I dati sanitari e la loro condivisione sono da sempre la chiave per diagnosi e trattamenti puntuali e, con l’evoluzione tecnologica, la loro digitalizzazione diventa cruciale per l’evoluzione dell’health care. Poter accedere ai dati del paziente in qualunque momento e in totale sicurezza consente al medico di realizzare un percorso di cura costruito attorno alla persona e, al tempo stesso, si pone alla base del progresso della ricerca scientifica. In questo scenario, MioDottore ha voluto analizzare i comportamenti e le scelte del paziente contemporaneo in Italia e negli altri cinque Paesi in cui il gruppo opera, indagare come vengono gestiti i dati clinici e quali canali sono i preferiti per conservarli e organizzarli.
In media dal medico si va al massimo una volta l’anno e solo 1 italiano su 5 si presenta in studio più di tre volte nell’arco dei 12 mesi. Generalmente chi si reca con maggior frequenza dal dottore è un over 36, mentre solo 1 giovane su 10 si sottopone con regolarità alle visite. Analogamente a quanto accade nel Bel Paese, anche in Brasile e Messico i cittadini si fanno visitare non più di una volta l’anno. A invertire il trend ci sono invece i turchi, polacchi e spagnoli: più di un quarto di loro si reca dal medico almeno due volte l’anno.
Se da un lato gli italiani vanno dal dottore raramente, dall’altro sono particolarmente meticolosi quando si tratta di conservare la loro storia medicale: quasi 8 pazienti tricolore su 10 conservano con cura i propri referti clinici. Ma a quali documenti medicali prestano più attenzione? In primis non scordano di custodire test di laboratorio e risultati di esami diagnostici, mentre i più meticolosi, 2 su 5, archiviano con cura tutta la propria storia clinica. Inoltre, i pazienti dello Stivale hanno a cuore di tenere in ordine informazioni relative a farmaci e allergie, alla propria storia vaccinale e alle prescrizioni mediche. Infine, oltre 1 italiano su 10 non dimentica di conservare tutti quei dettagli utili per monitorare la propria forma fisica, come peso, altezza e Indice di Massa Corporea. Diversamente, negli altri Paesi coinvolti i pazienti sembrano meno precisi, in particolare in Turchia, dove i dati sanitari non vengono conservati da ben 8 cittadini su 10.
Ordinati e precisi, ma ancora poco tecnologici, i pazienti tricolore non abbandonano l’usanza di organizzare le cartelle cliniche in formato cartaceo. Non mancano però gli “early adopters”: più di 1 italiano su 3 sfrutta le potenzialità della tecnologia per archiviare la propria storia clinica. Per tenere tutto in ordine, si creano folder sul PC o si salvano i documenti nello smartphone, pochi invece sono soliti utilizzare servizi in Cloud. Rispetto agli altri Paesi analizzati, da nord a sud dello Stivale si consulta con maggiore frequenza la propria documentazione sanitaria: oltre 1 cittadino su 5 mette mano ai referti di visite ed esami ogni sei mesi e addirittura più di 1 su 10 lo fa mensilmente, il doppio rispetto agli spagnoli. Inoltre, in Italia si presta anche maggior attenzione a mantenere le cartelle cliniche domestiche sempre attualizzate, con il 46% che lo fa dopo ogni esame diagnostico, contro il 33% dei brasiliani che dichiara di non aggiornarle mai.
Tendenzialmente, il paziente italiano è abituato a condividere le informazioni sanitarie, in particolar modo con medici e cliniche, soprattutto in occasione di una prima visita conoscitiva o di un appuntamento di controllo periodico. Alla base vi è la consapevolezza che fornire al professionista una panoramica dettagliata della propria storia clinica possa essere d’aiuto per ricevere una diagnosi più accurata e per monitorare il proprio stato di salute, così come per sciogliere eventuali dubbi. Similmente, anche nelle case del Bel Paese parlare di salute non è un tabù, tanto che il 40% dei cittadini è solito condividere i propri referti medici con l’intero nucleo familiare e mantenere informati i propri cari. Allargando lo sguardo agli altri Paesi, è interessante notare come proprio brasiliani e spagnoli, spesso considerati tra gli Stati più socievoli, sono i più riservati quando si parla di informazioni sanitarie e più 1 su 4 conserva gelosamente la sua cartella clinica.
“Dall’indagine condotta emerge un’Italia divisa in due davanti a digitalizzazione e dati sanitari: da un lato, sempre più cittadini colgono le potenzialità della tecnologia; dall’altro, l’abitudine di conservare la documentazione medica in formato cartaceo resta preponderante. Eppure la pandemia ha rappresentato un chiaro esempio di come i ‘big data’ in ambito scientifico siano lo strumento principe per individuare le terapie più appropriate e tutelare la popolazione,” dichiara Luca Puccioni, CEO di MioDottore. “Da sempre, l’obiettivo di MioDottore è supportare attivamente i cittadini e la società tutta, per questo continueremo a investire per innovare l’health care e offrire a medici e pazienti tecnologie nuove, intuitive e smart”.