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Nuova tecnica computazionale per studiare il processo di infezione del virus SARS-CoV-2

È stato ideato dai ricercatori Tommaso Biagini e Francesco Petrizzelli, membri dell’Unità di Bioinformatica dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza diretta dall’ingegnere Tommaso Mazza, il progetto vincitore del bando emanato dal Consorzio COVID-19 HPC. Attraverso particolari tecniche di calcolo, i ricercatori studieranno il processo di interazione tra la Glicoproteina Spike del virus SARS-CoV-2 e il recettore umano ACE2 durante l’infezione.
«Per usufruire delle preziose risorse computazionali messe a disposizione dal Consorzio – spiega Mazza, che da anni si occupa dello sviluppo di approcci computazionali ad alte prestazioni per studiare le basi molecolari delle malattie genetiche – è stato necessario proporre un progetto innovativo che richiedesse elevate prestazioni di calcolo». Sottoposto ad una rigida selezione da parte di almeno 5 esperti del settore, è attualmente l’unico progetto italiano ad esser stato finanziato, il quinto in tutta Europa.
Nella prima fase di studio, si procederà alla caratterizzazione dei principali amminoacidi di ACE2 e della glicoproteina Spike che mediano la loro interazione. Questo permetterà di identificare possibili bersagli molecolari allo scopo di sviluppare potenziali cure farmacologiche. Si passerà poi ad una fase di “mutazione” degli aminoacidi chiave mediante simulazioni virtuali.

«Il potenziale di questo progetto – continua Mazza – sta nella possibilità di identificare un insieme di amminoacidi critici nel processo di infezione e, quindi, di poter indirizzare esperimenti mirati di laboratorio nella produzione di molecole di ACE2 ad uso clinico e funzionalmente inattive che possano però competere con la molecola endogena nel legame alla proteina Spike e ridurre il complessivo potenziale infettivo». Un ulteriore risvolto potrebbe essere l’interpretazione della funzione di varianti genetiche presenti nella popolazione umana e che potrebbero conferire una diversa risposta al contagio e decorso della malattia.
Grazie alle risorse fornite dal COVID-19 HPC Consortium, il progetto, che utilizzerà diversi approcci computazionali, sarà realizzato utilizzando Frontera, il quinto computer più potente al mondo messo a disposizione dal Texas Advanced Computing Center di Austin. «Esperimenti di questo tipo – conclude Mazza – richiedono anni di studi se condotti su infrastrutture di calcolo tradizionali. Avendo adesso a disposizione uno strumento così potente, potremo concludere tutte le nostre simulazioni e ottenere i primi risultati nell’arco di pochi mesi».

Coordinato dall’azienda IBM e composto dai colossi dell’industria informatica mondiale, da importanti agenzie federali americane e da laboratori scientifici e università, il COVID-19 High Performance Computing Consortium nasce nel mese di marzo 2020 al fine di supportare la ricerca sul COVID-19. Il neo consorzio ha messo a disposizione dei ricercatori i più potenti super-computer del mondo che consentiranno di realizzare studi di bioinformatica allo scopo di migliorare la comprensione dell’epidemiologia e dei meccanismi molecolari e di definire efficaci interventi terapeutici per curare l’infezione da SARS-CoV-2.

Le glicoproteine Spike rivestono interamente la superficie di membrana del coronavirus conferendogli la caratteristica forma a corona. Proprio queste proteine permettono al virus di avviare il processo di infezione nell’organismo. Esse, infatti, si legano ai recettori di membrana cellulare, ed essendo rivestite interamente di zuccheri, non vengono immediatamente riconosciute come nocive e non vengono prontamente contrastate dal sistema immunitario.
ACE2, enzima espresso nei polmoni, nel cuore, nell’intestino e nei reni, si lega facilmente alle glicoproteine Spike e tale legame consente al virus di iniettare nella cellula l’RNA virale permettendo, quindi, l’ingresso nell’organismo del SARS-CoV-2

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