Sono le nuove frontiere per la gestione dei tumori, eppure le tecnologie Next generation sequencing, test di profilazione genomica in grado di analizzare l’intero genoma umano, e i Molecular Tumor Board, team interdisciplinari di esperti dedicati all’interpretazione clinica dei nuovi dati disponibili, non sono implementati in modo omogeneo in Italia. Una disparità che potenzialmente mette a rischio le pari opportunità di accesso alle terapie innovative per i pazienti. L’offerta dei servizi è infatti eterogenea. Nei Centri specializzati per terapie oncologiche il sequenziamento di nuova generazione NGS è utilizzato solo nel 50% dei casi. I MTB sono presenti a macchia di leopardo, in 13 Regioni su 19 e con una grande variabilità di modelli organizzativi. Sette i MTB regionali censiti, ma ci sono anche gruppi intraregionali aziendali o di rete. Soprattutto un terzo dei professionisti non ha accesso al team. 

Sono questi i principali risultati emersi dalla Survey nazionale condotta dal Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri nell’ambito del Progetto Oncologia di Precisione, pubblicati sulla rivista internazionale “The Oncologist”. La pubblicazione avviene in coincidenza con l’invio in Conferenza Stato Regioni della bozza di Decreto che istituisce i Molecular Tumor Board e individua i Centri specialistici per l’esecuzione dei test per la profilassi genomica estesa NGS. Risultati che offrono quindi una chiave di lettura per sciogliere i nodi organizzativi.

Complessivamente, hanno partecipato all’indagine condotta dal 10 al 28 febbraio 2022 129 Direttori di Dipartimenti di Oncologia medica di 19 regioni Italiane rappresentativi di oltre il 98,5% della popolazione italiana e di diverse istituzioni, tra cui aziende sanitarie, ospedali pubblici, ospedali universitari pubblici, istituti scientifici di ricerca e professionisti privati. Nelle Aziende che utilizzano il sequenziamento NGS, i laboratori sono collocati nell’81,4% dei casi internamente alla struttura o nella rete regionale. Solo il 18,6% si rivolge a servizi privati. Per quanto riguarda gli aspetti legati al rimborso, la maggior parte degli intervistati non sapeva se la propria Regione avesse definito tariffe specifiche per questo tipo di analisi.

I MTB erano presenti e formalmente decretati, al momento della Survey, in Piemonte, Liguria, Lombardia, FVG, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania e Sicilia. In Puglia era presente ma non ancora formalmente decretato.   Il 43,7% dei professionisti afferma di non aver mai avuto bisogno di segnalare al MTB casi per consulenza e il 32,4% ritiene che l’attuale organizzazione delle MTB nel proprio contesto non soddisfi le proprie esigenze.

Chiedendo ai professionisti quale sia livello più opportuno per l’istituzione di un MTB è emerso che il 38,6% preferirebbe un MTB regionale, il 43,6% ritiene più funzionale un livello intraregionale e il 17,8% considera che la coesistenza di una MTB locale per l’attività clinica di routine e di un MTB regionale di coordinamento possa essere la soluzione migliore.

La registrazione delle attività cliniche dei MTB è fondamentale, tuttavia, il 31,3% degli intervistati ha riportato di non essere a conoscenza dell’esistenza di un database per le discussioni di MTB, il 26,9% ha affermato di non utilizzarne alcuno, il 41,8% ha riportato l’utilizzo di un database in diverse forme per tenere traccia dei dati di discussione MTB.

Dalla Survey è emerso inoltre un orientamento netto a favore di una composizione agile dei MTB, che veda presenti stabilmente alcune figure chiave in numero inferiore rispetto ai primi MTB regionali istituiti che comprendevano molte più figure professionali. Tutti i Direttori hanno concordato con la presenza di un oncologo e la maggioranza la ritiene indispensabile per un MTB la presenza di: biologi molecolari, patologi, genetisti, farmacisti ospedalieri e case manager. Altri professionisti, indicati da meno della metà dei rispondenti, sono: ematologi, bioinformatici, rappresentanti dei pazienti, bioeticisti, infermieri ricercatori, farmacologi, chirurghi, radiologi, infermieri esperti in oncologia, direttori scientifici, epidemiologi, medici legali, direttori medici, direttori sanitari, o altri.

Altro nodo è quello del consenso informato, gestito in modo diverso nelle varie realtà analizzate. Il 53,5% degli oncologi intervistati riferisce che è richiesto un consenso per le analisi molecolari, il 36,6% che non viene richiesto in quanto implicito nel percorso diagnostico-terapeutico e il 9,9% che il consenso ai pazienti è richiesto solo per l’analisi NGS. Una eterogeneità che chiama in causa la necessità di indirizzi chiari da parte del Ministero della Salute per l’acquisizione del consenso dei pazienti nell’effettuare queste indagini.

“I risultati di questa Survey confermano la necessità di un lavoro comune continuo tra i professionisti e le Istituzioni di Governo sui fronti in rapida evoluzione dell’Oncologia medica – afferma Gianpiero Fasola, Direttore Dipartimento ad attività integrata di Oncologia e Direttore SOC di Oncologia presso l’Azienda Ospedaliero Universitario Santa Maria della Misericordia Asu Friuli Centrale – le dinamiche della nostra disciplina sono molto veloci: se non adeguiamo tempestivamente l’organizzazione, corriamo il rischio di non portare a tutti i pazienti i benefici dell’innovazione”.

“Sulla base di questa analisi – dichiara Luigi Cavanna, Presidente del Cipomo – le Istituzioni di Governo possono trarre utili spunti per affinare i provvedimenti e per applicarli nei diversi ambiti. Bisogna tener conto degli elementi essenziali necessari per rendere l’Oncologia di Precisione fruibile a tutti i potenziali destinatari, in modo appropriato e sostenibile. Tra questi: la popolazione e l’estensione geografica, i modelli organizzativi, le esperienze già in corso e le dinamiche di veloce evoluzione delle conoscenze”.