Morte cardiaca improvvisa di origine genetica: è possibile prevenirla con un piccolo intervento chirurgico
La prevenzione della morte cardiaca improvvisa nei pazienti con malattie genetiche è complessa perché, in questa popolazione prevalentemente di bambini e di giovani, è necessario sia prevenire il rischio che preservare la qualità di vita.
A distanza di 24 ore, due giornali prestigiosi come “JACC-EP” ed “European Heart Journal” hanno pubblicato due importanti lavori del gruppo del Professor Peter Schwartz (nella foto), Direttore del Centro per lo Studio e la Cura delle Aritmie Cardiache di Origine Genetica dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano.
Nel primo vengono presentati i risultati ottenuti in 125 pazienti affetti dalla sindrome del QT lungo in 50 anni di interventi di denervazione cardiaca simpatica di sinistra. Tutti gli interventi sono stati eseguiti dagli stessi due chirurghi sia in Italia che nei vari Paesi dove il Prof. Schwartz e il suo chirurgo di fiducia venivano chiamati a operare casi disperati. Questo studio ha dimostrato, con un follow-up estremamente lungo, la grande efficacia di questo intervento chirurgico che viene effettuato in meno di un’ora, senza aprire il torace, spesso mediante chirurgia robotica e con dimissione entro 2-4 giorni. Il secondo, scritto insieme da Schwartz con il Dr. Ackerman responsabile per le aritmie di origine genetica della famosa Mayo Clinic di Rochester, modifica di fatto le linee guida esistenti. Questo perché esprime il parere univoco proveniente dai due centri con la maggiore esperienza al mondo su queste malattie indicante con chiarezza come la denervazione cardiaca simpatica di sinistra sia non solo estremamente efficace, ma riesca anche a garantire una qualità di vita normale e di molto superiore a quella di quei pazienti che troppo spesso ricevono un defibrillatore impiantabile, certamente efficace ma troppo spesso causa gravi complicazioni.
«Uno dei problemi più drammatici», dichiara il Prof. Peter Schwartz, «sia nella sindrome del QT lungo che in una malattia molto simile nota come CPVT, è quello che quando il defibrillatore dà uno shock salvavita – che causa dolore e paura nei pazienti – questo spesso provoca una serie subentrante di aritmie che a loro volta generano nuovi shock elettrici. È una cosa terribile per i genitori dover assistere a queste situazioni».
Il lavoro di Schwartz e Ackerman che insieme hanno fatto fare più di 500 di questi interventi dimostra che la denervazione riduce di oltre il 95% questi shock, con un grande impatto positivo sulla qualità di vita. Cosa possiamo concludere a livello pratico? “Io e Ackerman ovviamente usiamo i defibrillatori, ma molto meno spesso che in altri centri perché siamo convinti che con uso intelligente delle terapie disponibili abbia reso molto piccolo il numero di pazienti che ne hanno davvero bisogno”.
E perché, con queste evidenze di grande efficacia risultanti da 50 anni di esperienza, è ancora di uso molto più comune l’impianto di defibrillatore rispetto alla denervazione? “Vi sono varie ragioni. Una è che molto spesso sono gli elettrofisiologi a vedere questi pazienti e per loro è più semplice pensare ad un defibrillatore che consigliare un intervento chirurgico sui nervi cardiaci, con i quali hanno poca dimestichezza. Un’altra è che con il defibrillatore il medico protegge anche sé stesso, in quanto la percentuale di protezione dalla morte improvvisa con il defibrillatore è più alta che con la denervazione, ma a prezzo di una qualità di vita inferiore. Inoltre mentre in ogni ospedale si può impiantare un defibrillatore, per la denervazione cardiaca, che richiede una specifica e lunga esperienza, vi sono pochi centri per ogni Paese. In Italia ve ne sono due. Quello con la maggiore esperienza in assoluto è il Policlinico di Pavia dove opera il “mio” chirurgo che da sempre collabora con me, Luigi Pugliese. Da qualche anno, da quando il mio allievo Prof. De Ferrari si è spostato a Torino, questi interventi vengono effettuati con ottimi risultati, anche nei bambini piccoli, dal Dr. Francesco Guerrera sia all’ospedale Regina Margherita sia alle Molinette. Questi nuovi dati indicano chiaramente che, nei Centri con la maggiore esperienza al mondo, è ora possibile curare meglio i pazienti con gravi aritmie di origine genetica e proteggerli dalla morte improvvisa dando loro anche una miglior qualità di vita.