La rivista “Pharmaceuticals” ha pubblicato uno studio sul COVID-19 condotto da un gruppo di ricerca Italiano dell’Università di Roma Tor Vergata, l’Università Magna Grecia di Catanzaro, e l’Università di Brescia.
I ricercatori, attraverso la piattaforma sviluppata durante il Covid-19, hanno disegnato e prodotto nuove molecole peptidiche in grado di inibire l’ingresso del virus originale e delle sue varianti nelle cellule dell’ospite modificandone “la chiave per entrare”.
L’utilizzo dei peptidi sia a scopo preventivo sia terapeutico nella lotta contro il COVID-19 rappresenta un interessante approccio che garantisce efficacia, specificità e tollerabilità. Infatti, le molecole peptidiche possono essere utilizzate in modo rapido e versatile e di supporto ai vaccini. Attraverso metodiche computazionali, i peptidi possono essere rapidamente ottimizzati e indirizzati contro le diverse varianti del virus con specificità e accuratezza.
“La disponibilità di questa piattaforma, è cruciale per prepararci a fronteggiare possibili future pandemie da virus patogeni emergenti” – afferma il Prof. Giuseppe Novelli, coordinatore dello studio – proprio per la versatilità e precisione dei peptidi sugli obiettivi biologici identificati come target”.
“L’ausilio di tecnologie innovative e di bioinformatica adottate nella piattaforma permette di accelerare l’identificazione di nuove molecole attive contro i recettori virali – è il commento di Stefano Alcaro – Come i peptidi individuati in questo studio che potranno diventare nuovi farmaci della terapia anti SARS-CoV-2″.
“La tecnologia utilizzata è dinamica e flessibile – afferma Gennaro Citro, ex dirigente IFO e co-autore dello studio – e può essere impiegata anche per proteggere le persone fragili e/o con difetti immunitari, particolarmente sensibili all’azione delle nuove varianti virali, in attesa della produzione di vaccini con maggiore efficacia”.
“I peptidi vengono solitamente utilizzati per modulare l’ambiente ospite in diversi modi. in questo studio, noi modifichiamo la proteina di ingresso del virus, la spike, con peptidi disegnati sulla base dei suoi recettori cellulari, in modo da provocare un’interferenza nelle interazioni virus-recettore funzionale, causando l’inibizione dell’ingresso virale”, è il commento di Arnaldo Caruso, virologo che ha partecipato allo studio.
La ricerca, frutto di una collaborazione interuniversitaria, è stata realizzata grazie ai finanziamenti della Fondazione Roma, del Ministero dell’Università e della Ricerca, e da Fondi Europei Horizon.