Trastuzumab emtansine di Roche riduce del 50% il rischio di recidiva nelle pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in fase precoce con residuo patologico dopo trattamento neoadiuvante
Roche ha annunciato che lo studio di fase III KATHERINE ha soddisfatto il suo endpoint primario dimostrando che trastuzumab emtansine, usato come agente singolo, ha ridotto in modo significativo il rischio di recidiva o morte rispetto a trastuzumab, in trattamento adiuvante nelle pazienti con carcinoma mammario HER2+ in fase precoce che avevano patologia residua dopo il trattamento neoadiuvante. A tre anni, l’88,3% delle pazienti trattate con trastuzumab emtansine non ha sperimentano una recidiva del carcinoma mammario, rispetto al 77% di quelle trattate con trastuzumab con un miglioramento dell’11,3%4. Trastuzumab emtansine ha migliorato l’iDFS indipendentemente dalla presenza di recettori ormonali, dal coinvolgimento dei linfonodi e dal precedente regime neoadiuvante mirato contro HER2. Il profilo di sicurezza di trastuzumab emtansine è stato coerente con quello osservato negli studi precedenti e non sono stati identificati eventi nuovi o imprevisti.
“Da sempre il nostro gruppo – spiega la Dott.ssa Anna Maria Porrini, direttore medico di Roche Italia – si è dimostrato particolarmente attento nel cercare soluzioni terapeutiche per il tumore al seno. Ne è testimonianza la storia di trastuzumab, un anticorpo che ha modificato da anni il paradigma di trattamento del carcinoma mammario HER2+. I traguardi raggiunti da questa terapia sono stati successivamente migliorati ulteriormente sia in fase precoce che avanzata dall’utilizzo combinato con pertuzumab, un anticorpo anti-HER2 di nuova generazione. Questi traguardi ci hanno spinto nel tempo a proseguire ancora di più nella ricerca di trattamenti sempre più efficaci e innovativi. Le nuove evidenze fornite dallo studio KATHERINE offrono una ulteriore opzione di trattamento mirato e aprono nuove prospettive per avvicinare sempre più le pazienti all’obiettivo cura”.
“Lo studio KATHERINE, condotto a livello internazionale, ha arruolato 1486 pazienti con risposta patologica incompleta, randomizzate a ricevere la terapia adiuvante standard oppure trastuzumab emtansine – illustra il Prof. Pierfranco Conte, Ordinario Oncologia Medica all’Università di Padova, Direttore Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto IRCCS. – I dati a 3 anni presentati a San Antonio hanno evidenziato un tasso di recidive del 12,2% nel braccio T-DM1 contro una percentuale del 22,2% con trastuzumab riducendosi quindi del 10%. L’end point primario iDFS è passato dal 77% contrastuzumab al 88,3% con T-DM1. Un dato molto incoraggiante se si pensa che ogni anno in Italia 8.000 donne ricevono una nuova diagnosi di tumore al seno HER2+, una delle forme più aggressive di carcinoma mammario. Di queste, circa 3.000 sono a maggior rischio di recidiva”.
L’obiettivo nel trattamento del carcinoma mammario in fase precoce è fornire alle persone le migliori possibilità di cura, e questo potrebbe implicare un trattamento sia prima sia dopo l’intervento chirurgico, nell’ambito di un approccio terapeutico completo. Sebbene ci si avvicini sempre di più a questo obiettivo, nel lungo termine molte persone manifestano ancora una recidiva. Il trattamento neoadiuvante viene somministrato prima dell’intervento chirurgico, allo scopo di ridurre le dimensioni del tumore e contribuire a migliorare gli esiti chirurgici. Il trattamento adiuvante viene somministrato dopo l’intervento chirurgico ed è finalizzato all’eliminazione di eventuali cellule tumorali residue, per contribuire a ridurre il rischio di recidiva del tumore.
“L’Italia ha avuto un ruolo molto importante nello studio KATHERINE, con un totale di 19 Centri coinvolti che hanno reclutato in tutto 110 pazienti – spiega il Dott. Claudio Zamagni, Direttore Oncologia Medica Addarii Policlinico S. Orsola di Bologna e coordinatore dei centri italiani partecipanti allo studio. “Questa nuova opzione terapeutica ci pone di fronte ad un vero e proprio cambio di paradigma perché per la prima volta nel tumore HER2+ è possibile personalizzare la terapia sulla base della risposta patologica riscontrata: l’importante novità che ne deriva per la pratica clinica è che nelle donne con carcinoma mammario HER2 positivo useremo sempre di più la terapia neoadiuvante preoperatoria come strategia prioritaria”.
“C’è un’attenzione elevatissima nei confronti delle pazienti con cancro HER2+ in fase precoce – continua Zamagni – perché è questa la finestra critica nella quale il tumore può essere efficacemente trattato. Avere a disposizione un farmaco efficace e mirato ci permette di personalizzare e migliorare le cure per le donne con residuo patologico, riducendo significativamente il loro rischio di recidiva, nella prospettiva di un sempre maggior numero di guarigioni”.
I risultati dello studio KATHERINE sono stati presentati nel corso di una sessione orale, svoltasi alle 11.00 CST, al San Antonio Breast Cancer Symposium 2018 e sono stati annunciati nel programma ufficiale SABCS per la stampa alle 07.15 CST. Questi risultati saranno contestualmente pubblicati sul New England Journal of Medicine.
KATHERINE è uno studio internazionale di fase III multicentrico, randomizzato, in aperto, che valuta l’efficacia e la sicurezza di trastuzumab emtansine rispetto atrastuzumab come terapia adiuvante, nelle pazienti con carcinoma mammario HER2+ in fase precoce, che manifestano malattia invasiva residua nel seno o nei linfonodi ascellari in seguito a terapia neoadiuvante, terapia comprendente trastuzumab e chemioterapia a base di taxani. L’endpoint primario dello studio è l’iDFS, che in questo studio è definito come il tempo dalla randomizzazione alla recidiva di carcinoma mammario invasivo, o alla morte per qualsiasi causa. Gli endpoint secondari comprendono la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza globale.