Ha suscitato attenzione internazionale lo studio curato dai ricercatori della Clinica Pediatrica dell’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” che ha dimostrato come nei bambini allergici all’uovo non solo nella maggioranza dei casi non sia necessario eliminare tutti gli alimenti contenenti l’uovo dalla dieta, ma che mantenere un’assunzione regolare di “uovo cotto in matrice di frumento”, ossia le preparazioni culinarie in cui l’uovo viene impastato con la farina di grano e poi cotto ad alta temperatura, come appunto i comuni biscotti all’uovo, faciliti l’attivazione dei meccanismi immunologici alla base dello sviluppo della tolleranza all’uovo.
Lo studio riveste un’importanza fondamentale, considerato che l’allergia alimentare associata a reazioni generalizzate è una patologia pediatrica che comporta un impatto significativo per il bambino e la sua famiglia. Causa, infatti, restrizioni dietetiche, limitazioni alle attività per paura di contatti accidentali con l’alimento in causa, timore di reazioni anafilattiche catastrofiche, condizionando spesso la vita di tutta la famiglia. Anche se la maggioranza dei bambini allergici crescendo acquisisce spontaneamente la tolleranza all’uovo nel corso di alcuni anni, una percentuale minore, ma significativa, continua ad avere reazioni anche in adolescenza e in età adulta.
«Con l’intento di migliorare la qualità di vita a tutte le età accelerando l’acquisizione di tolleranza e cercando di indurre la guarigione anche nei soggetti con le forme più gravi – spiega il dottor Egidio Barbi, direttore della Clinica Pediatrica e co-autore dello studio condotto in primis dalle dottoresse Laura Badina e Irene Berti della Allergologia dell’Istituto supportate dai pediatri in formazione Panontin e Trombetta -, la scienza medica, con il Burlo in prima fila, ha sviluppato da molti anni alcuni protocolli di “desensibilizzazione orale”, che consiste nell’assunzione progressiva di minime quantità dell’alimento offendente poi incrementate gradualmente, con soddisfacenti percentuali di successo. Si tratta, comunque, di una terapia impegnativa per il bambino e la famiglia che richiede un impegno costante nell’assunzione giornaliera dell’alimento e la gestione di possibili reazioni allergiche in corso di trattamento, ma che al momento rappresenta l’unica terapia in grado di modificare la storia naturale dell’allergia alimentare e di ridurre il rischio di reazioni anafilattiche da ingestione inavvertita di alimenti contaminati da piccole quantità di allergene.
Proprio proseguendo nelle filone di ricerca sulla desensibilizzazione orale nell’allergia alimentare, recentemente i ricercatori della Clinica Pediatrica dell’Irccs triestino hanno realizzato uno studio che ha seguito per un quadriennio 86 bambini di età compresa tra i tre e gli otto anni, allergici all’uovo con reazioni sistemiche significative. La ricerca ha dimostrato che senza dover passare da una “desensibilizzazione” con l’uovo fresco come tale si può molto più facilmente inserire nella dieta di questi bambini l’uovo “cotto in matrice di frumento” e già questo semplice intervento migliora la prognosi e la qualità della vita. Lo studio ha anche confermato che l’uovo “cotto in matrice di frumento” è tollerato in un’alta percentuale di bambini allergici all’uovo e può essere da subito introdotto nella dieta senza necessità di passare attraverso protocolli di desensibilizzazione orale. Nei casi invece di reattività allergica anche verso i biscotti all’uovo, la desensibilizzazione con questo tipo di preparazione all’uovo è molto più semplice, gravata da meno effetti collaterali e più gradita ai piccoli, con immediato impatto positivo sulla qualità di vita del bambino e della famiglia. La cosa ancora più importante è che questo intervento sembra avere anche un’importante valenza terapeutica: lo studio ha documentato un miglioramento dei parametri immunologici nei bambini che assumono regolarmente i biscotti all’uovo simile, anche se meno marcato, a quanto si registra nella desensibilizzazione orale con l’uovo puro. Il mantenimento nella dieta del bambino allergico all’uovo dei prodotti contenenti uovo più facili da tollerare e più graditi come i biscotti può quindi aprire la strada a una più rapida acquisizione di tolleranza all’uovo in tutte le possibili preparazioni culinarie. A conferma di ciò, dopo un anno di assunzione regolare di uovo “cotto in matrice di frumento”, tutti gli 86 bambini sono stati sottoposti a un “test di scatenamento” con uovo fresco: in circa il 60% dei bambini il test è risultato negativo e i bambini hanno potuto passare da subito a una dieta senza restrizioni. Un risultato particolarmente significativo se si considera che senza alcun intervento l’acquisizione spontanea di tolleranza all’uovo può essere molto lenta, arrivando anche alla pubertà e costringendo il bambino alla dieta per molti anni.
«Si tratta – afferma ancora Barbi – di una prova concettuale di importante significato clinico, ma, soprattutto, di grande impatto pragmatico sulla qualità di vita di questi pazienti e delle loro famiglie, facilmente applicabile su vasta scala».
Proprio per il suo valore scientifico e l’importanza degli effetti sulla qualità della vita dimostrati dal metodo adottato dalla ricerca del Burlo, la prestigiosa rivista internazionale del Karolinska Institute di Stoccolma “Acta Pediatrica” ha deciso di pubblicare lo studio.
Una pubblicazione che certifica la validità di un lavoro che si inserisce in uno dei principali filoni di ricerca portati avanti dalla Clinica Pediatrica dell’Irccs, che è stato di fatto il primo centro a livello internazionale a proporre l’approccio della desensibilizzazione orale a pazienti con allergia alimentare gravissima. «Venti anni fa – chiarisce Barbi -, con i primi lavori capitanati dal dottor Giorgio Longo, questo approccio era considerato innovativo e altamente sperimentale, poi nel tempo il concetto di indurre la tolleranza in maniera attiva si è fatto sempre più strada, con successivi lavori di altri centri internazionali che lo hanno poi trasformato nel paradigma scientifico e assistenziale vigente. Con questo ultimo passaggio di ricerca, molto concreto e solo apparentemente banale – conclude il direttore della Clinica Pediatrica -, è un po’ come se si chiudesse un cerchio di un percorso iniziato nel 2000».