Un ampio studio dell’Istituto Europeo di Oncologia dimostra che oltre la metà delle pazienti con tumore al seno candidate a un esteso intervento chirurgico all’ascella, può in realtà essere trattata con una chirurgia conservativa, che ha meno complicanze e salvaguarda la funzionalità del braccio. La ricerca, recentemente pubblicata sulla rivista “Future Oncology”, ha coinvolto 30.508 pazienti nel periodo 2000-2017.
L’obiettivo dello studio era determinare il significato clinico della mancata visualizzazione del linfonodo sentinella. Il linfonodo sentinella è un baluardo della chirurgia conservativa del seno ed è il primo dei linfonodi della rete linfatica che si dirama dalla ghiandola mammaria. Con la biopsia del linfonodo sentinella si verifica l’eventuale presenza di cellule tumorali in questo linfonodo ed è così possibile sapere se il tumore originato nel seno ha iniziato a diffondersi nell’ascella. Lo stato del linfonodo indica quindi al chirurgo senologo se procedere o meno con lo svuotamento ascellare, dopo aver rimosso il tumore dalla ghiandola mammaria. Questo prezioso linfonodo viene identificato con una linfoscintigrafia preoperatoria, un esame diagnostico non invasivo; ci sono tuttavia dei casi in cui non viene visualizzato alle immagini scintigrafiche, per cui si pone il problema di capire quali conclusioni cliniche trarre da questa mancata rilevazione.
“Alcuni studi hanno ipotizzato che la mancata visualizzazione del linfonodo sentinella fosse segnale di metastasi – spiega Giovanni Corso, chirurgo senologo IEO, Ricercatore dell’Università di Milano, coautore e promotore dello studio – e dunque un’indicazione per il chirurgo a procedere con lo svuotamento ascellare. In mancanza di dati definitivi e con l’obiettivo di evitare una chirurgia non necessaria, in IEO abbiamo deciso di non fermarci ai risultati della linfoscintigrafia, ma continuare la ricerca del linfonodo sentinella in sala operatoria”. “Abbiamo quindi applicato durante l’intervento una procedura già nota di Medicina Nucleare – precisa Francesca Magnoni, chirurgo senologo IEO e prima firma del lavoro – che permette di identificare il linfonodo sentinella grazie al segnale, rilevabile da una sonda, del tracciante radioattivo iniettato in corrispondenza della ghiandola mammaria. Il tracciante segue lo stesso percorso delle cellule tumorali attraverso il sistema linfatico e come loro si posiziona nel primo linfonodo che incontra: il linfonodo sentinella. Il nostro studio ha evidenziato che su un totale di 30.508 pazienti, all’interno del gruppo di 525 in cui il linfonodo sentinella non è stato identificato durante la linfoscintigrafia, in 385 è stato visualizzato successivamente in fase intra-operatoria. In quest’ultimo sottogruppo ben 280 avevano un linfonodo sentinella negativo e dunque il chirurgo non ha eseguito la dissezione ascellare. In conclusione abbiamo dimostrato che oltre la metà delle pazienti in cui il linfonodo sentinella non è visualizzabile, non ha metastasi ascellari e può evitare lo svuotamento dell’ascella”.
“I risultati di questo studio rappresentano un importante contributo dello IEO alla chirurgia conservativa del seno, campo in cui siamo orgogliosi di essere un riferimento mondiale. La tutela dell’immagine corporea di ogni donna è un valore che guida le nostre scelte cliniche e di ricerca. Milioni di donne nel mondo hanno evitato un intervento non necessario di dissezione ascellare grazie alla procedura del linfonodo sentinella che qui è stata messa a punto e sperimentata alla fine degli anni ’90. Questo nuovo studio eviterà la dissezione ad altre migliaia e migliaia di donne. È inoltre una dimostrazione di come la cura, anche chirurgica, del tumore del seno è sempre più personalizzata, grazie alla multidisciplinarietà e la disponibilità di tecnologie avanzate” conclude Paolo Veronesi, Direttore del Programma Senologia IEO e coautore dello studio.