Impatto dell’epidemia di Covid-19 sulla mortalità totale
Il quarto Rapporto prodotto congiuntamente dall’Istituto nazionale di statistica e dall’Istituto Superiore di Sanità presenta un’analisi della mortalità nel periodo gennaio-novembre 2020 per il complesso dei casi e per il sottoinsieme dei soggetti positivi al Covid-19 deceduti; fa inoltre il punto sulle principali caratteristiche dell’epidemia e i loro effetti sulla mortalità totale, distinguendo tra la prima e la seconda ondata epidemica. Contestualmente vengono diffusi dall’Istat i dati sui decessi giornalieri per tutti i comuni nel corso dei primi dieci mesi del 2020. La base dati di mortalità giornaliera, che l’Istat ha reso disponibile per il monitoraggio tempestivo dei decessi, è consolidata a distanza di 45 giorni rispetto alla data di evento mediante l’integrazione delle notifiche di cancellazione per decesso di fonte anagrafica con i dati sui deceduti risultanti all’Anagrafe tributaria. Nel Report si fornisce inoltre una stima anticipatoria a livello provinciale, a soli 15 giorni di ritardo data, relativamente ai decessi per il complesso delle cause avvenuti del mese di novembre 2020. L’Istituto Superiore di Sanità ha il compito di coordinare la Sorveglianza Nazionale integrata Covid-19, attraverso l’ordinanza 640 della Presidenza del Consiglio dei Ministri –Dipartimento della Protezione Civile del 27/2/2020. La sorveglianza raccoglie i dati individuali dei soggetti positivi al Covid-19, in particolare quelli anagrafici, il luogo di domicilio e residenza, alcuni dati di laboratorio, informazioni sul ricovero e sullo stato clinico, nonché sulla presenza di alcuni fattori di rischio e sull’esito finale. I dati, relativi a tutti i casi di Covid-19 diagnosticati microbiologicamente provenienti dai laboratori di riferimento regionali, vengono raccolti dalle Regioni/Province Autonome attraverso una piattaforma web dedicata e sono aggiornati quotidianamente da ciascuna Regione. I dati commentati nel Rapporto sono in continua fase di perfezionamento. La scelta di assumere come riferimento il periodo gennaio-novembre 2020 consente di effettuare l’analisi dell’impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente su una base dati il più possibile consolidata.
Tra il mese di febbraio e il 30 novembre 2020 sono stati diagnosticati dai Laboratori di Riferimento regionale 1.651.229 di casi positivi di Covid-19, riportati al Sistema Nazionale di Sorveglianza Integrata dell’ISS entro il 20 dicembre 2020.
Lo scenario di diffusione epidemica può essere sintetizzato in tre fasi. La prima fase compresa nel periodo da febbraio alla fine di maggio 2020 si è caratterizzataper una rapidissima diffusione dei casi e dei decessi e per una forte concentrazione territoriale prevalentemente nel Nord del Paese. Nella stagione estiva, da giugno a metà settembre, la diffusione è stata inizialmente molto contenuta, ma alla fine di settembre si sono identificati focolai sempre più numerosi in tutto il Paese. A partire dalla fine di settembre 2020 i casi sono di nuovo aumentati rapidamente con un ritmo esponenziale su gran parte del Paese e solo da metà novembre si è osservatoun calo dell’incidenza.
Nella seconda ondata resta invariata la prevalenza della componente femminile, ma diminuisce la classe di età mediana dei casi: 45-49 anni rispetto a 60-64 anni della prima ondata. Cala, in percentuale, il dato dei contagi registrato nella popolazione molto anziana che passa da 26% nella prima ondata a 8% nella seconda. Tale diminuzione è verosimilmente in gran parte dovutaall’aumentata capacità diagnostica tra le classi di età più giovani e nelle persone con sintomi meno severi.
Nel periodo tra febbraio e novembre 2020 si sono registrati 57.647 decessi avvenuti in persone positive al Covid-19, nel cui ambito è rimasta pressoché invariata la percentuale di soggetti in età inferiore ai 50 anni che si attesta attorno all’1% per entrambi i generi. La classe degli over 80 risulta quella con la più alta percentuale di decessi per Covid-19.
