Trento: effettuata la prima donazione di organi a cuore fermo
Nei giorni scorsi all’ospedale Santa Chiara di Trento è stato effettuato un intervento di donazione di organi dopo l’arresto cardiaco del donatore. La donazione è avvenuta, per la prima volta in Trentino, da una persona in arresto cardiaco e non in morte cosiddetta cerebrale. Per il donatore, un paziente arrivato al Santa Chiara in gravissime condizioni, i trattamenti intensivi si sono dimostrati inefficaci. I familiari, nel pieno rispetto della volontà del loro congiunto, hanno acconsentito alla donazione. Il prelievo multiorgano, dopo la fase dell’accertamento di morte, ha visto arrivare in Trentino le équipe sanitarie di prelievo. Grazie a questo gesto di solidarietà è stato possibile aiutare tre persone in attesa di un trapianto.
La modalità di donazione dopo arresto cardiaco del donatore è in generale rara sul territorio nazionale sebbene sia abbastanza frequente in certe realtà italiane, soprattutto grandi città, dove le distanze tra l’ospedale di donazione e il centro trapianti sono brevi e tali da permettere di ridurre al minimo il tempo tra il prelievo e il trapianto.
Nonostante questa modalità di donazione non sia mai stata effettuata fino ad ora in Trentino, l’ospedale Santa Chiara era preparato all’eventualità con protocolli ben dettagliati e personale, soprattutto delle terapie intensive e delle sale operatorie, già formato.
Il Coordinamento trapianti della provincia Trento, che nei mesi scorsi aveva realizzato e condiviso il documento tecnico sulla donazione di organi da donatore a cuore fermo e aveva preparato il personale, ha gestito al Santa Chiara la regia dell’intero processo che ha permesso il trapianto di tre persone. Dopo il prelievo di organi si è anche potuto effettuare il prelievo di cornee.
L’intervento ha visto la collaborazione di molti operatori e unità operative dell’ospedale e una strettissima sinergia con il Centro regionale trapianti del Veneto, regione che è sede dei centri trapianto nelle cui liste d’attesa sono iscritti la maggior parte dei pazienti trentini.