Nel diabete mellito di tipo 2 diventa sempre più prioritario il raggiungimento di obiettivi terapeutici che vadano al di là del semplice controllo della glicemia e che invece raggiungano importanti risultati nella prevenzione degli eventi cardiovascolari e renali, e nella riduzione dell’ospedalizzazione per scompenso cardiaco e della mortalità. Inoltre, ultimamente, ci si è spinti a considerare prioritari gli obiettivi della prevenzione cardiovascolare nella malattia diabetica, aprendo anche importanti prospettive sulla remissione clinica del diabete stesso e della prevenzione del prediabete e della sindrome metabolica. Un tentativo rivolto ad aprire importanti prospettive epidemiologiche sul contenimento e anche sulla riduzione del numero dei soggetti diabetici nel mondo.

Il diabete è una patologia che necessita di maggiore attenzione: anzitutto per i numeri, dato che colpisce circa il 6% della popolazione italiana a cui si aggiunge un altro 2% circa di sommerso; i progressi scientifici e i nuovi farmaci stanno però dando nuove speranze a chi è affetto da questa patologia.

Il convegno “Le gliflozine nel diabete mellito: una visione sul presente e oltre gli attuali paradigmi di cura”, in corso a Matera presso il Palazzo Viceconte dall’11 al 13 aprile, organizzato con il contributo non condizionato di Mundipharma, ha posto l’attenzione proprio su questi aspetti innovativi.

Il punto di partenza è un’attenta valutazione del nuovo contesto terapeutico del diabete di tipo 2, in virtù dei nuovi standard di cura e delle raccomandazioni delle società scientifiche nazionali ed internazionali. Il trattamento con farmaci innovativi deve avvenire precocemente, sopravanzando le vecchie ed obsolete classi farmacologiche. Posti sotto la lente di ingrandimento degli specialisti i meccanismi molecolari e metabolici delle gliflozine e le loro ricadute sulle comorbilità del diabete. Dalla prevenzione secondaria cardiovascolare a quella primaria, al ruolo nella nefroprotezione, nella prevenzione dello scompenso cardiaco e nel contenimento del rischio cardiovascolare residuo del paziente affetto da diabete di tipo 2.

Il nuovo approccio nei confronti del paziente diabetico è uno dei temi posti al centro del convegno di Matera. Le raccomandazioni cliniche sono cambiate notevolmente dall’ottobre 2018, momento in cui un documento di consenso redatto dalle Società Europea e Americana di Diabetologia hanno rivisto totalmente questa impostazione. In queste raccomandazioni cliniche viene data molto importanza alle esigenze primarie del paziente in merito alle quali bisogna individuare le soluzioni terapeutiche: se il paziente è affetto da arteriosclerosi, da problemi cardiovascolari, da scompenso cardiaco, da malattia renale cronica, se ha eccesso di peso, se ha frequenti ipoglicemie. “A seconda dei casi vengono utilizzati farmaci di determinate classi” spiega il Prof. Francesco Giorgino, Professore Ordinario di Endocrinologia e Direttore della U.O. complessa di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro – A.O.U. Policlinico Corsorziale di Bari. “Emerge dunque una terapia sempre più personalizzata. La scelta del farmaco non è più legata solo alla necessità di correggere la glicemia, e quindi alla necessità di dover ridurre il valore di emoglobina glicata, ma considera anche le proprietà extra glicemiche dei vari farmaci, e quindi il fatto che alcune classi di farmaci si sono dimostrate efficaci anche a prescindere dalla riduzione della glicemia”.

“Quanto viene presentato in questi convegni che si stanno susseguendo tra alcune città italiane – Napoli, Roma, Venezia, Matera – rappresenta un obiettivo rivoluzionario” dichiara il prof. Bruno Solerte (nella foto), Professore di Medicina Interna all’Università di Pavia. “Le nuove molecole saranno in grado di modificare il concetto di irreversibilità, avviando verso la de-cronicizzazione delle malattie. È un obiettivo che necessariamente va perseguito, poiché l’economia mondiale presto non sarà in grado di sostenere i costi di queste malattie croniche. Proprio il diabete è il banco di prova per verificare i passi avanti della farmacologia”.

Il rene è un organo bersaglio delle complicanze del diabete: una quota pari a circa il 30-40% dei soggetti diabetici va incontro nel tempo a una  complicanza renale, che è molto grave in quanto comporta un elevato rischio cardiovascolare e la possibilità nel tempo di dover far ricorso alla dialisi. I nuovi farmaci per la malattia diabetica sembrano in grado di garantire una efficace protezione renale. I recenti studi hanno dimostrato che i nuovi farmaci proteggono il cuore e il rene sia nei pazienti senza malattia renale conclamata e sia in quelli con danno renale in fase più avanzata.

“Non esistono grandi armi per contrastare in maniera efficace le complicanze nefrologiche” dichiara il prof. Giuseppe Pugliese, Professore Ordinario di Endocrinologia all’Università La Sapienza di Roma. “E’ possibile ridurne la comparsa e la progressione, ma non eliminarla. Tutti i farmaci che possono agire a questo livello sono dunque importanti. Queste nuove terapie si sono rivelate utili sia per patologie cardiovascolari che per complicanze renali. Hanno rallentato la progressione delle due manifestazioni principali delle complicanze nefrologiche: l’albuminuria, ossia la presenza nelle urine di una quantità eccessiva della proteina albumina, e la riduzione della funzione renale”.