Dalla fine del mese di febbraio si è osservata una netta inversione di tendenza rispetto alla favorevole evoluzione della mortalità che aveva caratterizzato la stagione invernale 2019-2020. Nei mesi di marzo e aprile, infatti, contemporaneamente alla diffusione dell’epidemia di Covid-19 si è osservato un importante incremento dei decessi per il complesso delle cause rispetto al livello atteso sulla base della media del periodo 2015-2019. Durante la prima fase dell’epidemia si sono contati oltre 211mila decessi, 50mila in più rispetto alla media dello stesso periodo del 2015-2019, di cui oltre 45mila relativi a residenti nel Nord del Paese. L’incremento nelle regioni del Nord ha fatto registrare quasi un raddoppio dei decessi nel mese di marzo e un incremento del +75,0% ad aprile.
Nel periodo giugno-settembre, in corrispondenza con la fase di transizione della diffusione dell’epidemia di Covid-19, si è osservata una riduzione della mortalità totale che ha portato, in tutte le regioni/province autonome, il numero dei decessi per il complesso delle cause registrati nel 2020 in linea con i valori di riferimento del periodo 2015-2019.
Viceversa, a partire dalla metà di ottobre 2020 diventano via via più evidenti gli effetti della Seconda ondata dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale. In termini assoluti si stima per i mesi di ottobre e novembre 2020 un aumento di decessi per il complesso delle cause di oltre 31mila e settecento unità.
La seconda ondata si caratterizza aottobre per un eccesso di decessi totali del 13% sia al Nord che al Centro-sud riscontrato, mentre nel mese di novembre si distingue nuovamente l’eccesso di mortalità del Nord, rispetto al Centro e al Sud.
In molte regioni del Nord l’eccesso di mortalità totale del mese di novembre supera quello del picco di marzo-aprile: in Valle d’Aosta, in Piemonte, Veneto, e Friuli-Venezia Giulia. L’incremento dei decessi registrato a novembre è più basso di quello osservato in corrispondenza della prima ondata dell’epidemia solo in Lombardia e in Emilia-Romagna.
Per quanto riguarda le classi di età, lo scostamento della mortalità dall’andamento precedente al periodo in cui è iniziata l’emergenza è ben evidente a partire dal mese di marzo per le età superiori ai 49 anni e aumenta al crescere dell’età. L’eccesso di circa 50mila decessi per il complesso delle cause riscontrato a livello nazionale per il periodo marzo-maggio 2020, rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019, è dovuto per il 72% all’incremento delle morti della popolazione con 80 anni e più.
L’incremento della mortalità nella classe di età 65-79 anni spiega un altro 23% dell’eccesso di decessi in corrispondenza della prima ondata dell’epidemia di Covid-19; in termini assoluti l’aumento rispetto al dato medio 2015-2019 è di 11mila e settecento decessi.
Nei mesi di ottobre e novembre si osserva un fenomeno analogo, l’incremento complessivo dei decessi supera le 31mila e settecento unità, di cui oltre 23mila decessi in più nella classe di età da 80 anni in poi.
Per quanto riguarda la classe di età 0-49 anni, per quasi tutto il periodo considerato i decessi mensili del 2020 sono inferiori a quelli medi del 2015-2019, ad eccezione del dato di marzo e di novembre riferito agli uomini residenti al Nord, per cui si osserva un incremento rispettivamente dell’11% e del 4,9%. Il fatto che la mortalità della popolazione più giovane sia nel 2020 generalmente inferiore alla media del 2015-2019 si può spiegare considerando sia la minore letalità dell’epidemia al di sotto dei cinquanta anni, sia la riduzione della mortalità per alcune delle principali cause che interessano questo segmento di popolazione come quelle accidentali, per effetto del lockdown e del conseguente blocco della mobilità e di molte attività produttive.
Da fine febbraio a novembre i decessi Covid-19 rappresentano il 9,5% del totale dei decessi del periodo, durante la prima ondata epidemica questa quota è stata del 13%, mentre nella seconda ondata il contributo complessivo dei decessi Covid-19 è passato al 16% a livello nazionale.
Se si considerano i contributi per fasce di età dei decessi Covid-19 alla mortalità generale si può notare come, a livello nazionale, la mortalità Covid-19 abbia contribuito al 4% della mortalità generale nella classe di età 0-49 anni, all’8% nella classe di età 50-64 anni, all’ 11% nella classe di età 65-79 anni e all’8% negli individui di ottanta anni o più.
