Il Centro per i servizi sanitari di viale Verona a Trento sud si arricchisce di nuovi ambulatori: spazi che ospiteranno i medici di medicina generale dell’Aggregazione funzionale territoriale Trento sud, un presidio sanitario dove i medici saranno presenti per 12 ore per cinque giorni alla settimana e si potrà usufruire di diversi servizi e professionisti, come l’infermiere di comunità o gli specialisti che già lavorano al Css. L’assessore alla salute, politiche sociali e sport Luca Zeni e il direttore generale dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari Paolo Bordon, accompagnati dal direttore del Servizio territoriale Arrigo Andrenacci e dal direttore dell’Area cure primarie Simona Sforzin, hanno presentato questa mattina alla stampa gli otto nuovi ambulatori allestiti al terzo piano della palazzina B del Centro per i servizi sanitari di viale Verona dove lavoreranno i 12 medici che hanno aderito all’Aft Trento sud.
Il Css rappresenta un contesto favorevole per l’aggregazione dei Medici di medicina generale perché è già un punto di riferimento sanitario per la città di Trento, dove già sono operativi il punto prelievi, le autorizzazioni sanitarie, gli ambulatori specialistici e di fisioterapia. La nuova area destinata all’Aft Trento sud amplia quindi i servizi a disposizione dei cittadini e in particolare dei malati cronici. I Medici di medicina generale che hanno aderito all’aggregazione funzionale territoriale stanno progettando in maniera condivisa le attività, sia da un punto di vista logistico, sia dal punto di vista organizzativo. L’attività entrerà a regime tra un paio di mesi e coprirà un bacino di utenza di circa 18mila persone. I lavori di ristrutturazione hanno comportato una spesa di circa 55mila euro e hanno riguardato un’area di 280 mq.
L’Aggregazione funzionale territoriale è un modello organizzativo innovativo della Medicina generale finalizzato a garantire il raccordo tra i medici che operano nell’ambito territoriale di riferimento per la continuità delle cure, la condivisione dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) e delle linee guida e l’integrazione con gli altri servizi sanitari che operano sul territorio. L’Aft era già prevista nell’Accordo collettivo nazionale della medicina generale del 2009: in questo caso è stata progettata come modello strutturale dove i medici di un ambito territoriale operano su un’unica sede per garantire un’ampia fascia oraria di apertura degli ambulatori, l’interscambiabilità delle informazioni cliniche riferite agli utenti in carico, nonché la possibilità per gli assistiti – in caso di situazioni cliniche non differibili – di accedere a un altro medico presente in ambulatorio in caso di assenza del proprio. Viene comunque sempre mantenuto il rapporto di fiducia medico paziente che rappresenta un valore aggiunto della medicina generale.
Lo sviluppo di aggregazioni territoriali, sia funzionali sia strutturali – con la condivisione della stessa sede – risulta ad oggi strategico per la programmazione sanitaria provinciale. La collaborazione dei medici e di altri professionisti in spazi condivisi permette al cittadino di riconoscere maggiormente l’identità pubblica del sistema curante e permette ai medici attraverso un approccio proattivo favorito dalla collaborazione con l’infermiere di comunità, di raggiungere la popolazione che non accede spontaneamente dal medico se non quando il problema si manifesta in tutta la sua evidenza. In questo senso si parla di medicina di iniziativa, che ribalta la logica della medicina di attesa per intercettare precocemente una situazione di rischio e prenderla in carico il prima possibile. Le aggregazioni tra medici consentono anche un alleggerimento del carico burocratico, attraverso la condivisione del personale amministrativo e sanitario non medico. Tutto ciò garantendo sempre ai cittadini adeguati livelli di offerta dei servizi sanitari nelle zone periferiche e isolate.
«La centralizzazione degli ambulatori dei medici afferenti all’Aft – ha dichiarato il direttore del Servizio territoriale di Apss Arrigo Andrenacci – non inciderà comunque sull’offerta finora assicurata agli assistiti con gli ambulatori periferici che saranno mantenuti in funzione dei bisogni assistenziali dell’utenza servita. I cambiamenti demografici, con l’invecchiamento della popolazione, ed epidemiologici, con il prevalere della patologie croniche, ci impongono necessariamente alcuni elementi di riflessione per orientare, in collaborazione con i medici stessi, il processo riorganizzativo della medicina generale».
Simona Sforzin, direttore dell’Area cure primarie, ha illustrato nel dettaglio gli aspetti tecnici delle future attività dell’Aft Trento sud evidenziando la necessità di andare verso un «modello organizzativo capace di affrontare le sfide della cronicità». Sforzin si è soffermata poi sul «nuovo modello dello cure primarie orientato sempre di più alla medicina di iniziativa, capace individuare i bisogni assistenziali e i fattori di rischio per la salute prima che si manifestino come domanda e capace quindi di erogare al momento giusto prestazioni giuste».
Il direttore generale di Apss Paolo Bordon ha evidenziato come il modello aggregativo sia nato dal basso «con il coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei professionisti dell’Azienda sanitaria. Questo dell’Aft Trento sud è un test importantissimo che andrà finalizzato nei prossimi mesi, con la speranza di poter esportare questo modello in altri contesti urbani, così come speriamo di poter procedere con le aggregazioni territoriali come quella di Pinzolo in altre valli e aree periferiche. Il modello aggregato è un modello vincente – ha concluso Bordon – che offre maggiori opportunità ai cittadini in termini di servizi erogati, grazie anche all’integrazione tra professionalità diverse, dallo specialista all’infermiere di comunità».
«Le aggregazioni territoriali dei medici di medicina generale – ha sottolineato l’assessore alla salute, politiche sociali e sport Luca Zeni – aggiornano le modalità di risposta ai bisogni di salute della popolazione, offrono maggiori opportunità ai pazienti e salvaguardano gli standard d’erogazione dei servizi anche nelle realtà territoriali. Il mondo sta cambiando e con l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle cronicità i vecchi modelli organizzativi non rispondono più ai rinnovati bisogni di salute dei cittadini. Occorre andare in una nuova direzione: concentrare da un lato alcune specialità più complesse e dall’altro garantire sempre più servizi territoriali ai cittadini, attraverso nuove modalità organizzative e nuove professionalità, dalle strutture delle cure intermedie post operazione acuta, agli infermieri di comunità, alle aggregazioni di medicina generale».