Alcuni fra i più noti e maneggevoli farmaci antipertensivi e cardioprotettori sono in grado di prevenire la cardiotossicità legata ai trattamenti, radioterapici e chemioterapici, a cui devono sottoporsi le donne con carcinoma mammario. Lo hanno evidenziato i risultati dell’interim analysis condotta nell’ambito dello Studio SAFE, già pubblicato sulla prestigiosa rivista “JAMA Oncology” nel 2021. Protagonista di queste ricerche il team di Radioterapia Oncologica dell’Ospedale Universitario Careggi di Firenze, che anima anche le attività della Fondazione Radioterapia Oncologica, attiva da oltre 30 anni nella promozione della ricerca scientifica e dell’assistenza a favore delle persone trattate con radioterapia.

Il Professor Icro Meattini, Professore Associato di Radioterapia Oncologica dell’Università di Firenze e Consigliere della FRO, ha presentato questi risultati al Breast Symposium che si è tenuto nell’ambito del Congresso ESTRO 2022, a Copenaghen, alla presenza dei massimi esperti di tumore mammario nel panorama europeo. “L’efficacia crescente delle terapie contro il cancro – spiega il Professor Meattini – dà luogo, come auspicato, a un costante aumento dei pazienti lungosopravviventi, rispetto ai quali diviene sempre più importante valutare, e se possibile prevenire, le conseguenze non solo della malattia, ma anche dei trattamenti ricevuti. E la cardiotossicità – che può manifestarsi durante la terapia oppure a distanza di mesi o anche di molti anni – è uno dei principali effetti indesiderati dei trattamenti chemioterapici e radioterapici. L’interim analysis che abbiamo presentato la scorsa settimana al Congresso ESTRO evidenzia che il rischio di tossicità cardiaca, nelle pazienti affette da carcinoma mammario sottoposte a radioterapia e chemioterapia post-operatoria a base di antracicline, può essere ridotto grazie all’impiego di farmaci antiipertensivi e cardioprotettori già ampiamente in uso nella pratica clinica, quali betabloccanti e ACE-inibitori. Questi farmaci – conclude il Professor Meattini – si mostrano in grado di contrastare il rimodellamento cardiaco e la riduzione della funzionalità cardiaca”.

“La missione della FRO – chiarisce il Professor Lorenzo Livi, Ordinario di Radioterapia Oncologica dell’Università di Firenze e Volontario della Fondazione Radioterapia Oncologica – è quella di supportare i pazienti che devono affrontare il percorso di cura con radioterapia, senz’altro nel vasto campo della clinica e dell’assistenza, ma anche attraverso l’attività di ricerca. La tossicità cardiaca è uno dei principali problemi legati alle cure anti-cancro. Eventi ischemici, aritmie, versamento pericardico, ridotta funzione contrattile e cardiomiopatie sono alcuni dei più diffusi rischi, di breve e lungo termine, che possono irrompere nella vita delle persone che hanno affrontato con successo la chemio e la radioterapia. Da questo punto di vista, le evidenze emerse di recente dagli approfondimenti condotti dal nostro gruppo di studio rivestono particolare rilievo clinico, perché il trattamento con antracicline riguarda circa un quinto delle donne trattate per carcinoma mammario e questi chemioterapici possono provocare un danno miocardico irreversibile, poiché legato al danneggiamento diretto dei cardiomiociti, ossia le cellule che rappresentano i ‘mattoncini’ fondamentali della struttura cardiaca. Affrontare questi rischi attraverso l’impiego di farmaci noti e diffusissimi nella pratica clinica, e quindi gestiti agevolmente dagli specialisti, e dal profilo di sicurezza ormai consolidato, può rivelarsi una preziosa arma preventiva. Si tratta – aggiunge il Professor Livi – di acquisizioni di grande valore: non solo per il singolo paziente, ma anche per il sistema nel suo complesso, poiché la popolazione delle persone che hanno superato le malattie oncologiche aumenta di continuo, e quindi è sempre più cruciale che siano persone in buona salute, che non soffrano degli strascichi della chemio e della radioterapia, spesso impiegate congiuntamente. Nel nostro campo – conclude Livi – ridurre le radiazioni somministrate, attraverso tecniche di ipofrazionamento, e gestire gli effetti indesiderati della chemioterapia, ad esempio con l’impiego di betabloccanti e ACE-inibitori, rappresentano strategie congiunte che possono avere un impatto tangibile nella riduzione del rischio di tossicità cardiaca nelle pazienti con tumore della mammella”.