Dopo due anni di lavoro il Ministero della Salute pubblica il documento ‘Percorsi di adozione della In Silico Medicine in Italia’, un importante passo avanti che sancisce la validità e l’efficacia delle metodologie in silico in ambito healthcare, con l’intento di accelerarne l’impiego da parte del Sistema Sanitario Nazionale.
Nel gruppo di lavoro che ha sviluppato questo documento, oltre a stimati ricercatori tra i quali il Prof. Marco Viceconti dell’Università di Bologna, c’è anche Luca Emili, imprenditore e CEO della tech company InSilicoTrials, che punta a innovare il settore life sciences, forte di consolidati rapporti con l’americana FDA e l’europea EMA.
Così come lo studio su organismi viventi è detto in vivo e quello in colture cellulari è detto in vitro, per analogia il termine in silico descrive la modellizzazione, la simulazione e la visualizzazione di processi biologici e terapeutici nei computer, facendo riferimento al silicio impiegato nei microprocessori.
La medicina in silico si avvale di queste tecnologie per creare modelli computerizzati allo scopo di predire un’enorme quantità di dati difficilmente misurabili nel singolo paziente, consentendo al medico di assumere la migliore decisione possibile o per assicurare la sicurezza e l’efficacia dei nuovi trattamenti medici, riducendo l’impiego della sperimentazione animale e umana.
Il documento pubblicato dal Consiglio Superiore di Sanità riconosce in queste tecnologie la possibilità di una innovazione dirompente, con vantaggi in termini di qualità delle cure ma anche economici: le sole tecnologie digital twin potrebbero consentire risparmi di oltre il 30% sul costo dei percorsi della medicina avanzata, mentre le tecnologie di sperimentazione in silico trials potrebbero ridurre il costo di sviluppo e la valutazione regolatoria mediamente di 150 milioni di euro per un nuovo farmaco.
Queste opportunità possono essere colte a patto che ci si impegni a creare le condizioni per una rapida adozione delle tecnologie in silico. Il documento pubblicato dal CSS analizza le attuali barriere all’impiego, oltre ad elencare le raccomandazioni e i passi che gli esperti ritengono necessari per avviare questo percorso, tra cui: la creazione di infrastrutture adeguate ad esempio per il calcolo ad alte prestazioni; lo sviluppo di collaborazioni pubblico-private competitive attorno alle tecnologie in silico; la possibilità di uso secondario per scopi di ricerca e innovazione dei dati clinici in formato digitale, nel rispetto delle leggi su privacy e proprietà del dato sanitario.
“La recente pandemia ha dimostrato come i metodi in silico possano accelerare lo sviluppo di nuovi farmaci, e personalizzare i processi terapeutici. Dobbiamo accelerare l’adozione di queste tecnologie, lavorando per abbassare tutte le barriere che rallentano questo processo. Progetti come In Silico World hanno esattamente questa missione”, illustra il Prof. Marco Viceconti, coordinatore del gruppo di Medicina In Silico dell’Università di Bologna, co-autore del documento del CSS, e coordinatore del progetto UE In Silico World.
“Far parte del gruppo di lavoro del CSS sulla medicina in silico è stata un’esperienza estremamente produttiva. Il Modeling & Simulation rappresenta oggi la migliore risposta alla necessità impellente di innovare il settore healthcare, assicurando un maggior numero di cure efficaci, riducendo drasticamente tempi e costi di sviluppo dei farmaci, e velocizzando i clinical trial grazie all’impiego di pazienti virtuali”, afferma Luca Emili, CEO e fondatore di InSilicoTrials, startup che partecipa attualmente a ben cinque progetti finanziati dall’Unione Europea: In Silico World, SimCardioTest, Brainteaser, TranSys e Disc4All.