Nel periodo di osservazione dell’epidemia di Covid-19 si stimano complessivamente circa 84mila morti in più rispetto alla media del 2015-2019. I decessi di persone positive al Covid-19 registrati dalla Sorveglianza integrata riferiti allo stesso periodo sono 57.647. Si ricorda, tuttavia, che il rapporto tra i decessi segnalati alla Sorveglianza Integrata e l’eccesso di mortalità del periodo febbraio-novembre 2020 non può dare conto del contributo effettivo del Covid-19; questa misura, infatti, risente di problemi metodologici collegati al consolidamento delle basi dati e della difficoltà nell’identificare i decessi causati da Covid-19 quando questi avvengono in pazienti con numerose patologie concomitanti.
In Italia, dall’inizio dell’epidemia con evidenza di trasmissione fino al 30 novembre 2020 sono stati segnalati al Sistema di Sorveglianza Integrato 1.648.366 casi positivi di Covid-19 diagnosticati dai Laboratori di Riferimento regionale.
Rispetto alla prima ondata epidemica la situazione della diffusione in Italia è notevolmente mutata sia in termini quantitativi che di distribuzione geografica. È molto cambiataanche la capacità diagnostica di tale virus, grazie all’aumento della possibilità di eseguire tamponi molecolari e alla ricerca attiva di casi secondari che è stata messa in atto da Regioni e Provincie Autonome. È stato stimato, grazie anche all’indagine di sieroprevalenza sul SARS-CoV-2 condotta da Istat e Ministero della Salute, che nella prima ondata il rapporto tra i casi notificati e i casi reali fosse almeno nel rapporto di 1:6. Considerando il complesso dei casi diagnosticati nel periodo febbraio-novembre, si nota chepiù del 50% è concentrato in 4 regioni: Lombardia, Piemonte, VenetoeCampania; tre regioni hanno riportato meno di 10mila casi ciascuna. Si sottolinea che, a causa della numerosità della popolazione, la regione Valle d’Aosta, pur riportando il minor numero assoluto di casi, presenta il tasso di incidenza cumulativo più elevato, superiore anche a quelli riportati daVeneto, Lombardia e Piemonte.
Nell’evoluzione della epidemia di Covid-19 nel nostro Paese si possono individuare tre fasi: la prima, dal 20febbraio alla fine di maggio 2020, si è caratterizzata per una rapidissima diffusione dei casi e dei decessi e per una forte concentrazione territoriale prevalentemente nel Nord del Paese. Nella stagione estiva, periodo giugno – metà settembre 2020, la diffusione è stata molto contenuta, ma a partire da metà agosto si sono identificati focolai sempre più numerosi in tutto il Paese e, a partire dalla fine di settembre, i nuovi casi sono aumentati per alcune settimane con un ritmo esponenziale finché, dalla metà ottobre, le ordinanze a livello regionale e l’adozione di ulteriori misure di contenimento hanno portato a un’inversione di tendenza in quasi tutte le Regioni/PPAA. Le misure adottate hanno classificato queste ultime in tre aree corrispondenti ad altrettanti scenari di rischio.
La prima fase dell’epidemia è stata contraddistinta da una trasmissione fortemente localizzata, grazie anche alle misure preventive di sanità pubblica di “distanziamento sociale”, inizialmente limitate ad alcune aree ristrette e via via estese a tutta l’Italia dall’11 marzo 2020. Questa fase, infatti, ha riguardato essenzialmente le regioni del Nord Italia e alcune province della regione Marche nel Centro Italia. Il quadro della diffusione è mutato drasticamente da maggio, quando si è registrato un crollo dei nuovi casi come conseguenza delle rigide misure intraprese per il controllo dell’epidemia; infatti, nei mesi di giugno e luglio si sono registrati mediamente 247 e 236 casi giornalieri. I casi hanno iniziato a risalire nel mese di agosto subito a ridosso del ferragosto, con un valore medio giornaliero di 1.250 negli ultimi 10 giorni di agosto, un dato che si è poi ulteriormente elevato a 1.602 nel valore medio giornaliero di settembre. La diffusione è mutata anche in termini geografici con i maggiori tassi di incidenza cumulata per periodo registrati in Liguria, nella provincia di Trento, in Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Lazio, Sardegna, Campania.
