Il Centro di Riabilitazione S. Giorgio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara e il Center for Translational Neurophysiology of Speech and Communication dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Ferrara, hanno avviato un progetto di ricerca sperimentale finalizzato a testare la “realtà virtuale immersiva” come nuovo strumento riabilitativo per il recupero motorio dell’arto superiore in persone con esiti di ictus cerebrovascolare.

La realtà virtuale è una tecnologia che consente, tramite un visore binoculare, di “immergere”, in modo estremamente vivido, una persona in un ambiente virtuale tridimensionale in cui quest’ultima può agire in maniera attiva. L’impiego di tale tecnologia a fini riabilitativi, ancora largamente inesplorato, sta attraendo l’attenzione della comunità scientifica per il suo potenziale nella pratica clinica.

I vantaggi riscontrati sono molteplici, dalla possibilità di proporre esercizi di riabilitazione variegati e collegati a specifiche ambientazioni, dunque meno “noiosi” per i pazienti, a quella di svolgere la riabilitazione da casa propria, contando sul controllo del medico da remoto. Tutto questo consente una maggior comodità per il paziente e, allo stesso tempo, una minore frequentazione dell’ambiente ospedaliero, gettando le basi per future soluzioni alternative alla prestazione “in presenza”. Inoltre, questa nuova tecnologia permette la misurazione in tempo reale della cinematica dei movimenti durante lo svolgimento degli esercizi e la conseguente possibilità di monitorare in maniera quantitativa i progressi.

Questo approccio si discosta da quello più tradizionale – in parte già basato sull’aspetto ludico, anche detto gamification – in quanto, grazie a comuni visori binoculari, consente di calarsi in un ambiente virtuale immersivo in cui il paziente può agire in maniera attiva anziché svolgere esercizi attraverso uno schermo; aumentando così il coinvolgimento ed il trasferimento delleabilità motorie acquisite alla vita di tutti giorni. In particolare, nell’ambito della sperimentazione clinica al S. Anna, è stata ricreata un’ambientazione domestica in cui il paziente è chiamato ad effettuare diversi compiti, progettati a fini riabilitativi ma che, allo stesso tempo, sono basati su gesti della vita quotidiana, mentre il professionista riabilitatore ne monitora i movimenti nello spazio virtuale, attraverso l’uso di un computer. Con la tecnologia sviluppata da IIT il professionista può contemporaneamente vedere il paziente che svolge gli esercizi, parlare con lui, dare feedback, correggerlo e vedere ciò che vede.

Scopo della sperimentazione è verificare come e quanto questo intervento si traduca in un maggior recupero delle funzionalità dell’arto. Inoltre l’elevata diffusione in commercio e il basso costo dell’attuale generazione di visori per la realtà virtuale, permettono di ipotizzare programmi di esercizio specifici da fornire al domicilio del paziente, programmati dallo specialista e pre-impostati a fini terapeutici. Questo aspetto risulta di primaria importanza soprattutto nell’attuale momento storico di emergenza sanitaria. La limitazione all’utilizzo dei servizi sanitari, infatti, ha inevitabilmente portato ad identificare soluzioni alternative alla prestazione “in presenza”.

“Aprire le porte dell’ospedale – mette in evidenza la dott.ssa Sofia Straudi, Investigatore Principale dello studio e Ricercatore Universitario dell’Università di Ferrara afferente all’Unità Operativa di Medicina Riabilitativa – a nuove tecnologie, frutto di prestigiose collaborazioni nazionali e internazionali, è per noi particolarmente sfidante per offrire opportunità di recupero ai pazienti che si affidano a noi per migliorare la loro autonomia e qualità di vita. Crediamo nell’importanza dell’ospedale come fulcro di promozione e sviluppo di nuove conoscenze e collaborazioni in ambito clinico e sanitario. La sperimentazione della realtà virtuale a fini terapeutici si inserisce nella tradizione di costante innovazione che il nostro Centro porta da sempre avanti. Attrezzature avanzate, come ad esempio i dispositivi robotici, sono infatti già strutturalmente inserite tra gli interventi terapeutici impiegati per il trattamento di disabilità di varia natura”.

“La realtà virtuale – afferma il dott. Antonino Casile, ricercatore del centro IIT di Ferrara e coordinatore dello sviluppo del sistema di realtà virtuale immersiva – è una tecnologia ormai matura per il salto da un ambito di ricerca ad un contesto applicativo. Le potenzialità che essa offre sono veramente notevoli specialmente quando viene combinata con altre esperienze. Questo progetto, in particolare, fonde competenze che vanno dalla “computer science” alle neuroscienze ed alla pratica medica. Si tratta di un primo passo verso un’introduzione della realtà virtuale nella pratica clinica e ci auguriamo di proseguire speditamente verso le tappe successive”.

 “La ricerca di soluzioni innovative – commenta il Direttore Generale del S. Anna, dott.ssa Paola Bardasi – che si sostituiscano alla prestazione sanitaria in presenza, è un aspetto importante della flessibilità organizzativa che le nostre strutture ospedaliere hanno acquisito durante la pandemia e che non dobbiamo perdere, anzi, potenziare con le progettualità del PINRR. L’esempio che oggi vediamo al Centro riabilitativo di S. Giorgio si muove in questo contesto; la ricerca poi è in grado di tenere elevata l’attenzione su questi aspetti ed offrire ai pazienti, per patologie cliniche severe, supporti e cure efficaci a domicilio, garantendo la cura e migliore qualità di vita. I ricercatori ed i Principal Investigator della nostra Azienda ospedaliera universitaria, nel 2020, hanno attivato oltre 200 studi e ricerche, in incremento anche rispetto al 2019”.

“Nel corso dell’ultimo decennio – afferma la dott.ssa Susanna Lavezzi, Direttore dell’Unità Operativa di Gravi Cerebrolesioni, Centro Hub Regionale rete GRACER – sono state acquisite nuove conoscenze in ambito riabilitativo e l’utilizzo della realtà virtuale rappresenta una delle strategie più promettenti. Per questo motivo sono molto lieta di poter proporre questo studio ai miei pazienti affetti da ictus cerebrale, con difficoltà di movimento all’arto superiore. Questo progetto è un’ulteriore dimostrazione della volontà di ricercare il massimo recupero delle menomazioni dei pazienti incentivando il loro empowerment.”