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Contro la stenosi aortica c’è un intervento ‘a misura di donna’

Anche per le malattie cardiovascolari esiste un gender gap: le donne sono poco attente ai fattori di rischio, sottorappresentate negli studi clinici e hanno minori probabilità di ricevere  trattamenti basati sull’evidenza, nonostante le patologie a carico di cuore e arterie causino complicanze più gravi e quindi prognosi peggiori nel sesso femminile, soprattutto con l’avanzare dell’età.

Una piccola grande rivoluzione verso un approccio di genere arriva dallo studio RHEIA che, per la prima volta, ha arruolato un campione di sole pazienti donne per valutare la strategia interventistica più vantaggiosa per il trattamento della stenosi aortica, la patologia valvolare cardiaca più frequente in Italia dopo i 60 anni, dovuta a un malfunzionamento della valvola aortica che ostruisce il flusso di sangue dal ventricolo sinistro del cuore all’aorta. La malattia interessa un numero crescente di donne, in ragione del progressivo aumento dell’aspettativa di vita. Tuttavia, le donne affette da stenosi aortica arrivano più tardi alla diagnosi e ai trattamenti, in parte anche per le caratteristiche anatomiche della valvola e per la presenza di camere ventricolari di piccole dimensioni.

I risultati dello studio RHEIA, presentati all’ultimo Congresso della Società Europea di Cardiologia, hanno dimostrato che esiste un intervento ‘a misura di donna’ per la sostituzione della valvola aortica: le pazienti sottoposte a procedura mininvasiva di impianto valvolare aortico transcatetere, anche nota con l’acronimo TAVI, hanno avuto esiti significativamente migliori rispetto alle pazienti sottoposte a chirurgia tradizionale ‘a cuore aperto’. Un’ulteriore conferma della necessità di implementare strategie terapeutiche – ma anche preventive e diagnostiche – specifiche per il genere femminile.

Di questi temi si è parlato in Senato, nel corso di una conferenza stampa sulla Medicina di Genere in Cardiologia, organizzata su iniziativa della Senatrice Elena Murelli, membro della 10a Commissione Affari Sociali e Presidente dell’Intergruppo parlamentare per le malattie cardio, cerebro e vascolari, che ha coinvolto rappresentanti politico-istituzionali ed esperti della Cardiologia italiana.

In Italia, le malattie delle valvole cardiache, principalmente stenosi aortica e insufficienza mitralica, colpiscono ogni anno il 13% della popolazione over-65 e fino al 20% degli over-75. Per i pazienti affetti da stenosi aortica, è possibile ripristinare la normalefunzione cardiaca mediante la sostituzione della valvola danneggiata.

Lo studio RHEIA ha coinvolto 443 donne affette da stenosi aortica in 48 Centri di 12 Paesi europei, tra cui l’Italia, con l’obiettivo di comparare l’outcome clinico delle due procedure, mininvasiva e chirurgica. I risultati mostrano che il ricorso alla TAVI in alternativa alla chirurgia tradizionale consente di ridurre di circa il 50% il rischio relativo di eventi sfavorevoli per la donna qualiinfarto, decesso o re-ospedalizzazione  a un anno dall’intervento. Inoltre, la TAVI si associa a una minore durata della degenza ospedaliera e a un minor impatto sulla qualità di vita della donna, rappresentando l’intervento più efficace ed economicamente vantaggioso nelle pazienti donne over-70.

“Lo studio RHEIA ha evidenziato le grandi potenzialità della TAVI nel raggiungimento di migliori outcome clinici e nella riduzione della spesa sanitaria per il trattamento della stenosi aortica in termini di ricoveri e ri-ospedalizzazioni”, ha spiegato Cristina Aurigemma, Dipartimento Scienze Cardiovascolari – CUORE del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. “Si è riusciti finalmente a focalizzare l’attenzione sul fatto che la terapia ‘cucita’ sulle specifiche esigenze del paziente rappresenta il futuro della medicina, e che il genere è una variabile fondamentale e non più trascurabile, soprattutto in ambito cardiovascolare, anche alla luce dell’impatto delle malattie cardiovascolari che rappresentano la prima causa di decesso in Europa”.

La stenosi aortica, nonostante sia la malattia valvolare più diffusa nelle donnetra i 70 e gli 80 anni, è ancora scarsamente riconosciuta, specie nelle fasi precoci, scontando l’approccio androcentrico tipico delle malattie cardiovascolari, che determina anche un ritardo nell’accesso alle cure.

“In media le donne arrivano a una diagnosi più tardi rispetto agli uomini, e anche una volta ottenuta, vengono sotto-trattate nonostante la presenza di sintomi più severi”, ha aggiunto Cristina Meneghin, Direttore della Comunicazione Scientifica – Fondazione Italiana per il Cuore. “Queste criticità sono dovute a una sottorappresentazione di genere negli studi clinici che vengono disegnati senza tener conto dei fattori di rischio cardiovascolare sesso-specifici, ma anche ad una bassa percezione del rischio da parte delle donne stesse che lo sottostimano ampiamente. La grande rilevanza dello studio RHEIA è legata al fatto che per la prima volta sono state coinvolte solo pazienti appartenenti alla fascia di popolazione più a rischio, ovvero donne in post menopausa”.

Lo studio RHEIA ha dunque compiuto un passo importante per l’affermazione di una medicina sempre più personalizzata, anche in un’ottica di genere. Oltre ai migliori esiti di salute e sulla qualità di vita della donna, il ricorso alla TAVI ha un impatto positivo sulla riduzione dei costi a carico sostenuti dal Servizio Sanitario Nazionale per il trattamento delle complicanze e le ri-ospedalizzazioni.

“Stiamo assistendo ad un cambio di paradigma in favore di una ‘Cardiologia di genere’ che tenga conto delle differenze anatomiche e fisiopatologiche tra uomini e donne, che per troppo tempo non sono state adeguatamente considerate”, ha dichiarato Domenico Gabrielli, Presidente, Fondazione per il tuo Cuore – HCF Onlus. “Oggi abbiamo bisogno di studi specifici sul genere femminile a sostegno di una medicina sempre più personalizzata. Lo studio RHEIA ci dimostra quanto sia importante valutare il beneficio aggregato legato a specifici trattamenti e procedure che possono chiaramente determinare vantaggi clinico-sanitari, ma anche socio-economici”.

“Come presidente dell’Intergruppo parlamentare per le malattie cardio, cerebro e vascolari, ritengo sia fondamentale occuparsi di medicina di genere, soprattutto in cardiologia. Le donne sono state a lungo sottorappresentate negli studi clinici e oggi anche l’intelligenza artificiale viene popolata prevalentemente da dati riferiti alla popolazione maschile”, ha affermato la Sen. Elena Murelli, membro della 10a Commissione Affari Sociali e Presidente dell’Intergruppo parlamentare per le malattie cardio, cerebro e vascolari. “L’impatto delle malattie cardiovascolari, che rappresentano la prima causa di mortalità e di ricovero ospedaliero e tra le principali cause di disabilità nel nostro Paese, sottolinea l’urgenza di un impegno concreto e condiviso in favore della promozione della salute cardiovascolare, a partire dalle donne. Il valore dello studio RHEIA presentato oggi è proprio quello di aver affrontato una tematica importante come quella della sostituzione della valvola aortica, nella prospettiva di genere. Ricordiamo che tutelare la salute delle donne significa tutelare la salute e il benessere di tutta la società”.

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