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Inquinamento da metalli pesanti: se il piombo è nell’aria e negli smartphone, finirà anche nelle nostre ossa?

Pensare al piombo in relazione a vernici e tubi è una associazione piuttosto riduttiva se si considera che la produzione di questo metallo pesante ha una ricca e lunga storia iniziata millenni fa, come documentano numerosi studi geochimici e archeo-metallurgici condotti negli ultimi decenni: la produzione di monete ha dato una grande spinta alla produzione di piombo 2.500 anni fa, raggiungendo il suo picco in epoca romana, per poi diminuire nel Medioevo. A partire da 1.000 anni fa, la produzione di piombo è di nuovo aumentata, congiuntamente all’estrazione dell’argento in Germania e poi nel Nuovo Mondo e, in seguito, per soddisfare le necessità della rivoluzione industriale. Ma qual è l’impatto generato dall’industrializzazione e dall’inquinamento da metalli sul corpo umano?

Per rispondere a questa domanda, in uno studio pubblicato sulla rivista “Environmental Science and Technology”, che ha visto la partecipazione, fra gli altri, di Alfredo Coppa del Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza di Roma, sono stati analizzati i resti umani di 132 individui vissuti in epoca preistorica in diverse necropoli del Centro Italia allo scopo di rilevare le variazioni nel tempo dei tassi di produzione di piombo e del rischio di esposizione dell’essere umano a questo metallo. 

Nello specifico i ricercatori hanno analizzato la concentrazione di 24 elementi, tra cui il piombo, in frammenti ossei appartenenti a individui vissuti a Roma e in aree limitrofe, a partire da 12.000 anni fa e fino al XVII secolo, dimostrando come la concentrazione di piombo nelle ossa e nei denti rifletta i cambiamenti storici nella produzione di questo metallo: a una maggiore concentrazione, riscontrata negli ultimi millenni, corrisponde infatti un incremento generale della sua produzione. 

“Questa documentazione dell’inquinamento da piombo nel corso del tempo indica che gran parte della dinamica stimata nella produzione, è replicata negli esseri umani che vivono in quell’area – spiega Alfredo Coppa della Sapienza. “L’inquinamento da piombo negli esseri umani ha seguito da vicino, quindi, i tassi della sua produzione. Più piombo viene prodotto, più è probabile che i corpi umani lo assorbano, con un effetto altamente tossico”. 

Se le persone più a rischio sono quelle con una maggiore esposizione professionale al piombo, come i minatori e dipendenti degli impianti di riciclaggio, questo metallo in realtà può essere rintracciato sotto altre forme, nella vita quotidiana di tutti. “Qualsiasi uso esteso dei metalli – aggiunge Coppa – dovrebbe andare di pari passo con l’igiene industriale, idealmente con un riciclaggio sicuro dei metalli e una maggiore considerazione ambientale e tossicologica nella selezione dei metalli per uso industriale” 

Si è evidenziato, infatti, che con l’incremento della produzione mondiale di piombo sono aumentati anche i suoi tassi di assorbimento riscontrati nelle persone che vivevano in quei periodi storici, anche se non direttamente coinvolte nella produzione di questo metallo, ma che respiravano semplicemente l’aria contaminata.

Diversi studi hanno dimostrato che l’esposizione al piombo tossico nelle persone, specialmente nei bambini, avviene attraverso la dieta, l’inquinamento dell’aria e la risospensione del suolo urbano, tra gli altri. C’è da considerare poi anche una crescente domanda di metalli nella produzione di batterie, pannelli solari, turbine eoliche e altri dispositivi elettronici.

La stretta relazione tra i tassi di produzione di piombo e le concentrazioni di piombo negli esseri umani in passato, suggerisce che senza una regolamentazione adeguata continueremo a sperimentare gli impatti dannosi sulla salute della contaminazione da metalli tossici.

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