Telemedicina e digital divide durante la pandemia COVID-19: l’età del caregiver conta
È stato recentemente pubblicato sulla rivista medica “Neurological Sciences” uno studio condotto dal Dott. Andrea Arighi, Neurologo del centro CDCD, diretto dal Prof. Elio Scarpini del “Centro Dino Ferrari” Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda-Ospedale Maggiore Policlinico, che mette in luce punti di forza e principali criticità della telemedicina, con un focus particolare sul digital divide,ossia il divario esistente tra coloro che hanno accesso alle tecnologie digitali e chi, invece, per condizioni economiche, differenza di età, provenienza geografica o altri fattori ne è escluso. Lo studio, svolto durante il periodo del primo lockdown in Italia ha preso in considerazione i dati di 108 pazienti con deterioramento cognitivo, contattati tramite videochiamata.Durante le televisite i neurologi, oltre a esaminare la storia medica recente del paziente ed eseguire un breve esame neurologico, hannoraccolto le loro informazioni sociodemografiche e le caratteristiche del caregiver presente.I soggetti coinvolti sono stati classificati in due gruppi in funzione del successo delle televisite: il 68,5% dei pazienti si è connesso con il neurologo; il 31,5%, invece, non è riuscito a collegarsi ed è stato quindi successivamente ricontattato via telefono. L’aspetto interessante è che, di questi, solo il 23,5% non si è collegato a causa della mancanza di dispositivi con connessione Internet. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’insuccesso è stato determinato dalla difficoltà del paziente nel collegarsi alla piattaforma. I soggetti sono stati quindi suddivisi secondo le caratteristiche del caregiver che ha assistito il paziente durante la televisita, ottenendo quattro gruppi: paziente da solo; paziente e caregiver della stessa generazione; paziente e caregiver della generazione successiva; e paziente, caregiver della stessa generazione, e un altro caregiver delle nuove generazioni. L’analisi ha mostrato che la prevalenza di successo è stata maggiore nei gruppi con presenza di caregiver di generazioni più giovani. Più precisamente, l’80% di pazienti del gruppo e il 95% di pazienti del gruppo sono riusciti a collegarsi. Il successo delle televisite, quindi, è risultato essere non tanto correlato alle caratteristiche sociodemografiche e cliniche dei pazienti, quanto alle caratteristiche dei caregiver: i pazienti che sono stati supportati da figure più giovani hanno avuto un tasso di successo più elevato. Questa evidenza è dovuta principalmente alla maggiore capacità di utilizzo tecnologico tra i giovani: i figli e i nipoti dei pazienti, infatti, sono quasi tutti nativi digitali, mentre i caregiver della stessa generazione di pazienti sono tutti “immigrati digitali”, hanno cioè acquisito familiarità con tali sistemi da adulti.In conclusione, lo studio ha evidenziato quanto il divario digitale sia unfattore da prendere in considerazione per lo sviluppo futuro della telemedicina,sottolineando la necessità di implementare una serie di politiche e interventi volti a consolidare le competenze digitali dei cittadini, così da sostenere la popolazione socialmente più vulnerabile e impedire l’aumento di disuguaglianze sociosanitarie. Rimane comunque fondamentale continuare a lavorare su questo servizio che, se ben strutturato, può essere utile sia in situazioni come quella del lockdown, in cui altrimenti non sarebbe possibile ricevere alcuna assistenza medica, sia come strumento da affiancare alla visita tradizionale, soprattutto in tutte quelle circostanze in cui la presenza in ambulatorio non è necessaria, come ad esempio per la discussione di un referto.