UniMi Innova, il primo hub dell’innovazione targato Università degli Studi di Milano, ha premiato cinque progetti nell’ambito medico-sanitario nel corso dell’evento “Dalla conoscenza al futuro”.

Nello specifico, i progetti sono stati presentati nell’ambito del programma di scouting della Statale Seed4Innovation, uno strumento per individuare progetti di innovazione all’interno della comunità accademica, organizzato da Fondazione UNIMI in collaborazione con la Direzione Innovazione e Valorizzazione delle Conoscenze dell’Università degli Studi di Milano. Il programma si propone di seguire tutto l’iter del progetto, dalle fasi di implementazione all’incontro con possibili partner industriali fino alla copertura di parte dei costi per sostenere le prime sperimentazioni.  La rete dei mentor di Fondazione Unimi permette di favorire lo scambio e l’acquisizione di competenze al fine di accompagnare i progetti alla maturazione fino e al mercato

Oligosaccaridi per il trattamento della malattia di Parkinson. La malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerative progressiva che porta a un continuo declino del controllo motorio e della qualità della vita. Quasi 10milioni di persone soffrono di questa malattia e saranno 40 milioni nel 2040a seguito del progressivo aumento dell’aspettativa di vita. A tutt’oggi non esistono farmaci efficaci per la malattia di Parkinson perché le molecole potenzialmente efficaci non sono non in grado di superare la barriera ematoencefalica. Partendo da informazioni acquisite in quasi 50 anni di attività di ricerca nel campo delle componenti del sistema nervoso centrale, il gruppo di ricerca ha pensato e disegnato una molecola che mima alcune componenti delle membrane dei nostri neuroni, l’OligoGM1, che iniettata in mammiferi è risulta capace di superare la barriera ematoencefalica e somministrata a modelli animali della patologia ha portato ad un rapido recupero delle funzioni motorie e biologiche. A valle dei trials clinici sull’uomo un farmaco efficace potrebbe essere disponibile. Il team di ricerca è formato da Sandro Sonnino, Elena Chiricozzi, Laura Mauri, Maria Fazzari, Giulia Lunghi. Farà parte del programma di incubazione ed è uno dei 5 progetti finanziati per l’anno 2020 con un fondo complessivo di 200.000 euro.

AUTOTERANOST “Vescicole extracellulari per veicolare farmaci terapeutici o diagnostici”. Nella pratica chirurgica corrente la resezione completa dei tumori è affidata ai sensi del chirurgo ma questa metodica è altamente operatore-dipendente, di difficile standardizzazione e piuttosto fallace: i pazienti, purtroppo, vanno incontro frequentemente a ricaduta della malattia proprio perché non vengono rimossi completamente i margini tumorali. Autoteranost cambia questo paradigma e facilita di molto la completa resezione del tumore nei pazienti oncologici operabili. Il gruppo di ricerca ha dimostrato che è possibile rendere fluorescente il tumore attraverso una procedura di autotrapianto di nanoparticelle preventivamente isolate dal sangue del paziente oncologico e marcate con coloranti fluorescenti: infatti, queste nanoparticelle, chiamate vescicole extracellulari, quando sono re-infuse ritornano spontaneamente al tumore che le ha generate rendendolo visibile al chirurgo che è così in grado di rimuoverlo completamente. I ricercatori si aspettano che Autoteranos tpossa avere un impatto notevolissimo sulla sopravvivenza dei pazienti e sta progettando le prime prove cliniche. Inoltre, caricando le vescicole con agenti terapeutici potrebbe essere possibile anche la terapia medica oltre a quella chirurgica, ma questo sarà il passaggio successivo. Il team di ricerca è formato da Paolo Ciana della Statale, in collaborazione con i gruppi di Vincenzo Mazzaferro dell’Università degli Studi di Milano e operante presso Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Damiano Stefanello del Dipartimento di Medicina Veterinaria che hanno già collaborazioni in atto con il Dr Marco Sesenna e il Dr Cristiano Fontana di NBA Medica. Farà parte del programma di incubazione ed è uno dei 5 progetti finanziati per l’anno 2020 con un fondo complessivo di 200.000 euro.

