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I Virologi italiani a congresso

Il vaccino anti-Covid in arrivo anche in Italia sarà “efficace e sicuro” e garantirà “una protezione che, se tutto andrà per il meglio, potrebbe avvenire prima del temuto ritorno del coronavirus Sars-CoV-2 nel periodo autunno-invernale 2021”. E così gli studi prodotti, straordinari e inimmaginabili appena qualche mese addietro: “diventeranno materiale da premio Nobel”. Per ora, resta comunque decisivo “resistere” con le misure di prevenzione: distanza di sicurezza, mascherina e igiene delle mani.

E’ questa la buona notizia, il “take home message”, il messaggio scientifico da portare a casa, chiaro e comunque ottimistico, emerso dal quarto Congresso nazionale della Società Italiana di Virologia, organizzato da Guido Antonelli, Arnaldo Caruso e Massimo Clementi, e svoltosi online, come webinar, con circa trecento partecipanti, un bel successo, e la partecipazione dei principali studiosi e ricercatori del settore, italiani e stranieri.

In particolare Guido Silvestri, della Emory University di Atlanta, ha dissipato “ogni possibile dubbio sull’efficacia e la sicurezza del nuovo vaccino Pfizer”, sviluppato dalla casa farmaceutica americana in collaborazione con la tedesca BioNTech, che, ha detto: “contribuirà sicuramente, insieme ad altri vaccini presto in arrivo sui mercati internazionali, a contenere, e poi speriamo tutti, a bloccare per sempre, la pandemia di Sars-CoV-2”.

Dal prof. Arnaldo Caruso, dell’Università di Brescia, tra gli organizzatori del meeting, una considerazione scientifica e culturale fondamentale: “l’uomo ha stravolto l’ambiente creando terreno fertile per infezioni emergenti. E’, paradossalmente, il vero nemico dell’umanità. L’uomo, che ormai domina incontrastato l’ecosistema, lo stravolge con disboscamenti, allevamenti e coltivazioni intensive, lo contamina pesantemente favorendo cambiamenti climatici”. Ha creato così, e crea sempre più “terreno fertile per l’emergenza di infezioni zoonotiche che favoriscono il salto di specie di virus animali nell’uomo. Un fattore che evidenzia, oltre al nostro di virologi, il ruolo altrettanto strategico della medicina veterinaria”.

Non solo dunque Sars-CoV-2, ed è questa invece la notizia inquietante, ma vari altri coronavirus, in futuro, se non terremo la guardia alta sulla tutela ambientale e la prevenzione, e non cambieremo rotta con maggiore consapevolezza del pericolo, potranno rappresentare una minaccia pandemica al pari dell’agente responsabile dello tsunami Covid-19.

Un allarme ribadito dal prof. Canio Buonavoglia, dell’Università di Bari, che delinea “un quadro molto preoccupante sui coronavirus animali ancora potenzialmente pericolosi per l’uomo” e su come “questi virus hanno potuto, con minime mutazioni del loro codice genetico, operare salti di specie tra animali, arrivando anche a infettare animali domestici come cani e gatti. In futuro, teoricamente, potrebbe divenirne bersaglio anche l’uomo, come recentemente è successo per Sars Cov 2 trasmesso dall’uomo ai visoni, che ne è stato ricontagiato con un virus modificato”.

“Bisogna porre rimedio all’attività distruttiva dell’uomo, se vogliamo anche cambiare il suo destino, impedendo ai virus zoonotici nuovi salti di specie ed inevitabili pandemie”, ha evidenziato il prof. Giorgio Palù, past president della Siv-Isv e nuovo presidente dell’Aifa. “Il virus muta, ma comunque è cambiato poco da Wuhan a oggi”, ha detto.

“Dal salto di specie alla pandemia, i tempi per la diffusione mondiale del Sars-CoV-2 sono stati rapidissimi, grazie ai trasporti internazionali sempre più capillari”, ha osservato a riguardo Giuseppe Ippolito dell’Istituto Spallanzani di Roma, molto critico poi e in generale sui “tempi” e i vari meccanismi burocratici del sistema sanitario italiano, vetusti e assolutamente non adeguati a fronteggiare emergenze. “Non abbiamo strategie, non abbiamo finanziamenti, abbiamo usato strumenti vecchi…” – ha detto senza mezzi termini – “serve un cambiamento di mentalità e un sistema di comunicazione che non siano le slide delle presentazioni dei politici”.

Francesca Caccuri, dell’Università di Brescia, ha evidenziato con le sue ricerche il fatto che “le cellule endoteliali sono suscettibili all’infezione da Sars Cov 2, dimostrando che il virus oltre alle cellule dell’intestino e del polmone, può colpire i vasi sanguigni in tutto l’organismo. L’infezione dei vasi, genera un’infiammazione grave, che sarebbe alla base anche di fenomeni polmonari e cardiocircolatori”.

Guido Poli dell’università Vita Salute, San Raffaele di Milano, ha spiegato come: “Dalla pandemia di Hiv, il virus dell’Aids, a quella di coronavirus Sars-CoV-2, l’uomo si ritrova periodicamente a combattere contro attori diversi, accomunati dal fatto di scatenare eventi drammatici, ma anche dall’opportunità di imprimere grandi avanzamenti della conoscenza in ogni ambito della ricerca scientifica”.

Son questi progressi, che dovrebbero insegnarci a prevenire, oltre che contrastare, le future pandemie, attraverso azioni concrete, e non solo confidando nella “fortuna” che eventi episodici non diventino pandemici, come avvenuto, appunto fortunatamente, per Ebola, Sars e Mers, virus troppo aggressivi e mortali per potersi diffondere con successo e “silenziosamente” nell’uomo e su tutto il pianeta.

Diversi relatori, fra cui in particolare Maria Rosaria Capobianchi dello Spallanzani di Roma, hanno evidenziato “luci e ombre delle metodologie diagnostiche di Covid-19”, mentre, per chiudere in positivo, Davide Zella dell’Università del Maryland, negli Usa, e Massimo Clementi dell’Università Vita Salute, San Raffaele di Milano, hanno concordato sulla “scarsa capacità del virus Sars-CoV-2, almeno al momento, di mutare o ricombinare nelle aree critiche per il legame con la cellula bersaglio”. Clementi, ha assicurato: “sappiamo, almeno dal 2018, che i vaccini a Rna sono efficienti, facili da modulare e plastici, facili da produrre”. Un elemento questo che fa ben sperare in futuro sull’eventuale insorgenza di resistenze del virus nei confronti dei vaccini.

E un monito finale, ancora dal prof. Palù: “Colleghi virologi, facciamo grande attenzione alle persone che parlano di virus e non hanno pubblicazioni scientifiche al loro attivo”, in cui ha fatto capolino, inevitabilmente, la polemica sui virologi-star.

Ci ha messo una pietra sopra il prof. Arnaldo Caruso: “l’epidemia ha posto sotto i riflettori, forse troppo, la nostra professione e la nostra categoria. Nel futuro ci auguriamo non sia così, che il mondo non abbia bisogno disperato della nostra presenza mediatica, ma del nostro lavoro a tutela e salvaguardia della salute di tutti”. 

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