Con l’inizio della stagione autunno-invernale l’Italia, come altri Paesi europei, si è trovata ad affrontare un lento e progressivo peggioramento della epidemia di Covid-19. Sebbene l’andamento epidemico alla fine dell’estate sia stato da noi più contenuto che in altri Paesi europei, a partire dal mese di ottobre si assiste a una rapida ripresa della diffusione dei nuovi casi: anche in questa occasione le regioni più colpite in termini di tasso di incidenza cumulata nel periodo sono quelle del Nord e la regione Toscana nel Centro Italia. Più giovani tra i casi positivi diagnosticati nella seconda ondata Considerando le caratteristiche demografiche dei casi nelle fasi a confronto,si rileva come, sia nella prima che nella seconda ondata, vi sia un numero leggermente più elevato in personedi sesso femminile. Nel periodo estivo questa relazione si inverte con una prevalenza del 53% di casi diagnosticati in persone di sesso maschile. La classe di età mediana dei casi confermati di infezione da SARS-CoV-2 segnalati è progressivamente diminuita: se nella prima fase dell’epidemia la classe mediana è stata per entrambi i generi pari a 60-64 anni e ha comportato un alto rischio nelle popolazioni anziane più fragili, nel periodo estivo la classe mediana è scesa a 40-44 anni per le donne e 35-39 anni per gli uomini. Nel periodo di ottobre-novembre l’età mediana, come peraltro la classe con la maggiore frequenza di casi, è risalita a 45-49 anni. Nella seconda ondata si documenta anche un calo nel numero relativo dei contagi registrato nella popolazione molto anziana, che passa da 31%nelle donne e 19% negli uomini nella prima fase, a 10% nelle donne e 6% negli uomini nel periodo ottobre-novembre. Questo è un segnale di come le raccomandazioni e la prevenzione messa in atto a partire dal secondo periodo di osservazione abbiano dato esiti postivi nel ridurre la trasmissione di malattia in questa componente della popolazione, ma è anche una conseguenza della maggiore capacità diagnostica nei pazienti più giovani pauci o asintomatici.
Al 20 dicembre, data di estrazione dei dati presentati, sono stati notificati dalle Regioni/PPAA al Sistema di Sorveglianza Nazionale integrata Covid-19 dell’ISS oltre 66.000 decessi in persone con diagnosi confermata di Covid.19; di questi, 57.637 hanno una data di decesso entro il 30 novembre. Rispetto al rapporto precedente, che si riferiva ai dati fino a maggio, sono stati notificati 23.295 decessi nel periodo che va da giugno a novembre 2020 pari al 40,4% del computo complessivo.
La curva dei decessi, analogamente a quella dei casi, mostra una crescita a partire da settembre. Pur essendo il numero dei casi con diagnosi confermata con Covid-19 più elevato nella seconda ondata, il numero assoluto di decessi si mantiene leggermente più basso rispetto alla prima. Questo verosimilmente dipende principalmente dal fatto che nella seconda ondata è stato diagnosticato una maggior numero di casi nella popolazione più giovane che ha una bassa mortalità. La maggiore preparazione dei servizi e la disponibilità di trattamenti farmacologici può avere ulteriormente contribuito alla diminuzione della letalità tra i casi diagnosticati con Covid-19 nella seconda ondata. Come nella prima fase dell’epidemia il numero di decessi dei maschi risulta essere superiore a quellodelle femmine, mentre questo rapporto si inverte nel periodo di transizione.
Sale la classe mediana dei deceduti in entrambi i generi, aumento di età che si accompagna a una maggiore severità nelle patologie riscontrate nella popolazione dei deceduti, come rilevato nei report pubblicati dall’ISS. Resta pressoché invariata la percentuale di decessi nella popolazione di età inferiore ai 50 anni che si attesta intorno all’1% in entrambi i generi.
Uno degli approcci più efficaci per misurare l’impatto dell’epidemia di Covid-19 sulla mortalità è quello diconteggiare l’eccesso di decessi per il complesso delle cause, vale a dire quanti morti in più ci sono stati nel Paese rispetto agli anni precedenti.L’eccesso di mortalità può fornire un’indicazione dell’impatto complessivo dell’epidemia, non solo tenendo conto dei decessiattribuiti direttamente a Covid-19, ma anche di quelli che possono essere sottostimatio indirettamente collegati, come le morti causateda un trattamento ritardato o mancato a causa di un sistema sanitario sovraccarico.Come già nei precedenti Rapporti l’eccesso di mortalità è stato stimato confrontando, a parità di periodo, i dati del 2020 con la media dei decessi del quinquennio precedente. In tal modo si assume implicitamente che la diffusione dell’epidemia produca un aumento della frequenza di morti anche non direttamente riferibile alla sorveglianza Covid-19, ovvero al numero di casi positivi deceduti. D’altra parte, il dato dei morti riportati alla Sorveglianza Nazionale integrata Covid-19 fornisce solo una misura parziale di questi effetti, essendo riferito ai soli casi di deceduti dopo una diagnosi microbiologica di positività al virus. Si tratta, pertanto, di un indicatore influenzato non solo dalle modalità di classificazione delle cause di morte, ma anche dalla presenza di un test di positività al virus.
