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Meno analisi necessarie dopo lo svenimento

La sincope, definita come una perdita transitoria di coscienza e comunemente chiamata svenimento, è una condizione molto frequente, si stima che una persona ogni tre ne sia affetta nel corso della propria vita. Tra le sue cause ve ne sono alcune benigne e altre molto gravi come l’embolia polmonare, cioè la presenza di trombi nei vasi polmonari. Questa, se non riconosciuta e trattata, può portare a insufficienza respiratoria e a morte improvvisa in un terzo dei pazienti.
Uno studio coordinato da Giovanni Casazza e Nicola Montano dell’Università degli Studi di Milano, e da Giorgio Costantino della Fondazione Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ha cercato di valutare l’entità del fenomeno embolia polmonare nei pazienti con sincope. La ricerca è stata pubblicata su JAMA Internal Medicine, una delle più prestigiose riviste di medicina interna.
Il lavoro, frutto di un’ampia collaborazione internazionale, si è basato sull’analisi di diversi database amministrativi che raccolgono sistematicamente una serie di informazioni cliniche ed anagrafiche per tutti i pazienti che accedono al Pronto Soccorso o che sono ricoverati in una struttura ospedaliera. Sono stati raccolti dati provenienti dall’Italia, dal Canada e dagli Stati Uniti. Sulla base dei risultati ottenuti è stato osservato che l’embolia polmonare è una causa molto rara di sincope, essendo presente in una percentuale che va dallo 0.06% allo 0.55% dei pazienti a seconda dei contesti e dei sistemi sanitari considerati. Suggeriamo quindi che l’embolia polmonare, pur dovendo essere come sempre presa in considerazione nei pazienti con sincope, non richieda l’esecuzione di costose e invasive indagini diagnostiche su tutti i pazienti giunti in Pronto Soccorso per sincope.
Questo studio fornisce un contributo alla pratica clinica andando nella direzione del “Less is more”, corrente di pensiero che si sta diffondendo sempre più a livello mondiale e che ha l’obiettivo di razionalizzare la pratica clinica evitando di sottoporre il paziente a procedure e trattamenti inutili e potenzialmente dannosi.

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