I polifenoli, composti naturali presenti in abbondanza in frutta e verdura spesso presentati come salutari, fanno davvero bene? Hanno cercato di rispondere al quesito i ricercatori dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Consiglio nazionale delle ricerche di Avellino con due distinti studi. Gli autori concludono che lo studio degli effetti benefici dei polifenoli nella prevenzione e nella terapia del cancro va affrontato sfruttando modelli cellulari adeguati e selezionati per la loro elevata specificità. L’efficacia va, pertanto, valutata con attenzione.
Nella ricerca pubblicata su Seminars in Cancer Biology, il team dell’Isa-Cnr ha analizzato la capacità di queste sostanze di agire da antiossidanti, cioè di neutralizzare i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento, evidenziando la differenza tra i dati ottenuti in modelli animali e cellulari, che confermano gli effetti antitumorali dei polifenoli, e i risultati degli studi clinici, spesso non chiari o addirittura negativi. “Quando consideriamo i potenziali effetti benefici dei polifenoli contro il cancro dobbiamo distinguere tra prevenzione e terapia”, spiega Gian Luigi Russo, responsabile del team di ricerca all’Isa-Cnr. “L’efficacia di un antiossidante non è la stessa nella cellula di una persona sana e in quella di un paziente affetto da tumore, a cui vengono somministrate alte dosi di antiossidanti in combinazione con radio o chemioterapia”.
I ricercatori dell’Isa-Cnr confermano quanto sostenuto anche da altri scienziati: “I polifenoli in basse dosi, come quelle normalmente presenti in frutta e verdura, potrebbero esercitare il loro effetto agendo come blandi pro-ossidanti e stimolando così la risposta adattativa della cellula, cioè un potenziamento delle difese. Al contrario, molte evidenze scientifiche mettono in guardia sull’efficacia del trattamento con antiossidanti in pazienti tumorali, nei quali possono indurre resistenza alla terapia convenzionale”, prosegue Russo.
Nello studio pubblicato sulla rivista Oncotarget è stata invece valutata la possibilità che singole molecole polifenoliche esercitino un’attività antitumorale, indipendentemente dalla loro natura di antiossidanti. È il caso della quercetina, un flavonoide presente in alimenti quali cipolle, mele, uva e vino rosso. “I risultati dimostrano che la quercetina facilita la morte di cellule maligne derivate dalla Leucemia linfocitaria cronica (Llc), la più comune forma leucemica nell’anziano, resistente alla chemioterapia”, afferma Maria Russo, primo autore della pubblicazione. “In cellule derivate da un paziente affetto da una forma aggressiva di Llc, dosi farmacologiche di quercetina inibivano l’attività di due enzimi chiave, il PI3K e il CK2, responsabili a livello biochimico della resistenza ai farmaci che inducono la morte cellulare programmata delle cellule tumorali. In pratica, la quercetina potenzia l’efficacia dell’agente apoptotico ABT-737 con sorprendente rapidità, entrando nelle cellule e bloccando il meccanismo che favorisce la crescita tumorale con un effetto che appare molto specifico”.