Nanoparticelle modificate per il trasporto di farmaci attraverso la barrieraematoencefalica. La barriera ematoencefalica rappresenta un ostacolo alpassaggio di farmaci che devono svolgere la propria azione nel sistemanervoso centrale, con conseguenti limitazioni allo sviluppo di terapieefficaci per le malattie neurologiche e neurodegenerative. La soluzioneproposta è l’utilizzo di nanoparticelle modificate in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e trasportare farmaci dalla periferia al cervello inseguito a somministrazione sistemica. In particolare, il team di ricerca ha ottimizzato queste nanoparticelle per veicolare nel cervello il colesterolo, una molecola terapeutica per la malattia di Huntington, una malattia neurodegenerativa rara che insorge in età adulta con un decorso fatale dopo 15-20 anni. Il prodotto in sviluppo è quindi rappresentato dalla combinazione delle più avanzate nanotecnologie con la scoperta dell’efficacia della somministrazione di tale molecola al cervello nel recuperare le anomalie cerebrali associate alla malattia. Il team di ricerca è formato da Marta Valenza, Elena Cattaneo, Giulia Birolini dell’Università Statale di Milano e Istituto Nazionale di Genetica Molecolare “Romeo ed Enrica Invernizzi” e da Giovanni Tosi, Barbara Ruozi, Jason T. Duskey, Ilaria Ottonelli, del dipartimento di Scienze della Vita, Università di Modena e Reggio Emilia, NanotechLab, Te.Far.T.I – gruppo proff. Aria Angela Vandelli e Flavio Forni. Farà parte del programma di incubazione ed è uno dei 5 progetti finanziati per l’anno 2020 con un fondo complessivo di 200.000 euro.

Sistema e metodo per la protezione intraoperatoria della vena safena. In cardiochirurgia la vena safena, prelevata dalla gamba del paziente, viene utilizzata come bypass aortocoronarico, ma la sua occlusione è un problema clinico rilevante: 10% di occlusione a 1 anno. La maggiore causa di occlusione della safena è il danno arrecato dal suo mantenimento in sala operatoria, tra il suo prelievo e il suo impianto coronarico, in condizioni subottimali (impossibilità di mantenere la temperatura e l’ossigenazione a livelli costanti). Fino al momento di essere impiantata, la vena viene infatti conservata in una bacinella chirurgica ripiena di soluzione fisiologica, e ciò avviene anche per più di un’ora prima dell’uso. La soluzione proposta dal nostro progetto consiste nell’uso di un sistema di protezione della safena denominato SV-PRO. Esso permetterà di mantenere il vaso in condizioni controllate durante il periodo di esposizione e quindi limiterà il danno al tessuto con un aumento della durata nel paziente. Il team di ricerca è formato da: Marco Agrifoglio dell’Università degli Studi di Milano, Maurizio Pesce, Responsabile Unità di Ricerca di Ingegneria tissutale cardiovascolare, Centro Cardiologico Monzino IRCCS, Beatrice Bassetti, Technology Transfer Office, Centro Cardiologico Monzino IRCCS. Il progetto farà parte del programma di incubazione.

Design di un kit per la diagnosi precoce di processi neurodegenerativi. Le malattie legate ai processi neurodegenerativi sono in grande crescita nel mondo occidentale industrializzato. Il presupposto da cui è partito il team di ricerca è che il processo neurodegenerativo in ogni individuo sano sia un processo fisiologico lento legato all’invecchiamento. Le accelerazioni che si verificano in alcuni individui fanno anticipare il deficit cognitivo al normale declino fisico della persona, dando vita a una serie di veri e propri stati patologici. E’ stato quindi individuato in un semplice prelievo di sangue un biomarcatore, si sta brevettando il biosensore e sono stati prodotti dati preliminari che confermano la sensibilità del biosensore nell’individuazione di processi neurodegenerativi nel sistema nervoso centrale In queste patologie c’è un evento che rende un’eventuale cura molto complicata: i neuroni muoiono e la degenerazione diventa irreversibile. La diagnosi attuale infatti avviene con la presenza nel paziente di deficit cognitivi psicoattitudinali e/o spaziotemporali in cui la degenerazione della materia cerebrale è già in atto: questo significa che la diagnosi deve essere precoce, prima cioè che intervenga la morte delle cellule nervose. L’obiettivo del progetto di ricerca è di assemblare un kit diagnostico di facile utilizzo e di costi contenuti che sia in grado di rilevare un processo neurodegenerativo in corso nei suoi stadi precoci. Trattandosi di una diagnostica pre-esordio il proposito è fare diventare il nostro test una pratica di routine almeno per la popolazione sopra i 50 anni: l’individuazione dello stato patologico con una diagnostica precoce potrebbe aprire la strada per la messa a punto di terapie realmente efficaci contro i processi neurodegenerativi. Il team di ricerca è formato da: Michele Mazzanti, Luisa Ottobrini, Carlotta Tacconi, Ivan Verduci, Francesca Cianci, Gaetano Cannavale. Il progetto farà parte del programma di incubazione.