Gravi Cerebrolesioni Acquisite: nuovi studi su diagnosi e prognosi
Verso la fine del 2022 si è tenuto un webinar sui disturbi della coscienza da grave cerebrolesione acquista, organizzato dall’International Brain Injury Association, come evento conclusivo del progetto DoCMA, finanziato dalla Commissione Europea attraverso il bando HORIZON 2020, in cui la Fondazione Don Gnocchi è partner, insieme ad altri enti riabilitativi e Università italiani ed internazionali. Nel corso dei lavori, la dottoressa Anna Estraneo, neurologa e ricercatrice e Principal Investigator per la Don Gnocchi e il dottor Alfonso Magliacano, neuropsicologo e ricercatore, entrambi del Polo specialistico riabilitativo di S. Angelo dei Lombardi (Avellino), hanno presentato due importanti relazioni sulle problematiche diagnostiche e prognostiche di pazienti con disturbi della coscienza da Grave Cerebrolesione Acquisita. Obiettivo principale del progetto DoCMA è stato lo sviluppo di collaborazioni internazionali nella ricerca sui disturbi della coscienza, attraverso la condivisione di diverse expertise e gli scambi di ricercatori nelle diverse sedi del Consorzio omonimo.
Questo progetto ha fornito al personale della Fondazione un’occasione di confronto e di crescita a livello internazionale: diversi infatti sono stati i ricercatori ospitati presso l’IRCCS Don Gnocchi di Firenze, come molti sono stai i ricercatori della Fondazione ad essere ospitati nelle sedi del Consorzio.
«Il progetto – ha spiegato Anna Estraneo, coordinatrice del progetto – è partito nel 2018 e terminerà nel gennaio 2023 e ha coinvolto attivamente il personale della Don Gnocchi, che ha coordinato ben due progetti multicentrici internazionali, oggetto di pubblicazioni scientifiche su alcune prestigiose riviste internazionali, come ‘Neurology, ed European Journal of Neurology’. Tre erano le aree di intervento: diagnosi, prognosi e trattamento dei pazienti con disturbi della coscienza, e gli studi da noi coordinati hanno contribuito alla definizione di nuovi strumenti clinici e all’identificazione di indici prognostici in grado di guidare il clinico nella pianificazione del percorso riabilitativo».
Lesioni cerebrali traumatiche, ictus, arresto cardiaco possono essere causa di gravi danni al sistema nervoso centrale e portare al coma, cioè ad uno stato di totale incoscienza. Il coma può evolvere in uno stato vegetativo, dove il paziente è vigile, ha gli occhi aperti ma non presenta alcuna risposta comportamentale di tipo cosciente, oppure evolvere verso uno stato di minima coscienza, dove oltre alla vigilanza il paziente presenta minime, ma riproducibili, risposte volontarie a stimoli esterni, quali la capacità di inseguire con lo sguardo la propria immagine riflessa nello specchio. Il paziente con disturbo della coscienza protratto, stato vegetativo e di minima coscienza, è ammesso nei reparti di riabilitazione, in cui viene stilato un progetto multidisciplinare per il suo recupero. E’ in questa fase che il clinico necessita di indici prognostici affidabili per guidare il percorso riabilitativo sulla base del potenziale di recupero del paziente.
«Ci sono legislazioni, come quella olandese – ha ricordato la dottoressa Estraneo – che prevedono, in caso di indici di prognosi sfavorevole, l’interruzione del trattamento. Lo studio longitudinale multicentrico su una coorte di 147 pazienti, di cui alcuni ricoverati nei reparti di Alta specialità riabilitativa della Don Gnocchi di Firenze e di Sant’Angelo dei Lombardi – ha aggiunto la dottoressa Estraneo – ha identificato markers clinici e neurofisiologici, quale la reattività EEG all’apertura degli occhi, ad alto valore prognostico e soprattutto facilmente registrabili in un setting riabilitativo e al letto del paziente. Altro aspetto fondamentale è l’accuratezza diagnostica dello stato di coscienza del paziente, in quanto lo stato di minima coscienza presenta una prognosi più favorevole rispetto allo stato vegetativo».
«Per quanto riguarda la diagnosi – ha spiegato Alfonso Magliacano – sono state sviluppate analisi basate su indici comportamentali per migliorare l’accuratezza diagnostica di questi pazienti, come la frequenza di ammiccamento spontaneo, cioè il numero di volte in cui si chiudono e si riaprono spontaneamente gli occhi in un minuto. Abbiamo valutato dapprima individui sani e abbiamo notato che questa frequenza è più elevata quanto più alto è il livello di attenzione della persona. L’ammiccamento si è rivelato un segno clinico correlato all’impiego di risorse cognitive, per cui siamo poi passati a misurare questa frequenza nei pazienti con minima coscienza in situazione di riposo, e abbiamo notato che era maggiore rispetto ai pazienti in stato vegetativo».
In pratica, senza l’utilizzo di strumentazioni sofisticate e attraverso un semplice esame fatto direttamente al letto del paziente in pochi minuti, per la prima volta, è stato identificato un possibile indice diagnostico differenziale affidabile in grado di inquadrare un paziente come “stato di minima di coscienza”, e quindi “idoneo” ad iniziare un trattamento riabilitativo personalizzato.
«I risultati dei nostri studi – ha commentato Anna Estraneo – potrebbero portare ad una modifica delle linee guida sui cui oggi ci basiamo per pianificare gli interventi riabilitativi e modificare i nostri protocolli: ci danno indicazioni importanti per proseguire il follow up dei pazienti anche una volta dimessi dai nostri reparti o per un “richiamo” a distanza di tempo per nuovi controlli, con la possibilità di un nuovo ricovero e di una ripresa, o di un inizio, di un percorso riabilitativo che potrebbe portare a risultati inattesi».
Davvero allora un semplice battere di palpebra potrebbe cambiare una vita.