Gilead Sciences e Galapagos hanno presentato dati recenti che dimostrano l’efficacia e la sicurezza sostenute con filgotinib, un inibitore preferenziale JAK1 sperimentale, orale, una volta al giorno, per il trattamento di colite ulcerosa da moderatamente a gravemente attiva. I dati dello studio di fase 2b / 3 SELECTION randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, hanno mostrato che una percentuale significativamente più alta di pazienti trattati con filgotinib 200 mg, rispetto al placebo, ha raggiunto la remissione clinica alla settimana 10 e ha mantenuto la remissione fino alla settimana 58. Inoltre, un numero significativamente maggiore di pazienti ha raggiunto una remissione libera da corticosteroidi di sei mesi. I risultati completi sono stati presentati oggi al meeting virtuale della United European Gastroenterology Week 2020.

UC è una condizione a lungo termine caratterizzata da infiammazione del rivestimento mucoso del colon e del retto. Una malattia sempre più diffusa, l’UC ha un impatto significativo sulla qualità della vita di oltre 2 milioni di persone in tutto il mondo. Nonostante i trattamenti attuali, molti pazienti sperimentano urgenza fecale, incontinenza, diarrea sanguinolenta ricorrente e la necessità di svuotare frequentemente l’intestino, spesso accompagnata da dolore addominale, scarso sonno e affaticamento.

“Rimane un enorme bisogno di trattamenti che possono ottenere risultati clinici significativi e sostenuti nella colite ulcerosa”, ha detto Laurent Peyrin-Biroulet, Dipartimento di Gastroenterologia dell’Università Lorena in Francia, e presentando il ricercatore dello studio di mantenimento SELECTION. “I risultati di questi studi hanno mostrato che filgotinib ha ridotto il sanguinamento e la frequenza delle feci ottenendo anche la remissione attraverso una serie di misure, tra cui l’endoscopia e l’istologia, in una formulazione orale”.

Lo studio SELECTION ha incluso pazienti naïve ai farmaci biologici, per i quali la precedente terapia convenzionale aveva fallito, così come pazienti con esperienza biologica, una percentuale elevata dei quali non aveva risposto ad almeno due diverse linee di farmaci biologici precedenti. In totale, il 43% dei pazienti nella coorte con esperienza biologica aveva fallito il trattamento sia con un inibitore del TNF che con vedolizumab. Lo studio ha consentito l’arruolamento di pazienti che assumevano steroidi e/o immunomodulatori, tra cui metotrexato, mercaptopurina o azatioprina, come farebbero nella pratica clinica del mondo reale.