Secondo i risultati di uno studio coordinato dall’IRCCS Istituto Clinico Humanitas all’interno del consorzio europeo GenoMed4All e pubblicato su “Lancet Haematology”, sesso ed età sono fattori di rischio fondamentali nella prognosi delle sindromi mielodisplastiche e possono influenzare la scelta della terapie più efficaci.

In particolare, l’essere maschi e over 60 sarebbe correlato a una maggiore gravità dei sintomi di anemia, una minore aspettativa di vita, e alla necessità di trattamenti più precoci rispetto ai soggetti di sesso femminile con la stessa malattia. I ricercatori guidati da Matteo Della Porta, responsabile Leucemie e Mielodisplasie di Humanitas e professore di Humanitas University, hanno sviluppato e reso disponibile online un nuovo algoritmo di medicina personalizzata che calcola il rischio di progressione della malattia tenendo in conto sesso ed età del paziente.

Oltre al programma EU Horizon 2020, la ricerca è stata possibile grazie a Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro e ai finanziamenti del Ministero dell’Università e della Ricerca e del Ministero della Salute.

La ricerca, che ha raccolto e analizzato retospettivamente grazie all’Intelligenza Artificiale e a un approccio di medicina di genere il più ampio numero di casi di mielodisplasie finora disponibile (oltre 13.000), dimostra che il comportamento biologico della malattia, e quindi la prognosi e il trattamento, non sono influenzati solo dagli aspetti clinici, ma anche dal sesso e dall’età del paziente. I risultati indicano che il sesso influenza l’espressione della malattia in tre aspetti: biologia, prognosi e trattamento.

“Per quanto riguarda la biologia – spiega il coordinatore scientifico dello studio, il prof. Matteo Della Porta – le mutazioni del DNA alla base della malattia sono diverse nei maschi e nelle femmine. Questa osservazione non ha solo un valore biologico, ma ha effetto sulla manifestazione della malattia, cioè sui sintomi e l’evoluzione clinica, che dipendono dal tipo di alterazioni del DNA: sintomi come l’anemia sono più severi negli uomini proprio in ragione del tipo di mutazioni caratteristiche del sesso maschile. La prognosi è diversa, con aspettativa di vita significativamente inferiore per i maschi rispetto alle femmine, indipendentemente dall’aspettativa di vita media della popolazione generale. Anche i trattamenti sono influenzati dal sesso del paziente: le terapie dell’anemia devono essere gestite diversamente tra maschi e femmine, in quanto i maschi tendono ad avere conseguenze negative sulla qualità e aspettativa di vita con livelli più alti di emoglobina e globuli rossi. Questo è particolarmente evidente sul rischio di complicanze cardiovascolari, che sono molto più frequenti nei maschi e risentono più pesantemente della carenza di ossigeno conseguente all’anemia”.

L’intelligenza artificiale è stata fondamentale per analizzare in profondità i dati clinici e molecolari all’interno di un contesto complesso, consentendo di estrarre il maggior valore possibile e in tempi rapidi. Grazie a questo studio e alla collaborazione con i data scientists dell’Humanitas AI Center, i ricercatori coordinati da IRCCS Istituto Clinico Humanitas hanno realizzato algoritmi in grado di implementare, sul singolo paziente, due modelli prognostici innovativi per le sindromi mielodisplastiche che includono età e sesso.

Inserendo i dati del paziente in una piattaforma online, il medico può oggi ottenere una prognosi più accurata per ogni singolo paziente. La prognosi calcolata con il nuovo modello matematico viene comparata con gli score clinici tradizionali (International Prognostic Scoring System-IPSS-R), che utilizzano solo parametri legati alla malattia.

“La nostra speranza – conclude la dottoressa Giulia Maggioni, specializzanda in Ematologia di Humanitas University e prima autrice dello studio su Lancet Haematology – è che questi risultati scientifici, insieme alla realizzazione della piattaforma, possano aiutare i medici nelle decisioni che riguardano il paziente con sindrome mielodisplastica, permettendo di applicare sempre più facilmente approcci di medicina di genere e di precisione anche in Ematologia”.