Lo studio denominato “POPART”, dal titolo “Post-prostatectomy ablative radiation therapy: a multicentric prospective Italian trial” è coordinato dalla Radioterapia dell’IRCCS San Gerardo di Monza guidata da Stefano Arcangeli, professore associato di Diagnostica per Immagini e Radioterapia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca ed ha rivelato che i pazienti trattati con 5 sedute di radioterapia, anziché con le 35 standard finora indicate dalle linee guida internazionali, non hanno registrato tossicità significative a livello clinico e che la loro qualità di vita è rimasta inalterata, almeno nel breve e medio periodo.
Dall’avvio del progetto l’ospedale Papa Giovanni di Bergamo, uno dei tre centri che partecipano allo studio, tutto italiano, ha arruolato 12 pazienti in 8 mesi. Tutti i pazienti sono stati valutati dall’équipe multidisciplinare della “Prostate Unit” del Papa Giovanni, di cui fanno parte professionisti della Radioterapia, dell’Urologia, dell’Oncologia, della Medicina Nucleare e Anatomia Patologica. I pazienti arruolati erano stati sottoposti a prostatectomia radicale per carcinoma della prostata e seguiti dall’Urologia diretta da Luigi Da Pozzo. Tutti i pazienti selezionati si trovavano in una condizione di recidiva biochimica, ovvero con rialzo dei valori di PSA dopo chirurgia.
“Trattare un paziente in una settimana anziché sette significa ridurre drasticamente i disagi per chi si deve sottoporre a questo tipo di terapia, riducendo così il numero di accessi in reparto e questo comporta un grande vantaggio per i pazienti anziani, fragili e che vivono lontano dall’ospedale ma anche per i loro caregiver -, spiega Suela Vukcaj medico della Radioterapia del Papa Giovanni XXIII e responsabile dello studio per l’ospedale di Bergamo.
Le implicazioni di questo studio sono davvero significative anche per quanto riguarda l’organizzazione delle terapie, il turn over dei pazienti e le liste d’attesa. Basti pensare che finora, al Papa Giovanni XXIII, 60 sedute di radioterapia sono state sufficienti contro le 420 sedute totali che sarebbero state necessarie per curare i 12 pazienti arruolati nello studio. 360 slot si sono così liberati per essere dedicati alle sedute di altri pazienti che necessitavano un trattamento radioterapico anche per altre patologie tumorali.
Il programma dello studio POPART prevede trattamenti di sedute di radioterapia stereotassica (SBRT), una tecnica radioterapica all’avanguardia che consente di somministrare, con estrema precisione e tutelando i tessuti sani circostanti, dosi di radiazioni molto elevate a bersagli tumorali di dimensioni limitate, ottenendone la distruzione attraverso la necrosi tumorale. La tecnica, detta “ipofrazionamento”, è già in uso da anni nel carcinoma della prostata non sottoposto a chirurgia. La novità di questo studio consiste nell’aver dimostrato per la prima volta la fattibilità e l’efficacia anche su pazienti che hanno una recidiva biochimica dopo un intervento di prostatectomia senza aumentare la tossicità e ridurre l’efficacia rispetto al trattamento standard.
“L’attuazione di questa ‘radioterapia concentrata’ è possibile grazie alla disponibilità di tre acceleratori lineari di fascia elevata, l’ultimo dei quali recentemente acquistato è di ultimissima generazione, – ha precisato Luigi Cazzaniga, direttore della Radioterapia dell’ASST Papa Giovanni XXIII -. All’ospedale di Bergamo tutti i LINAC sono dotati di TAC integrata che consente in tempo reale di puntare con precisione millimetrica il bersaglio individuato, aumentando così l’outcome per il paziente ed elevando il livello di sicurezza nei trattamenti terapeutici che effettuiamo”.
Lo studio POPART è stato premiato come miglior contributo scientifico durante l’ultimo congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica.