Terzo caso al mondo di crioablazione con accesso dal collo
Un cinquantenne pavese è il terzo paziente al mondo ad aver risolto la sua fibrillazione atriale* grazie a una crioablazione effettuata tramite accesso giugulare. Solitamente nella crioablazione un sottile catetere viene inserito nella vena femorale del paziente e viene fatto risalire, seguendo il naturale corso della vena, fino all’interno dell’atrio sinistro del cuore. All’interno del catetere che funge da “guida” viene fatto poi scorrere un piccolissimo palloncino gonfiabile che, una volta posizionato, viene ghiacciato a temperature di -40°/-50° per alcuni minuti, creando una lesione che elimina i tessuti cardiaci atriali responsabili dell’aritmia.
Nel paziente recentemente trattato presso l’Istituto di Cura Città di Pavia, che ora sta bene e ha ripreso la sua vita regolarmente, si è scoperta tuttavia una rara particolarità anatomica, detta “atresia della vena cava inferiore” per la quale il paziente non presenta una vena femorale unica che risale direttamente verso il cuore; al suo posto, esiste un circuito di vasi più piccoli e irregolari che sostituiscono la funzione della vena cava ma attraverso i quali è impossibile far passare il catetere necessario all’ablazione. L’atresia della vena cava inferiore è una anomalia congenita non patologica, che non comporta alcun sintomo e che può rimanere ignota senza conseguenze per la salute ma che preclude tutte le procedure che prevedono l’inserimento di un catetere venoso. Affetti dalla medesima patologia anche i due pazienti nei quali, primi casi al mondo, è stato effettuato lo stesso intervento di crioablazione con accesso dal collo presso la Poznan University of Medical Sciences di Poznan, Polonia e la Klinikum Osnabrück di Osnabrück, Germania.
“Ci siamo adattati alla particolare situazione anatomica del paziente e abbiamo studiato un accesso alternativo. La procedura ha previsto l’accesso dal collo e anche se svolta “a rovescio” rispetto alla nostra prospettiva abituale, è stata efficace e il paziente è stato dimesso. In letteratura abbiamo riscontrato solo altri due casi simili – e siamo felici di aver potuto offrire al nostro paziente una soluzione meno invasiva dell’intervento cardiochirurgico a cui era candidato, dato che la sua aritmia non rispondeva con successo ai trattamenti farmacologici e peggiorava sensibilmente la sua qualità della sua vita con attacchi aritmici ricorrenti e frequenti accessi al pronto soccorso. L’intervento è stato possibile anche grazie al supporto dell’équipe di Chirurgia vascolare diretta dal dottor Giovanni Bonalumi – il passaggio attraverso la giugulare è un passaggio delicato, molto più piccolo della vena cava e i colleghi vascolari sono stati di supporto per scongiurare eventuali complicazioni generate dall’introduzione del catetere.” – spiega il dottor Cesare Storti, responsabile dell’unità elettrofisiologia e cardiostimolazione dell’Istituto di Cura Città di Pavia.
*La fibrillazione atriale è il disturbo cronico del ritmo cardiaco più diffuso in assoluto; si calcola che un anziano su dieci intorno agli 80 anni e una persona ogni 200 nella fascia d’età tra i 50 e i 60 anni soffra di fibrillazione atriale. L’accelerazione del battito cardiaco determina una disorganizzazione dell’attività atriale e dunque la possibile formazione di coaguli di sangue all’interno delle cavità cardiache che possono poi essere immessi nella circolazione. Gli individui che soffrono di fibrillazione atriale hanno infatti un rischio elevato di arresto cardiaco e ictus, e vengono pertanto sottoposti a una terapia con farmaci anticoagulanti che garantiscono una corretta fluidificazione del sangue. L’esigenza di una terapia che sia risolutiva della fibrillazione atriale ha promosso negli anni la ricerca e lo sviluppo di soluzioni interventistiche tramite l’ablazione, che mira a distruggere i tessuti da cui si origina l’aritmia, bloccando il “cortocircuito” elettrico del cuore. L’équipe guidata dal dottor Cesare Storti a Pavia è stata tra le prime in Italia ad utilizzare la crioablazione. Questa metodica distrugge i tessuti cardiaci da cui origina l’aritmia grazie all’energia del freddo, diversamente alla tecnica di ablazione “classica” che utilizza la radiofrequenza, creando delle micro bruciature sui tessuti.