I pericoli di una navigazione in internet sono numerosi e tutt’altro che trascurabili, come spesso emerge dai casi di cronaca che vedono i minori oggetto di attenzioni morbose da parte degli adulti o che trovano nella rete argomenti e percorsi che incidono negativamente sullo sviluppo della loro personalità, che mettono a repentaglio la salute dei più giovani e talvolta la stessa vita.
Neuropsichiatri e psicologi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù si trovano spesso a dover rispondere alle domande dei genitori su quali siano le modalità di osservazione, controllo e intervento per impedire ai propri figli brutti incontri in rete e brutte esperienze come loro diretta conseguenza.
La tentazione di controllare i figli attraverso i social network è per molti genitori quasi irrinunciabile. C’è chi attiva il proprio profilo e poi chiede l’amicizia al figlio, chi cerca di utilizzare le chiavi d’accesso al profilo del figlio per conoscere il suo mondo, i suoi contatti, i suoi interessi.
I social network sono una importante e straordinaria opportunità – sottolineano gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – e non vanno demonizzati. Ma, come tutti gli strumenti potenti, bisogna saperli maneggiare in modo da non farsi del male. Per un genitore e un figlio – spiegano – i social network altro non sono che la proiezione in rete della qualità delle relazioni vissute quotidianamente tra le pareti domestiche. Non ci si può aspettare che un bambino o ancor di più un adolescente, poco avvezzo a rapportarsi ai genitori in maniera trasparente, accetti di sentirsi osservato attraverso la rete.
Ma esiste un’età minima per attivare un profilo? Qualcosa si muove da parte delle istituzioni e degli stessi sviluppatori dei social network: fra queste, l’attivazione di un tasto “segnalazione di abusi” di facile uso e immediatamente accessibile – che permetta agli utenti di segnalare con un click contatti o comportamenti inappropriati – la classificazione automatica come “privati” dei profili completi online e degli elenchi di contatti di utenti registrati come minorenni, l’impossibilità di compiere ricerche sui profili privati di utenti minori, su siti Internet o tramite motori di ricerca.
Ma questo è solo un aspetto della questione. L’altro, e ben più rilevante, è che non c’è niente di meno efficace di un divieto, specie per un adolescente. Entrare nel profilo di un figlio è come sbirciare nel suo diario segreto. In rete soprattutto i ragazzi esprimono emozioni, pensieri, gusti, affidando ai social network anche sfoghi personali, ma che, nel proprio immaginario, devono restare preclusi alla sfera dei genitori.
Un altro rischio è la virtualizzazione del rapporto figlio-genitore in cui si dialoga in rete ma si resta in silenzio a tavola.
L’approccio migliore è la creazione di una relazione solida tra genitore e figlio, che permetta all’adolescente di affrontare ogni argomento, eventuali ansie, paure e preoccupazioni derivanti da contatti e richieste giunte tramite internet e i social network. Ciò significa instaurare una rapporto di fiducia tra genitore e figlio, che faccia sentire l’adolescente accolto e non giudicato, in modo da consentire anche richieste di aiuto nella consapevolezza di potersi sentire protetto e difeso dai propri genitori, anche se si tratta di dover riferire cose non piacevoli e da cui si viene normalmente messi in guardia.