Sulla rivista americana “Circulation” è stato pubblicato un importante studio che fa chiarezza sulla prevalenza, le caratteristiche e la prognosi dei pazienti con miocardite associate all’infezione da COVID-19. La ricerca è il frutto della collaborazione di 23 centri tra Europa e Stati Uniti, coordinati dall’Ospedale Universitario di Brescia e dal Cardio Center di Niguarda.

I risultati di questo studio mondiale rivelano che circa 2,4 pazienti ogni 1.000 ricoverati per COVID-19 sviluppano una miocardite.

 “Questo dato è basato su un’analisi che prende in esame oltre 50 mila pazienti ricoverati per COVID-19 – spiega Enrico Ammirati specialista della Cardiologia 2 di Niguarda e primo autore dello studio. La miocardite acuta è un’infiammazione del muscolo cardiaco. Nel caso del COVID-19 è verosimilmente causata da una reazione immunitaria innescata dall’infezione del virus SARS-CoV-2 piuttosto che da un’azione diretta del virus contro il cuore.”

Essenziale per capire il reale legame tra COVID-19 e danno cardiaco è la diagnosi.

“In questa ricerca la diagnosi della miocardite è stata la più accurata possibile – confermano Patrizia Pedrotti, cardiologa specialista di risonanza magnetica cardiaca e Cristina Giannattasio, Direttore della Cardiologia 4 di Niguarda – Si è basata, infatti, sull’esecuzione di risonanza magnetica cardiaca o di biopsia cardiaca”.

Le infiammazioni cardiache da COVID-19 possono essere molto gravi e pericolose. Secondo la ricerca, quasi nel 40% dei casi il quadro clinico è risultato particolarmente grave. Nel 20% i pazienti sono deceduti o hanno avuto necessità di un supporto meccanico al circolo per via delle loro condizioni, questo nonostante si trattasse di una popolazione giovane con un’età mediana di 38 anni.

Sappiamo che esistono anche forme di miocardite insorte a seguito della vaccinazione.“In questi casi meno del 5% dei pazienti ha avuto un decorso grave”- conclude Marco Metra, Direttore della Cardiologia di Brescia e ultimo autore del lavoro.

Oltre a stimare in modo preciso la percentuale di insorgenza e la gravità della malattia, lo studio ha inoltre chiarito per la prima volta che la maggior parte delle miocarditi si sono manifestate in assenza della più “tipica” polmonite causata dal virus. Le persone, però, che sviluppano sia la polmonite che l’infiammazione del cuore hanno una prognosi più critica.

Infine, lo studio conferma che ci sono ancora alcuni aspetti del danno cardiaco non del tutto chiari e che richiedono ulteriori ricerche. I dati delle biopsie, infatti, hanno evidenziato come il profilo infiammatorio sia differente rispetto alle miocarditi classiche. In questo studio il cortisone, un noto immunosoppressore, è stato usato nel 55% dei casi, apparentemente con beneficio, anche se il ruolo di questo farmaco nelle miocarditi acute in generale e nelle miocarditi da COVID-19 nello specifico avrà bisogno di essere approfondito ulteriormente.