Il bilancio della prima fase dell’epidemia, in termini di eccesso di decessi per il complesso delle cause, è particolarmente pesante per la Lombardia; per tutte le altre regioni del Nord l’incremento dei morti del periodo febbraio-maggio 2020 è compreso tra il 28%e il 38%; solamente il Veneto e il Friuli Venezia Giulia hanno un eccesso di decessi più contenuto. Al Centro si si evidenzia il caso delle Marche, regione che si distingue rispetto all’incremento medio della ripartizione. Considerando i dati assoluti, durante la prima fase dell’epidemia si sono contati oltre 211mila decessi, 50mila in più rispetto alla media dello stesso periodo del 2015-2019, di cui oltre 45mila di residenti nel Nord del Paese.
A partire dalla metà di ottobre 2020, al contrario, diventano via via più evidenti gli effetti sulla mortalità totale della seconda ondata dell’epidemia Covid-19, la cui rapida ed estesa diffusione nella stagione autunnale dà luogo, nel mese di novembre, a un nuovo drammatico incremento dei decessi rispetto ai livelli medi del 2015-2019. La tendenza all’incremento deciso dei decessi, ravvisabile a partire dal mese di ottobre, è la conseguenza della rapida crescita dei casi positivi nelle settimane precedenti e, come per la diffusione dell’epidemia, si osserva in tutte le aree del Paese con aumenti ancora più marcati nel mese di novembre.
A fronte di un eccesso di morti nell’ordine del 13%, sia al Nord che al Centro-Sud, riscontrato ad ottobre, nel mese di novembre si distingue nuovamente l’eccesso di mortalità del Nord, rispetto a quello del Centro e del Mezzogiorno. In molte regioni del Nord l’eccesso di mortalità del mese di novembre supera persino quello del picco di marzo-aprile: in Valle d’Aosta, Piemonte e Friuli Venezia Giulia. L’incremento dei decessi della seconda fase è più basso di quello della prima solo in Lombardia, che comunque fa registrare il terzo aumento più consistente nella graduatoria regionale, e in Emilia Romagna. Molte regioni del Centro e del Mezzogiorno si trovano durante la seconda fase dell’epidemia a sperimentare, per la prima volta,un incremento dei decessi per il complesso delle cause.
La diffusione dell’epidemia e le misure di contenimento attuate hanno avuto un impatto differenziato sulla popolazione delle diverse fasce di età. La prima evidenza riguarda la classe di età 0-49 anni. Per tutto il periodo considerato i decessi mensili del 2020 sono inferiori a quelli medi del 2015-2019, ad eccezione del dato di marzo e di novembre riferito agli uomini residenti al Nord, per cui si osserva un incremento rispettivamente dell’11% e del 4,9%. Il fatto che mortalità della popolazione più giovane sia, nel 2020, generalmente inferiore alla media del 2015-2019 si può spiegare considerando tanto la minore letalità dell’epidemia al di sotto dei cinquanta anni, quanto la riduzione della mortalità per alcune delle principali cause che interessano questo segmento di popolazione, come quelle accidentali. Infatti, nel periodo gennaio-settembre 20205 si rileva un decremento, mai registrato prima nel nostro Paese, di incidenti stradali e infortunati coinvolti. Il periodo di lockdown, imposto dai decreti governativi per contenere la diffusione dei contagi, ha determinato il blocco quasi totale della mobilità e della circolazione da marzo a maggio inoltrato, influendo in maniera determinante sul fenomeno dell’incidentalità stradale. Secondo le stime preliminaridell’Istat, nel periodo gennaio-settembre 2020 è in forte riduzione il numero di incidenti stradali con lesioni a persone, il numero dei feriti e il totale delle vittime entro il trentesimo giorno. Se si limita l’osservazione al periodo gennaio-giugno 2020 le diminuzioni sono più accentuate, pari a circa il 34% per le vittime e a quasi il 40% per incidenti e feriti. Nel trimestre luglio-settembre 2020 l’incidentalità è in ripresa, seppur con persistenti cali, più contenuti, rispetto allo stesso periodo nel 2019. Va inoltre osservato che il lavoro da casa e il lockdown, con il blocco di molte attività produttive, possono aver altresì contribuito alla riduzione della mortalità per talune cause accidentali connesse all’attività produttiva.
