L’azoospermia non ostruttiva è definita come la totale mancanza di spermatozoi nel liquido seminale, causata da disfunzioni nel processo di formazione degli spermatozoi stessi all’interno del testicolo e non dall’ostruzione delle vie seminali.
Si tratta della forma più severa di infertilità di coppia da fattore maschile e offre così una modello ideale per studiare questa condizione. Purtroppo, la sua incidenza nella popolazione è in crescita, almeno nei paesi occidentali: per motivi ancora in larga parte sconosciuti, la conta degli spermatozoi risulta diminuita di circa il 50% negli ultimi 50 anni circa.
Ecco perché studiare l’infertilità maschile, i meccanismi biologici alla sua origine e le loro conseguenze sulla salute dell’individuo è sempre più urgente.
Un gruppo di ricercatori dell’Urological Research Institute, l’Istituto di Ricerca Urologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha pubblicato in questi giorni uno studio sulla prestigiosa rivista “Nature Communications” che getta nuova luce sulle cause del mancato sviluppo degli spermatozoi negli uomini azoospermici e sulle implicazioni per la salute complessiva e l’aspettativa di vita di chi ne soffre.
La ricerca è stata condotta con il coordinamento del Dr. Massimo Alfano, responsabile dell’Gruppo di Ricerca Microambiente Extracellulare di URI, e di Andrea Salonia, direttore di URI e professore ordinario di Urologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.
Attualmente, circa il 15% delle coppie, più di 1 su 10, ha problemi di fertilità, ovvero non riesce a concepire nel corso di un anno di tentativi non protetti, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel 50% dei casi il problema è maschile, e lo esclusivamente ben nel 20% delle coppie.
In tal senso, le difficoltà nel diventare genitori dipendono principalmente da un insufficiente numero di spermatozoi nel liquido seminale, o dalla loro scarsa qualità. Nel caso della azoospermia, dalla loro drammatica e completa assenza.
Si tratta di numeri che continueranno, con ogni probabilità, a crescere. Le ragioni di questa progressiva evoluzione sono ancora poco chiare, ma vanno certamente anche ascritte a: cambio degli stili di vita, alimentazione, sedentarietà, e così via; presenza di inquinanti ambientali, soprattutto dei cosiddetti ‘interferenti endocrini’.
“I meccanismi all’origine dell’infertilità maschile vanno studiati e compresi non solo per aiutare un numero sempre maggiore di coppie a concepire, ma perché oggi sappiamo che l’essere infertile per un maschio è un importante fattore predittivo dell’insorgenza di malattie croniche normalmente associate all’età avanzata e perfino di una ridotta aspettativa di vita” spiega Andrea Salonia.
Il legame tra infertilità maschile e insorgenza di malattie dell’invecchiamento appare sempre più evidente dagli studi epidemiologici degli ultimi 30 anni. La letteratura scientifica recente ha anche mostrato come, più in generale, ridotti numeri di spermatozoisianofattori predittivi indipendenti della presenza di altre patologie.
“Ci riferiamo – continua il dott. Salonia – in particolare alle malattie cardiovascolari, tra cui l’ipertensione e il rischio di infarto; malattie metaboliche, come il diabete e l’obesità; malattie tumorali, innanzitutto quelle di ambito urologico, soprattutto tumori testicolari.
Tutto questo fa sì che gli uomini con problemi di infertilità o con bassa conta spermatica risultino a maggior rischio di morte e abbiano una ridotta aspettativa di vita rispetto alla media.”
La produzione di spermatozoi funzionali avviene all’interno dei testicoli, innanzitutto grazie alla presenza di cellule staminali germinali, le cellule progenitrici degli spermatozoi, da cui questi ultimi derivano attraverso un processo di differenziamento cellulare. La mancanza delle cellule germinali o una loro disfunzione può essere causa di infertilità maschile.
“Le cellule germinali non sono però le uniche attrici di questo processo, che avviene in un preciso microambiente extracellulare all’interno del testicolo. L’integrità di questo microambiente dipende da numerose altre cellule già specializzate, e dalle sostanze che esse producono come ormoni, fattori di trascrizione, eccetera”, spiega Massimo Alfano, che guida il laboratorio dove è stato condotto lo studio appena pubblicato su “Nature Communications”.
Il gruppo di ricercatori guidato da Alfano ha, infatti, dimostrato che sono proprio queste cellule somatiche a giocare un ruolo chiave nei pazienti azoospermici. Analizzando il loro tessuto testicolare attraverso tecniche di genomica ed epigenomica, in collaborazione con il Centro di Scienze Omiche del San Raffaele diretto dal dr. Giovanni Tonon, gli scienziati hanno scoperto che in questi pazienti diverse popolazioni di cellule mostrano le caratteristiche tipiche dell’immaturità, come se lo sviluppo sessuale non avesse completato il suo corso.
La conseguenza di questa condizione di immaturità cellulare è la produzione di un microambiente testicolare alterato, con meccanismi legati a senescenza cellulare e infiammazione che potrebbero contribuire a un maggior rischio di cancro osservato clinicamente in questi pazienti.
“Si tratta di risultati certamente preliminari e ottenuti su pochi campioni di tessuto, ma che sono in accordo con quanto osservato da altri gruppi di ricerca nel mondo e che iniziano a tracciare un quadro più chiaro del fenomeno dell’azoospermia e dell’estensione dell’infertilità maschile – spiega Alfano -. Un fenomeno che emerge, con ogni probabilità, già durante la pubertà o comunque precocemente.”
Il fatto che l’infertilità maschile sia con ogni probabilità dovuta alla mancata o insufficiente maturazione delle cellule del testicolo, ha delle implicazioni che non possiamo trascurare.
Dato che il fenomeno emerge in modo precoce, è chiaro che la finestra d’intervento è notevolmente ridotta: almeno per una percentuale di casi, la totale mancanza o la ridotta presenza di spermatozoi nel plasma seminale si presenta fin da giovani, se non giovanissimi. D’altro canto, questo significa che possiamo diagnosticare la condizione precocemente e costruire un percorso di monitoraggio e prevenzione personalizzata che permetta a questi pazienti di proteggere al meglio la propria salute.
“Esiste purtroppo ancora un tabù culturale, tutto maschile, sulla salute e la prevenzione in ambito urologico e riproduttivo. Spesso e volentieri gli uomini vanno dall’urologo e dall’andrologo solo per problemi di salute impossibili da ignorare o dopo aver tentato, magari per anni, di concepire senza successo – spiega Andrea Salonia -.
La prevenzione in ambito uro-andrologico deve iniziare fin da giovani, come accade per le donne in ambito ginecologico. A maggior ragione vista la crescita nella popolazione di problemi di infertilità e viste le implicazioni più generali per la salute di queste persone.
La consapevolezza è il primo passo per vivere una vita in benessere e per aumentare le possibilità, se e quando si vorrà, di poter avere dei figli”, conclude l’esperto.