Gravi lesioni cerebrali possono portare allo stato vegetativo, una condizione clinica che, per diverse ragioni, rappresenta un rompicapo. Infatti, il paziente in stato vegetativo è sveglio, con gli occhi aperti, eppure privo di coscienza. Benché la maggior parte dei pazienti in stato vegetativo presenti ampie regioni di corteccia cerebrale intatte e attive dal punto di vista metabolico ed elettrico, la mancanza di coscienza è determinata dal fatto che queste “isole” di cervello risultano incapaci di dar vita ad interazioni complesse con le altre regioni corticali, una condizione questa necessaria perché la coscienza possa essere generata e sostenuta.
A questa conclusione è giunto nel 2016 il gruppo di ricerca coordinato dal professor Marcello Massimini presso il Dipartimento di Scienze Biologiche e Cliniche “L. Sacco” dell’Università Statale di Milano, che da anni si occupa delle basi neurofisiologiche degli stati alterati di coscienza. In quel caso, i ricercatori avevano infatti dimostrato che nella maggioranza dei pazienti in stato vegetativo, quando si perturba il cervello mediante una stimolazione esterna, si ottiene una risposta elettrica semplice, indice appunto di mancanza di interazioni tra le aree cerebrali.
Ma come spiegarsi uno stato cerebrale attivo, reattivo, eppure incapace di sostenere risposte complesse in presenza di stimolazione?
Uno nuovo studio appena pubblicato su Nature Communications risponde a questa domanda, facendo luce su questo apparente paradosso. Il lavoro, condotto Mario Rosanova e Matteo Fecchio, entrambi primi autori ed entrambi ricercatori del gruppo di Marcello Massimini all’Università Statale di Milano, e svolto in collaborazione con la Fondazione Don Gnocchi, dimostra che l’incapacità del cervello di pazienti in stato vegetativo di sostenere le interazioni complesse che caratterizzano lo stato di piena coscienza, è dovuta alla tendenza patologica dei circuiti corticali a collassare in un breve periodo di silenzio neuronale ogni volta che ricevono un segnale dall’esterno o vengono perturbati.
Questo periodo di silenzio neuronale, innescato proprio dallo stimolo esterno, è chiamato OFF-period e si si osserva anche durante il sonno profondo in soggetti sani, mentre non si manifesta mai durante la veglia fisiologica. Gli OFF-periods bloccano sia le riverberazioni locali, necessarie all’elaborazione di qualunque segnale in ingresso, sia le interazioni complesse tra le aree corticali distanti tra di loro, necessarie perché si generi coscienza. Lo studio suggerisce anche che, viceversa, gli OFF-periods spariscono, consentendo il riemergere di interazioni corticali complesse, in quei pazienti acuti che recuperano coscienza.
“La nostra scoperta – commentano gli autori, Rosanova e Fecchio, – ha rilevanza oltre che per l’avanzamento della nostra comprensione delle alterazioni della coscienza, anche per gli aspetti clinici che coinvolge, poiché mette in relazione eventi locali potenzialmente reversibili come gli OFF-periods con dinamiche cerebrali globali, fondamentali nel determinare la perdita e il recupero di coscienza in seguito a lesioni cerebrali.”
Lo studio è stato supportato, tra gli altri, da Human Brain Project e da un Grant Giovani Ricercatori del Ministero della Salute, con il contributo di Swiss National Science Foundation e di Fondazione Europea di Ricerca Biomedica.