conoscenza e sensibilità, di educazione, di formazione e informazione.

Il 20 febbraio 2020 il primo paziente italiano, dopo i primi casi importati dalla Cina, risultava positivo al SARS-CoV-2, agente responsabile della COVID-19, in quel momento ancora non nota con questo nome. Era l’inizio di una fase molto difficile per l’Italia, tra i primi Paesi colpiti dal SARS-CoV-2: da lì ai mesi successivi il virus avrebbe mietuto 200mila vittime, circa la metà dei morti della seconda guerra mondiale, tra cui circa 500 operatori sanitari. Lockdown, distanziamento, mascherine sarebbero diventati termini di uso quotidiano. A distanza di cinque anni da quella data che sancisce il nostro inizio della pandemia, la Società Italiana di Malattie Infettive, insieme alla società scientifiche che si trovarono in trincea in quei lunghi mesi, traccia un bilancio di quei tragici giorni e trae i principali insegnamenti emersi da questa esperienza: l’importanza dei vaccini, sviluppati in pochi mesi, che con la nuova tecnologia a mRna hanno permesso di arginare le infezioni gravi sin dall’anno successivo; l’importanza di un nuovo piano pandemico, allo studio del Ministero della Salute in questi mesi.

“Oggi il Covid-19 rappresenta una malattia infettiva ben nota dal punto di vista preventivo, diagnostico e terapeutico – sottolinea il Presidente SIMIT Roberto Parrella (nella foto) – Nelle prime settimane, però, il virus non era conosciuto, non c’erano strumenti di prevenzione né terapie. Molte sono le persone che hanno perso la vita, spesso, in solitudine, per i limiti imposti negli accessi in ospedale. Tutto il personale del Servizio Sanitario Nazionale ha fatto il proprio dovere e anche più, così come molti altri settori si sono impegnati a far fronte alla situazione di emergenza mostrando grande solidarietà. È stata un’esperienza di vita molto dura, con inevitabili risvolti negativi, ma anche con alcune implicazioni positive, che stimolano a riflettere su come prepararsi a possibili nuove emergenze. In occasione di questo anniversario è bene ribadire proprio gli insegnamenti ricevuti”.

“Uno degli insegnamenti principali della pandemia risiede nel ruolo strategico dei vaccini, che ci hanno permesso di superare l’emergenza in tempi impensabili in passato – evidenzia Emanuele Nicastri, Segretario SIMIT – Questo risultato rappresenta un impulso alla ricerca, visto che la tecnologia a mRna si è rivelata straordinaria e con ulteriori potenzialità, e ha ribadito il ruolo strategico dei vaccini come strumento eccezionale per prevenire le malattie infettive in maniera sicura ed efficace. La prevenzione mediante vaccini anche nell’adulto si rivela fondamentale: influenza, pneumococco, meningococco, herpes zoster, virus respiratorio sinciziale oltre agli stessi richiami per il covid devono dunque essere sempre raccomandati, soprattutto alla popolazione fragile”.

“La durissima esperienza della pandemia di Covid-19, con il gravoso impegno del Servizio Sanitario Nazionale, ha permesso di identificare le reali criticità del sistema e di focalizzare meglio gli interventi necessari nel caso di una nuova pandemia, evento tutt’altro che improbabile visto che con una ciclicità di 10 anni si propone una simile emergenza – commenta Angelo Pan, Consigliere SIMIT – Il nuovo piano dovrà prevedere l’organizzazione di un sistema capace di rispondere a scenari pandemici futuri sostenuti da virus influenzali, pensiamo in primo luogo all’influenza aviaria, anche se è verosimile che anche la gestione di pandemie sostenute da altri germi ne possa beneficiare in modo sostanziale. Questa sensibilità agli aspetti preventivi, che di norma non è una delle caratteristiche principali del nostro Paese, rappresenta un’eredità positiva del Covid-19: nel 2020 il SSN ha permesso di affrontare la pandemia in modo dignitoso, ma, proprio in virtù dell’esperienza maturata, è importante ragionare sui possibili miglioramenti”.

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