Sindrome di Smith-Magenis: prodotta la prima linea di cellule staminali pluripotenti indotte
Un team di ricercatori del Laboratorio di Riprogrammazione Cellulare dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza-Mendel di Roma ha prodotto la prima linea di cellule staminali pluripotenti indotte ottenuta da una paziente affetta dalla rara sindrome di Smith Magenis.
Dopo aver prelevato le cellule cutanee da una donna 37enne affetta dalla malattia, i ricercatori del Mendel – coordinati da Jessica Rosati, appartenente al gruppo di ricercatori del direttore scientifico Angelo Vescovi – hanno provveduto a riportare le cellule indietro nel tempo, trasformandole in cellule primordiali, cellule staminali pluripotenti in grado di produrre non solo epidermide ma tutte le cellule di un essere umano.
«Queste cellule, create per la prima volta circa dieci anni fa e che sono valse il premio Nobel a Shinia Yamanaka – ha spiegato Jessica Rosati – permetteranno di ricreare un modello sperimentale estremamente specifico e realmente correlato al fenotipo patologico. Sono cellule molto versatili e permettono di studiare “in vitro”, direttamente nelle cellule del paziente, le problematiche che le mutazioni genetiche e molecolari determinano, causando la malattia. Inoltre, si possono così studiare in laboratorio cellule malate che spesso sono impossibili da isolare nel paziente, come quelle del cervello. Questa possibilità – ha concluso la ricercatrice – apre la strada non solo alla comprensione dei meccanismi patogenetici, ma può essere considerata un buon mezzo per lo sviluppo futuro di terapie innovative come la medicina personalizzata, che prevede l’utilizzo di molecole specifiche, funzionali a revertire il fenotipo che viene osservato nella cellula malata».
Allo studio e alla produzione di cellule hanno partecipato ricercatori di ambiti disciplinari differenti. Tra questi: il gruppo di genetisti clinici dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, capeggiati da Matteo Della Monica, biologi genetisti dell’Università Tor Vergata di Roma coordinati da Annamaria Nardone e il Laboratorio di Citogenetica del Mendel guidato da Laura Bernardini. Altrettanto preziosa è stata la collaborazione della famiglia coinvolta nello studio che ha condiviso l’importanza di questa ricerca per la comprensione e la futura cura di questo tipo di sindromi.
La sindrome di Smith-Magenis è una malattia genomica rara con una frequenza di 1 su 25.000 nati vivi. È caratterizzata da tratti peculiari del volto, ritardo dello sviluppo, disabilità intellettiva di grado variabile, ritardo nel linguaggio, a volte associato a deficit uditivo, e disturbi del comportamento, con atteggiamenti autoaggressivi e stereotipati.
Le lesioni personali si registrano nel 70-97% degli individui e comprendono la poliembolomania e l’onicotillomania. Gli individui affetti mostrano inoltre interessi limitati, pensiero ossessivo e un profilo neurocognitivo riconducibile ai disturbi dello spettro autistico. Anomalie del ritmo sonno-veglia, con frequenti sonnellini diurni e risvegli notturni, rappresentano un elemento distintivo di questa condizione clinica. Altre caratteristiche cliniche includono: obesità, anomalie oculari, bassa statura e malformazioni congenitepresenti nel 30%-40% dei pazienti, quali: cardiopatie, anomalie renali, urinarie e del sistema nervoso centrale.
In circa il 90% dei soggetti la sindrome è causata dalla perdita di un piccolo segmento del cromosoma 17, della banda 17p11.2, che include diversi geni tra i quali RAI1, coinvolto nello sviluppo embrionale e considerato il responsabile delle più rilevanti caratteristiche cliniche della SMS. Infatti, anche singole alterazioni nella sequenza di DNA di questo gene sono responsabili del 5-10% dei casi della sindrome. Generalmente si tratta di eventi de novo, cioè di mutazioni genomiche o geniche insorte per la prima volta nell’embrione, frutto di un evento “nuovo”.
La diagnosi avviene attraverso test genetici che includono la FISH, in grado di evidenziare la perdita del segmento cromosomico di interesse (17p11.2), il sequenziamento del gene-malattia o le più moderne tecniche di analisi genomica, quali le piattaforme di microarray o di sequenziamento di ultima generazione.