Una tecnologia in grado di sviluppare in un solo mese oltre 20 miliardi di dosi di vaccino e che permetta di produrre anticorpi monoclonali accessibili a tutti, abbattendo i costi, da varie centinaia a meno di dieci dollari a dose. Con una tecnologia così, a disposizione durante la pandemia, quanto sarebbe stata diversa la storia?
Grazie alla ricerca nel campo della tecnologia mRNA, questa prospettiva fra tre anni potrebbe essere realtà. Non solo: potrebbe essere effettivamente accessibile a tutti. È il punto di arrivo a cui tende il progetto R3 finanziato con 60 milioni di dollari da Wellcome Leap, un’organizzazione internazionale non-profit che opera come acceleratore nel campo delle scoperte scientifiche per la salute, in collaborazione con CEPI, alleanza internazionale, pubblico-privata, che ha come obiettivo il contrasto alle epidemie attraverso lo sviluppo di vaccini.
Al bando per il finanziamento hanno partecipato gruppi di ricerca e aziende da tutto il mondo. Ma solo 18 sono stati selezionati. Tra loro, unità di ricerca di prestigiose università e centri di ricerca e aziende all’avanguardia nel settore biotecnologico.
Anche l’Università di Trento, con il gruppo di ricerca diretto da Luca Marchetti del Laboratorio di Modellazione computazionale del Dipartimento Cibio e del Cosbi di Rovereto, è partner di questo progetto, in collaborazione con Guido Grandi, responsabile del Laboratorio di Vaccinologia sintetica e strutturale al Dipartimento Cibio. Insieme ad altri due gruppi di ricerca, uno statunitense e uno britannico, il Dipartimento Cibio e il Cosbi sono impegnati nello sviluppo di modelli matematici predittivi a supporto dello sviluppo di nuovi prodotti basati su mRNA. Con l’aiuto delle tecnologie informatiche, simuleranno gli eventi che seguono la fase di somministrazione di un nuovo vaccino o di un nuovo anticorpo monoclonale. Lo scopo è individuare protocolli ottimizzati di somministrazione per massimizzare l’efficacia del trattamento e ridurre gli effetti collaterali.
L’impatto potenziale del progetto ha destato l’interesse anche della rivista internazionale Nature, che in un recente articolo ha indagato le molteplici implicazioni, non solo nel dibattito scientifico ma anche nell’ambito della produzione di vaccini. Nell’articolo, dedicato a come individuare la dose ottimale di vaccino tramite modelli matematici, la rivista intervista Luca Marchetti e cita il lavoro di ricerca sviluppato a Cosbi ed UniTrento su cui si fonda il progetto, a ulteriore testimonianza di quanto sia importante la convergenza degli sforzi della comunità scientifica in questa sfida.
Il punto di partenza rivoluzionario è la tecnologia a mRNA: uno dei traguardi scientifici recenti più importanti della nostra epoca, che ha reso possibile accorciare da anni a mesi la durata del processo di sviluppo di nuovi vaccini. Lo si è visto nella lotta al Covid 19: sono passati solo 63 giorni dal sequenziamento del virus alla produzione della prima dose di vaccino a mRNA.
A differenza del consueto processo, la tecnologia a mRNA delega la fase più delicata della produzione del vaccino al nostro sistema immunitario, il bioreattore naturale per eccellenza. Quindi, invece di iniettare direttamente l’antigene, il vaccino a mRNA fornisce esso stesso le istruzioni per produrlo, allenando così il sistema immunitario a produrre gli anticorpi di difesa.
Questo approccio, studiato e testato sotto i riflettori durante la pandemia non si applica però solo ad infezioni virali. Le sue prospettive sono molto più ampie e riguardano anche la cura di infezioni batteriche e la cura di patologie come il cancro. E persino in ambito veterinario, con ottime ricadute sui costi negli allevamenti e sulla sicurezza alimentare.
«Il progetto è una ottima opportunità per Cosbi e per il Dipartimento Cibio di consolidare la propria presenza nell’area della modellazione dei sistemi biologici e dimostrarne l’applicazione pratica nello sviluppo di terapie innovative» aggiunge Enrico Domenici, presidente di Cosbi e co-responsabile del progetto.
Un avanzamento scientifico di tale portata lascia supporre l’avvio di un’azione massiccia di studio, sviluppo e produzione di prodotti biologici a base di mRNA da parte di gruppi di ricerca pubblici e privati e aziende in tutto il mondo con notevole impiego di fondi e risorse. Eppure tutto questo sta accadendo in misura molto contenuta rispetto alle potenzialità. La ragione sta, ancora una volta, nei limiti che ostacolano la ricerca in ambito biologico: servono investimenti massicci, stimati fra i 300 e i 500 milioni di dollari per un periodo compreso fra i 4 e gli 8 anni di ricerca. E serve anche la possibilità di accedere alle competenze e alle risorse per condurre trial clinici e processi di produzione su piccola scala.
Una situazione che ricorda lo stallo nel settore industriale dei semiconduttori – altra scoperta epocale che però per decenni è stata sottoutilizzata a causa dei costi e delle difficoltà legate alla disponibilità di attrezzature. Uno scoglio superato solo verso la fine degli anni 70 con l’avvento di aziende dedicate specificamente alla creazione di componenti per terze parti che grazie alla concorrenza tra loro, hanno reso disponibili in maggiore quantità e a prezzi più contenuti i materiali e le strumentazioni necessarie per la produzione.
Il programma R3 va proprio nella stessa direzione: aumentare il numero dei prodotti biologici che possono essere disegnati, sviluppati e prodotti ogni anno, con costi ridotti e migliore possibilità di accesso da parte di tutti i gruppi di ricerca interessati. L’altro obiettivo è quello di creare una rete di attrezzature di produzione distribuite a livello globale, capaci di reagire tempestivamente per arginare e affrontare le prossime pandemie.