Fibrosi cistica: aumentare la proteina CFTR rende più efficaci le cure
Bersagliare farmacologicamente i meccanismi cellulari che sono responsabili della degradazione della proteina CFTR mutata permette di migliorare l’efficacia di Kaftrio, la combinazione di farmaci modulatori di CFTR approvata recentemente da EMA.
Questo quanto emerge dallo studio “Targeting the E1 ubiquitin-activating enzyme improves elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor efficacy towards F508del and rare misfolded CFTR mutants”, pubblicato sulla rivista internazionale «Cellular and Molecular Life Sciences» e condotto da un team di ricercatori delle Università di Padova e dall’equipe della dott.ssa Nicoletta Pedemonte dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova.
Lo studio, coordinato dal professore Mauro Salvi del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e finanziato dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, apre la strada a possibili miglioramenti ed estensioni della terapia con Kaftrio per la fibrosi cistica.
La fibrosi cistica, è tra le malattie genetiche recessive più diffuse in Italia, con un’incidenza di 1 ogni 2500-3000 nati. È una malattia molto grave, e l’aspettativa di vita media dei pazienti supera di poco i 40 anni.
La malattia è causata da mutazioni nel gene CFTR che produce una proteina che gioca un ruolo chiave nella secrezione di ioni e fluidi in molti organi. Tra i diversi organi colpiti, i polmoni subiscono i danni maggiori che, nel tempo, portano ad insufficienza respiratoria, richiedendo il trapianto polmonare. La mutazione più comune, F508del, determina un difetto della struttura della proteina, che viene quindi rapidamente riconosciuta come difettosa e distrutta.
Nuove speranze sono arrivate nel 2019, con l’approvazione da parte di FDA della nuova combinazione di farmaci Trikafta/Kaftrio, un nuovo farmaco per il trattamento dei pazienti aventi almeno una copia della mutazione più comune. Questo farmaco si basa sull’utilizzo di tre diverse molecole che correggono la proteina mutata e ne potenziano l’attività.
Nonostante la grande efficacia di queste molecole, ci sono differenze nella risposta individuale e non tutti i pazienti hanno lo stesso beneficio clinico dalla terapia. Non va poi dimenticato che, in Italia, una percentuale rilevante di pazienti con fibrosi cistica ha mutazioni diverse da F508del. In alcuni casi si tratta di mutazioni che rispondono bene al farmaco, ma in altri casi, come in quello della mutazione N1303K, i risultati non sono promettenti.
«In questo studio abbiamo analizzato quali meccanismi cellulari fosse possibile “bersagliare” per aumentare la stabilità della proteina CFTR in modo da migliorare l’efficacia delle terapie attuali – spiegano i dott. Christian Borgo e Claudio D’Amore, primi autori dello studio -. Abbiamo visto quindi che la riduzione dell’attività dell’enzima UBA1 determina un incremento sensibile della quantità di proteina CFTR, che risulta così disponibile per la correzione tramite Kaftrio. La nostra ricerca ha inoltre messo in luce la possibilità di sfruttare la recente molecola TAK-243, già in trials clinici per patologie tumorali, per inibire specificamente UBA1».
«L’efficacia del trattamento combinato di TAK-243 con Kaftrio – sottolinea la dott. Nicoletta Pedemonte – è stata verificata su modelli ex vivo di cellule epiteliali bronchiali e nasali da pazienti con Fibrosi cistica, modelli che rappresentano il gold standard per predire l’efficacia di un trattamento farmacologico sui pazienti. Queste prove hanno dimostrato come l’inibizione di UBA1 aumenti significativamente l’efficacia del farmaco».
«È quindi chiaro – conclude il Prof. Mauro Salvi – come tale approccio permetta di potenziare l’efficacia di Trikafta anche su alcune mutazioni diverse da F508del, come ad esempio la N1303K.»
«Tali risultati potrebbero contribuire ad ottimizzare gli effetti terapeutici di Kaftrio/Trikafta in pazienti con la mutazione F508del, e costituire un primo passo verso l’estensione dell’uso di questo farmaco a pazienti con mutazioni ancora prive di cura o per le quali i trattamenti attuali sono scarsamente efficaci. – dichiara Carlo Castellani, presidente del Comitato Scientifico FFC Ricerca – In linea con “Una Cura per tutti”, mission della Fondazione.»