Ipsen ha presentato, in occasione del congresso dell’Associazione Europea per lo Studio del Fegato, nuovi dati late-breaking che dimostrano l’efficacia a lungo termine di elafibranor nella gestione della progressione di malattia in pazienti con colangite biliare primitiva dopo 78 settimane di trattamento. Nel periodo variabile in doppio cieco dello studio di Fase III ELATIVE sulla PBC, è stato anche dimostrato il potenziale di elafibranor nel migliorare la qualità di vita correlata al prurito, misurata in riferimento al dominio del prurito nel questionario PBC-40 e nel questionario 5-D. Elafibranor è una molecola innovativa, agonista del recettore PPAR, con il potenziale di essere il primo di una nuova classe di farmaci. Al momento la molecola è in fase di revisione da parte della Food and Drug Administration statunitense, dell’Agenzia Europea per i Medicinali e dell’Autorità regolatoria per i Medicinali e i Prodotti Sanitari del Regno Unito.

I dati presentati al Congresso EASL per i pazienti sottoposti a visita in doppio cieco alla settimana 78 hanno dimostrato che l’efficacia di elafibranor si è mantenuta dopo 78 settimane di trattamento, con il 70% dei pazienti trattati che hanno raggiunto l’endpoint composito della risposta biochimica rispetto allo 0% registrato tra i trattati con placebo. La risposta biochimica è stata definita come fosfatasi alcalina <1,67 x limite superiore della norma, una diminuzione dell’ALP ≥ 15% e bilirubina totale ≤ ULN. L’ALP e la bilirubina sono importanti predittori della progressione della PBC. Una riduzione dei livelli di entrambi può indicare una riduzione del danno epatico e un miglioramento della funzionalità epatica. La normalizzazione dell’ALP per i pazienti trattati con elafibranor si è mantenuta fino alla settimana 78, così come per altri importanti biomarcatori di danno epatico come la bilirubina totale e la gamma-glutamil transferasi.

“La comunità scientifica è molto felice di questi risultati che offriranno nuove prospettive e qualità di vita ai pazienti italiani – ha affermato il Prof. Pietro Invernizzi, Professore dell’Università di Milano-Bicocca e Responsabile del Centro per le Malattie Autoimmuni del Fegato dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza – Inoltre, la disponibilità di un registro cui stanno contribuendo numerosi centri epatologici del nostro Paese consentirà una gestione sempre più adeguata e a misura di paziente”.

Sono stati inoltre presentati nuovi dati dello studio ELATIVE sugli esiti riferiti dai pazienti alla settimana 52, che hanno dimostrato il potenziale effetto benefico di elafibranor sulla qualità di vita correlata al prurito, compresi gli effetti positivi sul sonno e sul functioning. Il trattamento con elafibranor ha portato ad una elevata riduzione del punteggio del questionario 5D Itch, che si articola in cinque dimensioni, rispetto al placebo. Con elafibranor è stata anche osservata una riduzione clinicamente significativa rispetto al placebo nel dominio del prurito del questionario PBC-40, con una percentuale più elevata di pazienti trattati con elafibranor, rispetto al placebo, che ha riscontrato un miglioramento dei parametri della qualità di vita correlata al prurito che includono: misure della gravità del prurito, i disturbi del sonno e l’impatto emotivo del prurito. Nel parametro relativo alla durata del prurito nella scala 5-D, il 58% dei pazienti trattati con elafibranor ha riportato una riduzione del prurito alla settimana 52, rispetto al 27% con il placebo. Inoltre, l’80% dei pazienti trattati con elafibranor ha mostrato un miglioramento fino a non avere disturbi del sonno o solo ritardi occasionali, rispetto al 30% con il placebo. I miglioramenti nei questionari 5-D e PBC-40 mettono in evidenza il potenziale di elafibranor nel ridurre sia la gravità dei sintomi della PBC sia il loro impatto sulla qualità di vita.

“Questi dati sono importanti perché confermano nel medio-lungo termine i risultati positivi già dimostrati dal farmaco, aggiungendo nuovi chiari segnali a favore di un vantaggio anche nella gestione del prurito tipico della malattia” ha dichiarato il Prof. Umberto Vespasiani Gentilucci, Università Campus Bio-Medico di Roma Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma.

La PBC è una malattia epatica colestatica autoimmune, rara e progressiva, nella quale l’organismo attacca e distrugge gradualmente i piccoli dotti biliari del fegato. Se non trattata, la bile e le tossine possono accumularsi e causare cicatrici nel fegato, portando anche all’insufficienza epatica. I sintomi della PBC, tra cui fatigue e prurito, possono incidere in modo significativo sulla qualità di vita. Tuttavia, anche se alcune persone che vivono con la PBC non presentano sintomi, il rischio di progressione della malattia e di danni al fegato persiste, pertanto è essenziale intervenire con una gestione attiva della malattia.8

“La colangite biliare primitiva è una malattia rara e progressiva con un grave impatto sulla qualità di vita delle persone che ne sono colpite a causa dell’importante fatigue e del prurito – ha affermato Ivan Gardini, Presidente di EpaC, l’associazione italiana di pazienti con epatiti e malattie del fegato – Poter contare su nuove opzioni terapeutiche e su un’informazione sempre più chiara e capillare sulla malattia sono elementi fondamentali per poter intervenire in modo rapido e offrire di conseguenza una migliore qualità di vita ai pazienti”.

“Siamo molto incoraggiati dai risultati dello studio ELATIVE – afferma Davide Salvioni, Presidente AMAF onlus – Questi dati dimostrano che elafibranor  ha il potenziale per essere un trattamento efficace a lungo termine per la PBC, in grado di migliorare non solo i biomarcatori di malattia, ma anche la qualità della vita dei pazienti riducendo il prurito. Questo ci fa sperare di poter avere come alleato un farmaco in grado di contrastare la progressione della patologia. Attendiamo quindi con impazienza l’approvazione di elafibranor per questa importante indicazione”.

In aggiunta, Ipsen ha presentato al Congresso EASL nuovi dati sul suo portfolio terapeutico in costante crescita nell’ambito delle malattie colestatiche rare, compresi nuovi dati sul trattamento della Colestasi Intraepatica Familiare Progressiva e della sindrome di Alagille.