La schizofrenia, l’interpretazione in chiave neurobiologica e psicodinamica dei suoi sintomi rappresentano al giorno d’oggi una delle sfide più avvincenti nel vasto capitolo delle neuroscienze, tanto più che, essendo questa patologia di esclusivo appannaggio dell’uomo, non è stato possibile portare a termine degli studi mediante modelli animali.

In questo articolo ci occuperemo dei disturbi delle percezioni, che sono tra gli elementi psicopatologici più distintivi della schizofrenia. Il “sentire le voci” è nell’immaginario collettivo sinonimo di follia e di alienazione, e considerato dalle persone dotate di maggiore dimestichezza letteraria o professionale con i disturbi psichiatrici possibile indizio rivelatore di psicosi schizofrenica. Ovviamente, la definizione di “voci” merita una caratterizzazione più precisa sotto il profilo psicopatologico e patogenetico.

Secondo Karl Jaspers, le illusioni derivano dalla trasformazione di percezioni reali; ne sono esempio, nel caso delle illusioni affettive, quelle situazioni in cui, preoccupati e smarriti nella semioscurità di un bosco, scambiamo un tronco d’albero per una figura umana. Quando parliamo di allucinazioni, invece, il punto di partenza non è una percezione vera (come, nell’esempio precedente, un albero), e proprio in questo sta la drammaticità del disturbo: è solamente il soggetto – e non le persone che sono con lui – a percepire immagini, suoni, voci, odori, che pertanto non hanno alcun corrispettivo con la realtà oggettuale. Una menzione meritano le allucinazioni funzionali, nell’esempio in cui il malato sente le voci quando l’acqua scorre dal rubinetto, ma quando il rubinetto viene chiuso non le sente più. Come è facile intuire, le voci non sono altro che allucinazioni uditive; in un trattato di psicopatologia si troverà disquisito anche sulle allucinazioni riguardanti gli altri canali sensoriali (allucinazioni visive, olfattive, etc.), ed apparirà chiaro che esse non sono proprie solamente della schizofrenia, ma ad esempio anche di altri disturbi organici cerebrali (epilessia, tumori cerebrali, encefalopatie alcoliche, disturbi da abuso alcolico e di sostanze). Tuttavia, dovendo soffermarci proprio su questa patologia, si dirà che, davanti al malato schizofrenico, il clinico può avere l’impressione di una patologia caratterizzata da una disinibizione sensoriale; in altri termini, è come se le vie o i centri nervosi che veicolano o processano le informazioni provenienti dai sensi funzionassero in eccesso, o fossero prive dei necessari meccanismi di regolazione; è proprio su quest’ultimo punto che si sono basate alcune teorie volte a spiegare la patogenesi delle allucinazioni nelle psicosi schizofreniche.

Il lobo limbico, presente anche in animali filogeneticamente meno evoluti dell’uomo, ha la funzione di regolare la vita istintuale e le funzioni mnestiche correlate al comportamento. Da studi di anatomia funzionale sono emerse, nella schizofrenia, anomalie a carico di una particolare formazione anatomica del lobo limbico chiamata ippocampo. L’ippocampo avrebbe un ruolo importante nella decodifica “emotiva” degli input sensoriali; il colore rosso, ad esempio, può essere associato a un vissuto di paura, o una particolare percezione uditiva può essere associata a una visiva derivante da un’esperienza pregressa. In altri termini, l’ippocampo non ha funzioni discriminative tra le varie modalità sensoriali, che invece spettano alla corteccia filogeneticamente più recente, ma solamente associative di modalità affettive, mnestiche ed emotive. Inoltre, gli input sensoriali processati dall’ippocampo avrebbero talora il carattere delle sinestesie, ossia del coinvolgimento contemporaneo di più canali sensoriali. Quest’ultimo punto assume importanza fondamentale nell’ipotesi accreditata del malfunzionamento dell’ippocampo, come filtro delle percezioni; si pensi all’esempio delle allucinazioni funzionali, in cui il malato sente le voci all’apertura del rubinetto: sarebbe in questo caso il rumore dello scorrere dell’acqua a scatenare le allucinazioni uditive, come intrusione di un percepito senza alcun corrispettivo con il reale, a causa di una cattiva mediazione funzionale dell’ippocampo.

L’ipotesi dell’errore dell’ippocampo nella separazione di input sensoriali veri da input falsi trova conferma e supporto nelle teorie psicodinamiche che indicano nella simbiosi, per mancata separazione del bambino dalla mamma e del bambino dall’ambiente esterno, la causa scatenante della schizofrenia.  

(Aldo Nocchiero)