È il farmaco più usato nel mondo per il trattamento del diabete di tipo 2 e ha da poco compiuto 60 anni. Ma lungi dal non avere più segreti per la scienza, di giorno in giorno emergono nuovi aspetti del funzionamento della metformina. È inoltre certo che questo farmaco, terapia di prima linea per il diabete di tipo 2, conferisce una solida protezione contro una serie di patologie renali, cardiovascolari, neurologiche e addirittura tumorali.

Una delle ultime scoperte scientifiche relative alla metformina, oggetto di una puntuale revisione pubblicata su “Diabetes Care” a firma di scienziati di tre università italiane, tra le quali l’Università Cattolica è il ruolo del lattato, prodotto su input della metformina.

“Questa sostanza – spiega Andrea Giaccari (nella foto), professore associato di Endocrinologia, Università Cattolica campus di Roma e Responsabile del Centro per le Malattie Endocrine e Metaboliche, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – è la stessa che si accumula nei muscoli e li indolenzisce dopo una seduta di allenamento, considerata un tempo solo prodotto di scarto, rappresenta al contrario una preziosa fonte di energia, un ‘carburante’ immediatamente utilizzabile dai tessuti. L’ipotesi, suffragata da molti esperimenti, è che la metformina permetta ad alcuni tessuti di trasformare il glucosio in acido lattico, che viene sfruttato come fonte di energia ‘alternativa’ e rapidamente utilizzabile. In questo senso, la produzione di lattato indotta dalla metformina, potrebbe rappresentare un meccanismo di protezione per il funzionamento di cuore, reni, cervello e addirittura contribuire alla sua attività ‘anti-neoplastica’. Il glucosio come carburante deve essere elaborato per poter essere pienamente utilizzato dalle cellule, mentre al contrario il lattato è un carburante pronto per essere bruciato. È un po’ la differenza tra cucinare sulla brace (bisogna procurare la legna, attendere che prenda fuoco e ottenere la brace) e un fornello a gas, che si accende immediatamente”.

Il modesto aumento di lattato indotto dalla metformina, consente dunque di fornire un adeguato apporto calorico ai tessuti in sofferenza, soprattutto per una condizione di diabete.

L’altro vantaggio è che la metformina è un farmaco ultra-collaudato, con il quale ogni medico ha dimestichezza. “Purtroppo – riflette il professor Giaccari – questo è anche il suo limite: trattandosi di una molecola ‘vintage’ si fa poca ricerca sui suoi meccanismi d’azione sia nel trattamento del diabete, che in tutte le condizioni nelle quali sono presenti insulino-resistenza o elevati livelli di insulina”. Una tendenza che si sta invertendo solo negli ultimi anni, con l’uscita di numerose evidenze scientifiche che hanno completamente rinnovato le conoscenze su questo vecchio farmaco. “Ad esempio – prosegue il professor Giaccari- è stato sfatato il mito che la metformina possa essere dannosa per il rene. È solo in caso di grave insufficienza renale che la metformina può diventare pericolosa; in tutti gli altri pazienti, questo farmaco svolge un effetto protettivo, anche sul rene. Inoltre, è in grado di ridurre le complicanze cardiovascolari, e questo sia in chi ha appena sviluppato il diabete, sia in chi ha una lunga storia di malattia. La metformina è insomma un farmaco che deve accompagnare per tutta la vita la terapia del diabete di tipo2; un ottimo ‘partner’ per qualunque altro farmaco anti-diabete”.