Lo scostamento della mortalità dall’andamento precedente al periodo in cui è iniziata l’emergenza è ben evidente a partire dal mese di marzo per le età superiori ai 49 anni, e aumenta al crescere dell’età. Negli uomini con 80 anni e oltre, a livello medio nazionale, si passa da una flessione della mortalità del 3,5% del periodo gennaio-febbraio a un aumento del 62% nel mese di marzo e del 47% ad aprile. Per le donne della stessa classe di età la variazione dei decessi, rispetto alla media 2015-2019, va da -7,4% del bimestre gennaio-febbraio a +41,6%e +49,5% di marzo e aprile, rispettivamente. L’eccesso di decessi più accentuato si rileva a marzo per gli uomini di 65-79 anni residenti al Nord. Dal mese di maggio si osserva una generale riduzione dell’eccesso di mortalità che determina, in diversi casi, anche variazioni negative dovute a un numero di decessi del 2020 inferiore alla media dello stesso periodo 2015-2019. È interessante rilevare come questa flessione sia meno frequente per la popolazione con 80 anni e più, per la quale il livello dei decessi tende a essere superiore a quello atteso più o meno per tutto il periodo e in quasi tutte le ripartizioni. A partire dal mese di agosto, inoltre, l’eccesso di decessi della popolazione più anziana si fa nuovamente e progressivamente sempre più consistente. A novembre, nel pieno della seconda ondata dell’epidemia, l’eccesso di mortalità degli uomini di 65-79 anni e di 80 anni e più raggiunge al Nord incrementi molto simili a quelli del mese di aprile. Un andamento simile si osserva anche per le donne. Passando dal Nord alle ripartizioni del Centro e del Mezzogiorno, aree in cui la diffusione dell’epidemia è stata nella prima ondata più contenuta, l’eccesso di mortalità dei mesi di ottobre e novembre si distribuisce per età in modo simile a quanto osservato per il Nord, ma gli incrementi sono su livelli che, pur importanti, risultano dimezzati o anche più ridotti rispetto a quanto riscontrato nel mese di aprile per le stesse età al Nord. Ad esempio, per la classe 65-79, nel mese di novembre 2020 i decessi sono aumentati del 33% al Centro e del 40% nel Mezzogiorno rispetto alla media per lo stesso mese del periodo 2015-2019; ad aprile 2020 per i residenti al Nord della stessa classe di età l’eccesso di mortalità è stato del 58%, a marzo del 109,9%.
Tornando al bilancio dell’impatto della prima ondata dell’epidemia sulla mortalità complessiva, l’eccesso di circa 50mila decessi riscontrato a livello nazionale per il periodo marzo-maggio 2020, rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019, è dovuto per il 72% all’incremento delle morti della popolazione con 80 anni e più. In totale sono decedute nel 2020, nel periodo considerato, oltre 138mila persone con 80 anni e più, il 66% circa degli oltre 211mila morti del periodo marzo-maggio 2020. L’incremento della mortalità nella classe di età 65-79 anni spiega un altro 23 % dell’eccesso di decessi dovuto alla prima ondata dell’epidemia di Covid-19; in termini assoluti l’incremento, rispetto al dato medio 2015-2019, è di 11mila e settecento decessi. Nei mesi di ottobre e novembre si osserva un fenomeno analogo:nella classe di età 80 e più si registrano oltre 23mila decessi aggiuntivi che spiegano il 74% dell’aumento dei morti del mese.
Da fine febbraio a novembre il contributo dei decessi Covid-19 alla mortalità generale è stato del 9,5%.Durante la prima ondata epidemica è stato del 13%, mentre nella fase di transizione la diffusione si è mantenuta bassa e, conseguentemente, i decessi rilevati sono stati pochi e il contributo di quelli segnalati alla sorveglianza come Covid-19 è stato mediamente dell’1%. Nel corso della seconda ondata, invece, il contributo complessivo dei decessi Covid-19 è passato al 16% a livello nazionale, con un considerevole aumento nel mese novembre.
Se si valutano in Italia i contributi per fasce di età dei decessi Covid-19 alla mortalità generale si può notare come Covid-19 abbia contribuito nella misura del 4% alla mortalità generale nella classe di età 0-49 anni, all’8% in quella 50-64 anni, all’11% nella classe di età 65-79 anni e all’8% negli individui di ottanta anni o più. Tale contributo è stato diversificato se si considerano le diverse ripartizioni geografiche e i tre periodi analizzati: infatti nella seconda ondata epidemica è aumentato il contributo complessivo in tutte le classi di età.