Uno studio italiano cambia le prospettive di cura del linfoma follicolare
Il più lungo studio di follow-up mai realizzato sui linfomi follicolari rivela che, se trattati adeguatamente, anche i linfomi follicolari con malattia molto estesa possono avere elevate aspettative di vita a lungo termine. Non solo, ma nello studio pubblicato, il 37% dei pazienti non presenta alcun segno di malattia dopo ben tredici anni di osservazione, segno di una probabile guarigione. Lo studio, coordinato da Corrado Tarella, Direttore della Divisione di Ematologia dell’Istituto Europeo di Oncologia e Professore all’Università Statale di Milano, è policentrico, prospettico e interamente italiano: ha coinvolto i 29 centri distribuiti su tutto il territorio nazionale, da Milano a Palermo, che aderiscono al GITMO e anche al Gruppo nazionale linfomi. Il risultato, appena pubblicato sulla rivista scientifica Haematologica, è rilevante perché si è sempre pensato che il linfoma follicolare, uno dei sottotipi di linfoma più frequente, fosse una forma con andamento poco aggressivo, ma inguaribile.
«Grazie a questo studio per la prima volta nella storia dei linfomi follicolari possiamo concretamente parlare di guarigione – dichiara Tarella -. Abbiamo quindi un nuovo benchmark, cioè un nuovo parametro di riferimento per la messa a punto di nuove terapie per questo tumore, che nel nostro Paese riguarda circa 2.000 nuovi casi ogni anno. Ma anche i pazienti di oggi possono avere vantaggi immediati dai risultati della nostra ricerca: abbiamo dimostrato che la chemioterapia ad alte dosi e l’autotrapianto, come trattamenti di prima linea, possono essere evitati, in quanto non sembrano offrire significativi benefici».
L’idea di questa ricerca ha origini lontane. Nel periodo 2000-2005 è stato condotto lo studio prospettico in 134 pazienti con linfoma follicolare avanzato ad alto rischio e meno di 60 anni di età. I risultati avevano indicato che non c’è un vantaggio in termini di sopravvivenza se si utilizza come trattamento di prima linea chemioterapia ad alte dosi più immunoterapia e autotrapianto, rispetto alla chemioterapia convenzionale più immunoterapia. Sulla base di questi esiti è stato proseguito il follow-up degli stessi pazienti per 13 anni per capire l’evoluzione nel tempo della sopravvivenza. Non è semplice seguire uno studio per così tanti anni, in questo caso è stato possibile, grazie soprattutto all’attenzione e la dedizione di tutti i Centri italiani che hanno partecipato allo studio. Continuando l’osservazione dei pazienti fino a oggi, si è visto che, un po’ inaspettatamente, cinquanta pazienti erano in vita senza aver più avuto, dopo l’iniziale trattamento, alcun segno di linfoma.
«Le buone notizie legate allo studio sono quindi tre – conclude Tarella – la prima, che il linfoma follicolare può non tornare per 13 anni e più, situazione che fa ritenere la malattia potenzialmente guaribile; la seconda, che l’immunoterapia ha aumentato la sopravvivenza per questo tumore come mai era successo prima e che è inutile, se non dannoso, iniziare i trattamenti con alte dosi di chemioterapia e autotrapianto; e la terza è che, sulla base dei punti precedenti, possiamo e dobbiamo ora concentrare la ricerca su terapie innovative e sempre più mirate, per cercare di riprodurre i risultati dello studio con trattamenti idealmente ancora più efficaci e meno tossici».