Create delle repliche in 3D di cancro ovarico personalizzate per la singola paziente con tumore aggressivo di alto grado, che possono orientare le strategie terapeutiche da adottare caso per caso. I modellini, ottenuti con una stampante 3D a partire da immagini acquisite con TAC e risonanza, potranno servire anche a limitare gli esami invasivi, predire la risposta del tumore alla chemioterapia e del rischio di recidive di una o più lesioni tumorali.

È il risultato di uno studio pilota pubblicato sulla rivista “Frontiers in Oncology” e condotto inizialmente Università di Cambridge, coordinato dalla professoressa Evis Sala, Ordinario di Diagnostica per immagini e radioterapia alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e Direttrice del Centro Avanzato di Radiologia del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. Lo studio continuerà ora presso l’Università Cattolica, campus di Roma, in collaborazione con il team del professor Giovanni Scambia, Ordinario di Ginecologia e Ostetricia alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ginecologia Oncologica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, coinvolgendo pazienti italiane.

“In futuro – spiega la professoressa Sala – ci potrebbe bastare una sola o poche biopsie del tumore di una paziente e potremo predire il tipo di risposta ai farmaci e la prognosi semplicemente con le analisi degli immagini del tumore acquisite con tac e risonanza. Infatti abbiamo visto che il pattern dell’imaging correla con le caratteristiche patologiche e genomiche del tumore”.

“Il progetto ha un potenziale sia dal punto di vista clinico, sia di ricerca scientifica, per arrivare alla scoperta delle armi di precisione migliori e diverse per ogni paziente con tumore ovarico”, dichiara il professor Scambia. “Con i modellini 3D delle lesioni della singola paziente potremo fare previsioni prognostiche e scegliere di volta in volta l’approccio terapeutico migliore”.

Il tumore dell’ovaio colpisce ogni anno più di cinquemila donne in Italia, che si aggiungono alle oltre trentamila in trattamento terapeutico. Poiché nelle fasi precoci non dà sintomi specifici, spesso la sua diagnosi avviene quando la malattia è già a uno stadio piuttosto avanzato. Il carcinoma ovarico sieroso di alto grado è una delle forme più aggressive e rappresenta circa il 70 per cento dei tumori ovarici: spesso presenta resistenza ai farmaci chemioterapici, ed esiste la necessità di individuare cure più specifiche ed efficaci.

Per questa forma del tumore, per di più, sono noti pochissimi biomarcatori clinicamente utilizzabili a causa dell’elevato grado di eterogeneità della malattia, che si diversifica molto da paziente a paziente.

Di qui è nata l’idea di sviluppare “un percorso di ricerca e un algoritmo per produrre stampi tridimensionali specifici per la singola lesione tumorale, basati su tomografia computerizzata o Risonanza Magnetica preoperatorie di lesioni pelviche – spiega la professoressa Sala. Gli stampi sono stati progettati per consentire la visione di sezioni del tumore sul piano anatomico e morfologico, per facilitare la correlazione spaziale dettagliata dei dati di imaging e dei dati molecolari derivati dalla biopsia della paziente”.

“Nel nostro lavoro cinque pazienti con cancro ovarico di alto grado confermato o sospetto sono stati sottoposti a chirurgia tra aprile e dicembre 2021 e inclusi in questo studio prospettico”. Sono stati progettati e stampati in 3D gli stampi del tumore per sette lesioni pelviche, coprendo una gamma di volumi tumorali e tipologie del tumore”. In pratica gli esperti hanno creato delle copie del tumore della singola paziente stampate in 3D e anche della nicchia in cui nell’organismo della paziente si è insediato il tumore.

“Useremo anche al Policlinico A. Gemelli il software sviluppato a Cambridge che “legge” le immagini di TAC e risonanza e invia i dati a una stampante 3D per realizzare i modelli”; sottolinea la scienziata.

“Abbiamo anche dimostrato che le mappe 3D che otteniamo hanno una correlazione con la tipologia del tumore, quindi in futuro dall’imaging di una paziente potremo già predire il tipo di lesione e quindi il trattamento più adatto alla paziente. Possiamo anche sapere in anticipo se e quale parte del tumore resisterà al trattamento chemioterapico, cosicché si potranno ridurre gli esami invasivi e guidare le strategie terapeutiche e chirurgiche usando l’imaging”, conclude.