Tumore del seno in stadio precoce con mutazione BRCA: AIFA approva la rimborsabilità di olaparib
Inizia una nuova era nel trattamento delle forme ereditarie del tumore della mammella, in particolare in presenza di mutazione dei geni BRCA, grazie a una terapia mirata, olaparib. L’Agenzia Italiana del Farmaco ha approvato la rimborsabilità di olaparib in monoterapia o in associazione con la terapia endocrina per il trattamento adiuvante, cioè successivo all’intervento chirurgico, di pazienti adulti con cancro della mammella allo stadio iniziale ad alto rischio, negativo per il fattore di crescita epidermico umano e con mutazioni nella linea germinale BRCA1/2, precedentemente trattati con chemioterapia neoadiuvante o adiuvante.
Ad agosto 2022, la Commissione Europea ha approvato olaparib in questa indicazione, sulla base dei risultati dello studio di Fase III OlympiA, pubblicati nel “The New England Journal of Medicine”. Olaparib ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da malattia invasiva, riducendo il rischio di recidiva del 42%. Inoltre, la terapia mirata ha evidenziato un miglioramento della sopravvivenza globale, riducendo il rischio di morte del 32%.
“Cambiano radicalmente le prospettive di cura per le pazienti con una specifica forma ereditaria di carcinoma mammario, cioè per le donne con mutazione di uno o entrambi i due geni denominati BRCA1 e BRCA2 – spiega Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. In presenza di una mutazione BRCA, il tumore della mammella tende a manifestarsi in una popolazione più giovane rispetto all’età media di diagnosi. La maggior parte di questi tumori, quando identificati in fase precoce, guarisce. Non tutti però e una parte presenta un rischio più elevato. Da qui la necessità di nuovi strumenti di cura efficaci. Olaparib colpisce specificamente le mutazioni dei geni BRCA1 e 2, per ridurre ulteriormente il rischio di recidiva e aumentare le probabilità di guarigione definitiva. L’approvazione da parte di AIFA introduce una terapia adiuvante aggiuntiva per le pazienti con malattia in stadio precoce, ad alto rischio di recidiva, già trattate con terapia neoadiuvante e per le donne operate direttamente e che hanno già seguito la terapia adiuvante standard”.
Nel 2022, in Italia, sono stati stimati 55.700 nuovi casi di carcinoma mammario. La presenza di una mutazione BRCA si rileva in circa il 5% delle pazienti. Olaparib è già rimborsato nel nostro Paese per il trattamento di pazienti con cancro della mammella localmente avanzato o metastatico triplo negativo, con mutazioni germinali di BRCA, precedentemente trattati con chemioterapia.
“Ora è possibile offrire i benefici di olaparib in un setting più precoce, per contribuire a ridurre il rischio di ricadute potenzialmente letali – afferma Laura Cortesi, Responsabile della Struttura Semplice di Genetica Oncologica al Dipartimento di Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena -. Il test per le mutazioni BRCA va eseguito al momento della diagnosi ed è fondamentale sia per permettere alle pazienti di accedere a una terapia personalizzata efficace e in grado di garantire una buona qualità di vita, sia per informare i familiari su un’eventuale predisposizione genetica allo sviluppo della malattia. L’esame può essere prescritto dall’oncologo, dal chirurgo o dal genetista, che diventano responsabili anche di informare adeguatamente la paziente sugli aspetti genetici collegati ai risultati. Sono candidate al trattamento con olaparib le pazienti con tumore del seno triplo negativo con mutazione BRCA che non abbiano raggiunto una risposta patologica completa alla chemioterapia neoadiuvante, oppure, se operate direttamente, in presenza di tumori superiori ai due centimetri o con almeno un linfonodo positivo. In pazienti affette da tumori a recettori ormonali positivi, i criteri di rischio sono costituiti da almeno 4 linfonodi ascellari interessati oppure dall’assenza di risposta patologica completa alla terapia neoadiuvante con un punteggio CPS-EG maggiore o uguale a 3”.
“Anche l’approccio chirurgico è influenzato dall’esito del test genetico – spiega Corrado Tinterri, Responsabile Unità Operativa di Senologia e Direttore della Breast UNIT all’Humanitas University, IRCCS Humanitas Research Hospital di Rozzano, Milano -. Una buona qualità di vita non dipende solo dalla sopravvivenza o dalla preservazione della mammella, ma anche dalla possibilità di non dover rivivere l’esperienza della malattia. Alle donne che presentano la mutazione BRCA deve essere spiegato il rischio che ci sia una recidiva nel seno sottoposto a un intervento chirurgico conservativo, oppure nell’altra mammella. Il chirurgo deve valutare insieme alla paziente l’opzione della mastectomia bilaterale in modo personalizzato, così da offrire un trattamento condiviso. La presa in carico della paziente da parte della unità di senologia permette un approccio multidisciplinare e una valutazione collegiale, che, come dimostrato da diversi studi, è in grado di ridurre la mortalità del 20%. Inoltre, il chirurgo che opera all’interno della Breast Unit è completamente dedicato a questa patologia e ha un’elevata competenza in tecniche che rientrano nella chirurgia oncoplastica”.
Da tempo vi sono evidenze sul ruolo dell’alterazione delle due proteine BRCA non solo nel tumore della mammella, ma anche in quelli dell’ovaio e della prostata. “Conoscere lo stato mutazionale dei geni BRCA è molto importante sia per il paziente stesso, poiché permette, oltre alla cura, di definire il rischio di sviluppare altre neoplasie e di programmare una gestione clinica personalizzata, sia per iniziare il percorso familiare che permette l’identificazione di persone sane con mutazione BRCA, nelle quali impostare programmi per ridurre il rischio di sviluppare la neoplasia – sottolinea Emanuela Lucci Cordisco, Genetista Medico alla Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma e Ricercatore Universitario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore -. Il rischio di trasmissione dai genitori ai figli delle mutazioni nei geni BRCA è del 50%. Una mutazione di BRCA, ereditata dalla madre o dal padre, determina una predisposizione a sviluppare il tumore più frequentemente rispetto alla popolazione generale. Il percorso di consulenza oncogenetica nei familiari, che permette di identificare i portatori sani ad alto rischio e coloro che non hanno ereditato la mutazione e hanno quindi un rischio più basso, si compone di più fasi e si conclude con la comunicazione del risultato dell’esame. Il test BRCA per la ricerca di varianti costituzionali, cioè ereditabili, è eseguito in molti laboratori del nostro Paese, con metodologie ampiamente validate. Se il test è positivo, è possibile attuare efficaci strategie di riduzione del rischio, che spaziano dalla sorveglianza intensiva alla chirurgia profilattica”.
Una donna sana con mutazione del gene BRCA può scegliere di sottoporsi a controlli radiologici più frequenti, per diagnosticare eventuali tumori della mammella quando sono ancora in stadio iniziale e, quindi, più facilmente curabili. “Dall’altro lato – conclude Corrado Tinterri – l’intervento di mastectomia bilaterale, cioè la rimozione chirurgica di entrambe le mammelle, è in grado di ridurre di oltre il 90%, nelle donne sane, il rischio di sviluppare in futuro un carcinoma mammario”.