La Commissione Europea ha approvato isatuximab in combinazione con carfilzomib e desametasone per il trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato sottoposti ad almeno una precedente terapia. Si tratta della seconda approvazione europea di isatuximab, in combinazione a un regime standard di cura, in meno di 12 mesi.
“Quasi tre quarti dei pazienti trattati nello studio IKEMA con il regime isatuximab hanno raggiunto una riduzione della taglia di malattia ≥90% e quasi un terzo ha conseguito una risposta profonda con malattia non dimostrabile con le tecniche di laboratorio tradizionali”, ha detto Michele Cavo, Direttore dell’Istituto di Ematologia “Seràgnoli” IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna e Principal Investigator dello studio IKEMA in Italia. “Essendo il mieloma una patologia al momento priva di cura nella maggior parte dei pazienti e andando questi incontro a sequenziali ricadute della loro malattia, è importante proseguire con determinazione lo sviluppo di innovative opzioni di trattamento. Questo nuovo regime andrà ad arricchire l’armamentario terapeutico per i pazienti con mieloma multiplo recidivato che potranno quindi beneficiare di questa nuova efficace opzione”.
L’approvazione europea segue di circa un mese quella della Food and Drug Administration statunitense per isatuximab in una simile indicazione. Nel giugno dello scorso anno, invece, Sanofi aveva annunciato l’approvazione in Europa di isatuximab in combinazione con un altro regime standard di cura, quello con pomalidomide e desametasone come trattamento di pazienti adulti con MM recidivato e refrattario che hanno ricevuto almeno due terapie precedenti tra cui lenalidomide e un inibitore del proteasoma, dimostrando una progressione della malattia a seguito dell’ultima terapia.
“Questa approvazione permette ai pazienti affetti da mieloma multiplo in Europa di essere trattati con isatuximab in combinazione con carfilzomib e desametasone, vale a dire con quelli che sono oggi i trattamenti più utilizzati”, ha detto Peter C. Adamson, Global Development Head, Oncology and Pediatric Innovation di Sanofi.“In Europa la combinazione a base di carfilzomib e desametasone rappresenta un attuale standard di cura. I risultati dello studio di fase 3 IKEMA hanno dimostrato che aggiungere isatuximab a questa combinazione riduce il rischio di progressione di malattia o di morte di quasi la metà. Questi risultati sono alla base di questa importante autorizzazione per il trattamento del MM in Europa”.
Questa approvazione si basa sui dati dello studio di fase 3 IKEMA, uno studio clinico randomizzato, multicentrico e in aperto che ha arruolato 302 pazienti con MM recidivato in 69 centri e 16 Paesi. L’endpoint primario dello studio IKEMA era la sopravvivenza libera da progressione. Mentre la PFS mediana, definita come tempo alla progressione della malattia o alla morte, la PFS mediana per i pazienti trattati con isatuximab in combinazione a carfilzomib e desametasone non è stata raggiunta al momento dell’analisi ad interim pianificata. La terapia di combinazione isatuximab ha ridotto il rischio di progressione della malattia o di morte di quasi la metà rispetto al solo Kd standard di cura nei pazienti con MM.
Gli endpoint secondari dello studio IKEMA hanno valutato la profondità della risposta della terapia di combinazione con isatuximab rispetto alla terapia con Kd, compreso il tasso di risposta globale, la risposta completa, la risposta parziale molto buona e la negativizzazione della malattia minima residua. L’ORR è rimasto simile per ogni braccio, ma non è risultato statisticamente significativo. Al momento dell’analisi ad interim, i dati sulla sopravvivenza globale non erano ancora disponibili.
Le reazioni avverse più frequenti sono state reazioni all’infusione, ipertensione, diarrea, infezione del tratto respiratorio superiore, polmonite, affaticamento, dispnea, insonnia, bronchite e mal di schiena. Reazioni avverse gravi si sono verificate in più della metà dei pazienti che hanno ricevuto la terapia di combinazione isatuximab e in percentuale leggermente inferiore nei pazienti che hanno ricevuto Kd.