Sclerosi multipla: prevedere l’attività della malattia dalle proteine del sangue
Ci sono ancora molte incognite su come nasce e si evolve la sclerosi multipla progressiva, una patologia ancora senza cure efficaci. Il decorso individuale della sclerosi multipla è imprevedibile e una persona potrebbe dover attendere molti mesi per sapere se una terapia modificante la malattia è efficace.
La ricerca di un biomarcatore per prevedere l’attività e la progressione della sclerosi multipla progressiva, e per monitorare la risposta alle terapie rimane una sfida.
Un filone di ricerca promettente riguarda la cosiddetta catena leggera dei neurofilamenti, una proteina che può segnalare un danno neuronale come quello che avviene nella sclerosi multipla, e che può essere analizzate con un esame del sangue.
Proprio su questo si basa uno studio pubblicato su “Lancet Neurology” da un gruppo di studiosi dello Swiss Multiple Sclerosis Cohort guidato da Jens Kuhle, sostenuto dalla International Progressive MS Alliance, un’iniziativa globale senza precedenti che riunisce l’eccellenza della ricerca a livello mondiale e di cui AISM con la sua Fondazione è un membro fondatore.
Il team di ricerca ha analizzato migliaia di campioni di sangue di persone sane e con sclerosi multipla, ed ha elaborato un modello statistico per identificare valori aumentati della catena leggera dei neurofilamenti nelle persone con sclerosi multipla.
Questo modello ha mostrato il suo potenziale nel rilevare l’attività della malattia clinicamente silente e prevedere la probabilità di maggiori ricadute future e peggioramento della disabilità.
Inoltre, il team ha scoperto che i cambiamenti dei valori di NfL in diverse terapie hanno permesso di misurare la risposta alla terapia delle persone trattate.
«Fin dalla sua nascita la International Progressive MS Alliance è stata caratterizzata dall’unire l’eccellenza della ricerca a livello globale per trovare finalmente risposte ai bisogni delle persone con sclerosi multipla progressiva. Ha aperto nuove strade di ricerca, ha stimolato la collaborazione di grandi network. Così è successo anche nel campo dei neurofilamenti, pubblicando le prime linee guida per la ricerca sulla catena leggera dei neurofilamenti come bio-marcatore della SM, e oggi con questo nuovo importante studio che aggiunge conoscenze e prospettive nel monitoraggio e nella cura della SM progressiva. Questo risultato si colloca in un’area di ricerca sui biomarcatori e in un confronto con gli enti regolatori internazionali condotto dalla Progressive MS Alliance, per riconoscere i migliori marcatori di monitoraggio ed esito sulla malattia e sull’efficacia delle nuove molecole per le forme progressive », dice il Prof. Mario Alberto Battaglia, Presidente FISM.
Co autrice di questa ricerca è la Prof.ssa. Maria Pia Sormani del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Genova, che così commenta la ricerca: «Questo lavoro è di estrema rile-vanza, perché pone le basi per l’utilizzo del neurofilamento nella pratica clinica. I range di nor-malità definiti dallo studio, infatti, ci permettono di capire se il livello di neurofilamento misu-rato nel singolo paziente sia alterato rispetto al valore atteso nei soggetti di pari età e BMI».
Utilizzando vaste risorse di campioni di sangue conservati in una banca dati di 5.390 persone con oltre 10.000 campioni provenienti da Europa e Stati Uniti, il team ha stabilito i livelli di neurofilamenti (NfL) considerati normali in diversi gruppi di età, scoprendo che generalmente aumentano di circa il 2% ogni anno, con un ritmo più rapido dopo i 50 anni di età circa. Il peso corporeo più elevato è risultato associato a livelli di NfL più bassi.
Sulla base di questi risultati, il team ha sviluppato un modello statistico sui i livelli di NfL, che tiene conto delle differenze di età e peso corporeo, e consente di derivare il punteggio “Z ” di NfL o la misura dei percentili che riflettono la deviazione dai livelli considerati normali nella popolazione generale per un dato peso ed età.
Il team ha quindi testato il valore predittivo del punteggio nei campioni di sangue derivati dai 1.313 individui presenti nella Swiss MS Cohort, un gruppo di persone con sclerosi multipla che sono state seguite per diversi anni. Hanno scoperto che i punteggi Z più alti risultavano indicatori del rischio di un aumento dell’attività della malattia nell’anno successivo. Gli individui con un punteggio Z degli NfL superiore a 1,5 erano associati a tre volte il rischio di attività della malattia nell’anno successivo.
I ricercatori hanno anche esaminato i punteggi Z di NfL come marcatori di efficacia delle terapie per la SM. Guardando tra i gruppi, quelli con terapie altamente efficaci, come gli anticorpi monoclonali tendevano ad avere punteggi Z NfL quasi normali, mentre quelli con terapie di prima generazione meno potenti tendevano ad avere punteggi Z più alti, più vicini ai punteggi di coloro che non erano in terapia.
Il team è stato in grado di confermare questi risultati nei campioni di sangue di 4341 partecipanti seguiti nel Registro Svedese SM, che ha convalidato la capacità predittiva dell’NfL per il decorso della SM, oltre ad essere un indicatore della risposta alla terapia.
Sono in corso ulteriori ricerche per comprendere ulteriormente in che modo i livelli di NfL nel sangue possono essere influenzati da altre condizioni mediche, se i livelli di NfL sono sostanzialmente diversi nelle diverse popolazioni e come questo biomarcatore può essere utilizzato come misura dell’efficacia negli studi clinici.
Per promuovere questo importante lavoro e per facilitare l’uso dei punteggi Z (o percentili) nella pratica clinica, il team dei ricercatori ha sviluppato una piattaforma online che consente il calcolo dei punteggi Z delle persone e per interpretare le misurazioni NfL nella SM, come potenziale modo per valutare l’attività attuale o futura della malattia.