Tendiamo a pensare che l’innovazione sia la creazione di qualcosa di nuovo. Tuttavia, il più delle volte si verificano grandi scoperte quando i punti esistenti vengono collegati tra loro. Per esempio, la penicillina ha avuto il suo inizio nel 1928, quando Alexander Fleming tornò dalle vacanze per scoprire che una muffa aveva contaminato alcune delle sue colture batteriche, impedendo la normale crescita dei batteri. Non ha guadagnato una vera e propria trazione fino a dieci anni dopo però, quando Howard Florey si è imbattuto in un articolo di Fleming sulla muffa della penicillina in una rivista medica. Iniziò a lavorare allo sviluppo della penicillina con il suo collega Ernst Chain, e il primo paziente umano fu trattato con successo con il farmaco nel 1942.[i] Fu una serie di collegamenti di punti che portarono a una delle più importanti scoperte mediche del nostro tempo.

Questo non è diverso dal processo in cui l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico vengono sfruttati per collegare i punti di dati o “data dot” per produrre nuovi insight. Per scoprire efficacemente le relazioni tra i diversi domini della conoscenza, tuttavia, queste tecnologie richiedono l’accesso a grandi e diversificati set di dati. Questa può essere una sfida in settori come quello sanitario e farmaceutico, dove i dati sono raccolti e conservati in luoghi diversi e considerati altamente sensibili. Ma facendo leva su un’architettura di dati distribuiti e interconnessi, i partecipanti agli ecosistemi sanitari digitali, come fornitori, assicuratori, governi, ricercatori e altri ancora, possono condividere le informazioni sui pazienti in modo sicuro e gratuito.

Tecnologie come l’AI e il cloud computing non solo consentono nuove connessioni tra i domini della conoscenza, ma anche tra entità fisiche ed eventi, come ad esempio un medico che esegue un intervento chirurgico a distanza o un dispositivo medico che rileva un evento critico e avvisa gli infermieri e i medici di guardia. Una recente indagine Optum su 500 leader del settore sanitario statunitense ha rilevato che il 62% degli intervistati dispone di una strategia di AI, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Ci sono diverse aree in cui l’AI sta già contribuendo a ottenere risultati positivi nel settore.

Per esempio, Alibaba ha sviluppato un modello di AI per rilevare il coronavirus in pochi secondi con una precisione del 96%. Sviluppato in soli 12 mesi, inoltre, un farmaco progettato dall’AI per il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo entrerà per la prima volta nella sperimentazione clinica umana.

Tramite un algoritmo di deep-learning, invece, alcuni ricercatori dell’MIT hanno scoperto un nuovo antibiotico in grado di uccidere 35 tipi di batteri resistenti ai farmaci. Non solo. La FDA ha autorizzato la piattaforma AI di GE Healthcare per le radiografie che possono aiutare i radiologi a dare priorità ai casi di collasso polmonare.

Suki AI, infine, è un assistente vocale digitale per medici che registra le note dettate dal personale medico durante la visita del paziente e poi compila automaticamente le cartelle cliniche elettroniche sulla base di tali note, accelerando notevolmente la trascrizione di informazioni mediche.

La crescente adozione dell’AI da parte dell’industria sanitaria e farmaceutica continuerà ad alimentare innovazioni come queste, ma l’accesso ai dati è la chiave del loro successo.

L’AI è valida solo quanto i dati che la alimentano, e questa è una sfida fondamentale per l’industria sanitaria. Sebbene le cartelle cliniche elettroniche, le riviste mediche e altre fonti di dati digitali siano in circolazione da diverso tempo, storicamente sono stati immagazzinati in infrastrutture IT centralizzate. E gran parte dei dati critici dei pazienti è stata bloccata in diversi sistemi di pagamento e di provider in vari stati e formati. Le future scoperte dipenderanno dalla condivisione sicura e gratuita di questi dati tra pazienti, dispositivi, fornitori di servizi sanitari, assicuratori, governi, ricercatori e altro ancora. Ciò richiede un ecosistema interconnesso distribuito che possa accelerare la collaborazione e lo scambio sicuro di dati tra i partecipanti all’ecosistema sanitario digitale. L’Indice di Interconnessione Globale vol. 3, uno studio pubblicato da Equinix, delinea cinque semplici passi che si possono compiere per raggiungere questo stato di digital-ready:

  1. Ottimizzazione della rete: Accorciare la distanza tra utenti e servizi creando una catena di fornitura digitale di hub interconnessi at the digital edge tra provider, assicurazioni, società di ricerca/farmaceutica e governi.
  2. Multicloud ibrido: Interconnettere localmente e direttamente i cloud e i partner e segmentare il traffico di rete negli hub per migliorare le prestazioni e ridurre la latenza.
  3. Sicurezza distribuita: Implementare e collegare i controlli di sicurezza e le contromisure negli hub per la trasparenza e il controllo in tempo reale in tutto il panorama digitale. Sfruttare l’interconnessione privata per evitare i rischi per la sicurezza inerenti all’internet pubblico.
  4. Dati distribuiti: Posizionare le analisi, i data lake e i controlli dei dati negli hub per integrare le pipeline di dati, gestire enormi volumi di dati e generare insight. Sfruttare modelli di dati standardizzati per la sanità basati sull’architettura esistente dell’alleanza sanitaria per rimanere conformi.
  5. Scambio di applicazioni: Partecipare a ecosistemi sanitari digitali interconnessi per raccogliere, elaborare e scambiare i dati dei pazienti e altri dati medici, generare informazioni tempestive ed espandere la catena di valore con partner e dati per ottenere risultati ed esperienze superiori.

Con l’aumento dello scambio sicuro di dati sanitari, si aprirà la strada a scoperte mediche che possiamo solo immaginare ora. Come è stato recentemente affermato: “La cura per il cancro è già là fuori, dobbiamo solo trovarla”.