Scompenso cardiaco: i cardiologi ospedalieri fanno il punto
Lo scompenso cardiaco è una patologia cronica in forte aumento che colpisce oltre 1 milione di persone nel nostro Paese. Rappresenta a livello mondiale la principale causa di ospedalizzazione nelle persone di età superiore ai 65 anni ed ha una mortalità ospedaliera stimata intorno al 3-5% che aumenta al 25% ad un anno per arrivare fino al 50% a 3 anni.
Tra le varie cause di scompenso cardiaco la cardiopatia ischemica rappresenta la principale, seguita dalle malattie del muscolo cardiaco, inoltre si riconoscono principalmente due forme una a funzione ridotta ed un altra a funzione preservata. Questa ultima fino a pochi anni fa era orfana di trattamenti efficaci nel ridurre la sua alta mortalità e il numero di ospedalizzazioni.
Nel corso degli ultimi anni nell’ambito della terapia per l’insufficienza cardiaca si sono resi disponibili una serie di nuovi trattamenti farmacologici e non. Nel contesto del trial alcune di queste terapie hanno dimostrato di essere in grado di migliorare significativamente la prognosi dei pazienti ma nel mondo reale permangono difficoltà nella loro implementazione. Altri trattamenti risultano estremamente promettenti ma ancora di nicchia o con dati non consolidati.
Il 25 e il 26 ottobre si svolgerà a Milano l’attesa Convention Nazionale Centri Scompenso Cardiaco ANMCO 2024, che si pone l’obiettivo di coinvolgere tutti coloro che si occupano d’insufficienza cardiaca sul territorio nazionale per focalizzare l’attenzione sulle innovazioni più rilevanti e sulle modalità più efficaci, sia cliniche che organizzative, per ottimizzare le cure di una sindrome con ancora forte impatto negativo in termini prognostici ed economici.
Il dott. Fabrizio Oliva – Presidente ANMCO e Direttore Cardiologia 1 dell’Ospedale Niguarda di Milano – dichiara: “Il rischio di sviluppare uno scompenso cardiaco negli ultimi decenni è aumentato in maniera esponenziale, anche a causa dell’allungamento della vita e nella popolazione anziana si stima che una persona su quattro manifesterà segni e sintomi di questa insidiosa sindrome. Nonostante i numeri dimostrino un aumento della epidemiologia ed un’alta mortalità, nuove linee di trattamento hanno permesso di aumentare significativamente la sopravvivenza dei pazienti con scompenso cardiaco. Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha prodotto nuovi studi, che hanno testato l’uso di nuove molecole che hanno dimostrato per la prima volta la loro efficacia nel modificare la storia naturale di questa insidiosa e particolare sindrome. In particolare, è stato più volte rilevato come l’efficacia del loro trattamento sia molto precoce modificando entro due settimane di trattamento gli outcome di sopravvivenza e di ospedalizzazione. Malgrado questa loro indiscussa efficacia non vengono utilizzate quanto si dovrebbero nella pratica clinica. Questo è riconducibile ad alcune barriere prescrittive, ma soprattutto allo strisciante e poco considerato problema dell’inerzia terapeutica.”
“Lo scompenso cardiaco – continua il dott. Oliva – è una patologia cronica, dobbiamo quindi pensare, oltre all’ottimizzazione della terapia, anche all’ottimizzazione organizzativa per l’inserimento dei pazienti in percorsi assistenziali innovativi attraverso una gestione integrata territoriale ed ospedaliera sulla base delle necessità del singolo paziente. Siamo in una condizione in cui possiamo garantire ai pazienti affetti da scompenso cardiaco un’assistenza in termini di terapia farmacologica e non farmacologica che può cambiare la traiettoria di malattia, garantendo migliore sopravvivenza, riduzione delle ospedalizzazioni e migliore qualità di vita. Tutto questo deve essere supportato da modelli di cura innovativi in cui il paziente possa essere preso incarico in modo multisciplinare e personalizzato.”