Si parlerà di patologie diffuse quali il tumore alla prostata, la disfunzione erettile, l’incontinenza urinaria, le malattie che colpiscono, ogni giorno, migliaia di uomini, con impatti pesantissimi sulla qualità della vita. Ma, anche, delle difficoltà di accesso alle terapie, del mancato riconoscimento dei diritti dopo un intervento di prostatectomia, delle differenze rispetto alle pazienti-donne, del gap fra diverse Regioni. In egual misura della ricerca, delle terapie che salvano la vita, di strutture ospedaliere meglio attrezzate per prendere in carico i pazienti.

Per questo ANDROSUD, corso di chirurgia andrologica che si terrà presso il Cardarelli di Napoli il 27 e 28 giugno, è uno degli incontri di formazione medica più avanzati del settore e vede ogni anno la partecipazione dei principali urologi e andrologi che operano nel Centro-Sud. A tenere le fila, il Responsabile scientifico dell’incontro, dottor Maurizio Carrino, Direttore UOSD Andrologia AORN Ospedale Cardarelli Napoli.

La dimensione delle patologie maschili è caratterizzata purtroppo da “grandi numeri”. Alcune sono destinate a peggiorare con l’età mentre, paradossalmente, altre registrano molti pazienti giovani. Basti pensare che in Italia il tumore alla prostata colpisce ogni anno 41.000 uomini, che 20.000 subiscono un intervento di prostatectomia, che di ipertrofia prostatica benigna soffre il 43% dei settantenni italiani, che il 35% delle disfunzioni erettili non risponde alla terapie farmacologiche, che l’incontinenza urinaria interessa dal 4% al 12% degli uomini over 50 anni. Si aggiunga che gli uomini italiani sono reticenti su questi argomenti, si rivolgono con difficoltà all’urologo, spesso affrontano i problemi quando sono già in fase avanzata.

Questi temi saranno ricorrenti nella due giorni di ANDROSUD che prevede sessioni tematiche, dimostrazioni “live” delle tecnologie biomedicali più avanzate, dibattiti su temi irrisolti quali le differenze di genere e i diritti dei pazienti.

Dei 41.000 uomini che ogni anno vengono colpiti da tumore alla prostata, circa 20.000 vengono sottoposti a un intervento chirurgico demolitivo (prostatectomia) che può generare patologie quali la disfunzione erettile o l’incontinenza urinaria. Le prime terapie sono in genere farmacologiche ma se i farmaci non sono efficaci, è possibile ricorrere a dispositivi impiantabili come le protesi peniene o gli sfinteri urinari. Si tratta di soluzioni terapeutiche molto innovative, destinate a preservare e ripristinare funzioni vitali, autonomia e qualità della vita. Ma il ricorso ai dispositivi protesici, anche se riconosciuti efficaci e risolutivi, è oggi frenato dalla normativa sanitaria che non garantisce a tutti i pazienti medesimo accesso alle cure e pari diritti. Basti pensare che nessuna Regione prevede, al momento, modalità di rimborso e che le protesi non rientrano nei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza. Diverse, paradossalmente, le norme per i farmaci impiegati dopo gli interventi di chirurgia pelvica demolitiva. Per i farmaci esiste infatti la “Nota 75” che prevede il rimborso delle terapie farmacologiche per pazienti sottoposti a chirurgia pelvica. Un aspetto che rende incomprensibile la chiusura nei confronti delle protesi delineando, da subito, le difficoltà che gli uomini, già colpiti dalla patologia oncologica, dovranno affrontare. Diversamente dal pubblico femminile, e dalle tutele ormai acquisite dopo un intervento di mastectomia per l’asportazione del tumore al seno, per gli uomini il problema dei dispositivi protesici è tuttora irrisolto in termini di accessibilità, costi, Centri specializzati.

La battaglia va condotta sia sul fronte terapeutico che su quello “sociale” per garantire a tutti i pazienti il diritto alle cure e all’assistenza. Non dimenticando che laddove il tumore alla prostata venga diagnosticato e affrontato per tempo, il 90% dei pazienti guarisce e può convivere con la malattia per decenni!

Dopo una prostatectomia radicale per l’asportazione del tumore maligno alla prostata l’uomo può andare incontro a due problematiche: la prima e più frequente è la disfunzione erettile perché la rimozione del tumore può comportare il danneggiamento delle strutture deputate all’erezione. La seconda, meno frequente ma ugualmente devastante, è l’incontinenza urinaria. Tecnicamente, la disfunzione erettile è definita l’incapacità, ricorrente o costante, di raggiungere e/o mantenere un’erezione adeguata a un soddisfacente rapporto sessuale. Nella fase iniziale la patologia viene fronteggiata soprattutto con terapie farmacologiche. In molti casi, però, la risposta ai trattamenti orali o iniettivi, con prostaglandine iniettate direttamente nel tessuto del pene, può essere inadeguata o assente. In questi casi, l’impianto di una Protesi Peniena è risolutivo per ripristinare la piena funzionalità e, quindi, l’erezione. L’intervento prevede l’inserimento di piccole protesi, semirigide o idrauliche, che permettono un’erezione non difforme da quella naturale, con la medesima sensibilità e capacità di eiaculazione e immutata funzione urinaria. I componenti della protesi sono impiantati sottocute e non sono visibili dall’esterno, aspetto fondamentale per l’accettazione da parte dei pazienti.

Per quanto concerne, invece, gli Sfinteri Urinari Artificiali, sono destinati ai pazienti che a seguito dell’intervento demolitivo di prostatectomia sviluppano incontinenza urinaria che nel 5-10% dei casi può persistere anche a distanza di tempo. La protesi, che riproduce integralmente gli organi naturali, viene occultata all’interno del corpo, con il pieno ripristino delle funzioni vitali. Lo conferma lo studio “Artificial Urinary Sphincters as a Treatment for Post-Prostatectomy Severe Urinary Incontinence in Italy: a Cost-Utility Analysis”. Secondo lo studio, dopo l’impianto il paziente riduce drasticamente il quotidiano impiego di pannoloni che passano da una decina a 0/1 al giorno, con notevoli risparmi per il SSN e un significativo miglioramento della qualità di vita. Anche qui non mancano però le criticità, basti pensare che il Servizio Sanitario Nazionale copre solo il 24% dei pazienti potenzialmente idonei a questi impianti. 

Commenta i contenuti e il “ruolo” di ANDROSUD il responsabile scientifico dottor Maurizio Carrino: “ritengo che questo incontro sia strategico per l’intera categoria degli urologi e degli andrologi; consente di condividere i temi di maggiore attualità e favorisce il confronto sulle innovazioni terapeutiche che permettono di curare meglio i pazienti. In termini di cultura professionale, rappresenta un salto di qualità che aiuta tanti medici del Sud a “frenare” la mobilità dei pazienti verso altre Regioni. Le eccellenze sanitarie ci sono anche al Sud e possiamo dimostrarlo”.