Equivalenza terapeutica: ricercare equilibrio tra diritto, scienza e spesa sanitaria
Nell’incontro organizzato a marzo da The European House – Ambrosetti in collaborazione con la Camera degli Avvocati Amministrativisti, il sostegno dell’Italian American Pharmaceutical Group e del Gruppo Europeo e Nipponico di Farmindustria, sono emerse le criticità dell’attuale assetto normativo che regola la valutazione dell’equivalenza terapeutica di farmaci contenenti principi attivi diversi. È stata ribadita l’importanza di adottare criteri scientifici rigorosi e regole procedurali più trasparenti.
Le norme attuali, nel prevedere la possibilità di dichiarare equivalenti farmaci aventi principi attivi diversi, per metterli in gara tra loro, sono state introdotte con il principale scopo di contenere la spesa farmaceutica.
Dal confronto tra i giuristi emerge in modo chiaro che le regole stabilite e applicate da AIFA, attraverso la Determina 818 del 2018, sembrano evidenziare aree di discordanza con il quadro normativo comunitario e costituzionale nazionale. È necessario un migliore contemperamento di diritti e interessi in gioco, e va comunque garantita una maggiore scientificità e trasparenza nelle procedure e nelle decisioni adottate da parte degli organi competenti.
Norme più equilibrate, più trasparenti e più rigorose dal punto di vista scientifico, potrebbero meglio assicurare l’autonomia decisionale dei medici e, con essa, la tutela della salute dei pazienti. La scelta della terapia è e dovrebbe rimanere una responsabilità del medico curante e si basa sulle caratteristiche di ciascun paziente. Limitare le opportunità terapeutiche può avere ripercussioni sulla qualità di vita di alcuni pazienti e ridurre, in alcuni casi, l’aderenza alle terapie.
“L’opinabilità del giudizio di equivalenza terapeutica e le lacune normative che regolano la procedura di valutazione dell’AIFA hanno determinato e determinano, inoltre, un frequente ricorso alla Giustizia Amministrativa, che viene chiamata ad esprimersi su un tema molto complesso e ricco di implicazioni tecniche e oggetto di un difficile bilanciamento tra una molteplicità di valori costituzionali” – ha spiegato il Prof. Francesco Saverio Marini, Professore Ordinario di Diritto Pubblico, Università di Roma Tor Vergata e Consigliere di Presidenza della Corte dei Conti – aggiungendo che “Non si può ignorare, infatti, che a fronte delle esigenze di contenimento della spesa pubblica, le decisioni dell’AIFA e del giudice amministrativo sull’equivalenza tra farmaci possono avere ricadute significative non solo sull’autonomia prescrittiva dei medici e quindi sulla salute dei pazienti, ma anche sul rispetto della tutela brevettuale, disincentivando la ricerca, lo sviluppo e la produzione di terapie innovative nel nostro Paese”.
Anche rispetto al contesto comunitario e internazionale l’attuale normativa evidenzia lacune in termini di scientificità e trasparenza. Infatti, gli standard seguiti dall’ente regolatorio europeo EMA per il rilascio delle autorizzazioni per i farmaci biosimilari sono ben più rigorosi e stringenti di quelli che l’Agenzia Italiana del farmaco ha stabilito per poter dichiarare terapeuticamente equivalenti farmaci che hanno principi attivi completamente diversi tra loro.
“La disciplina applicabile nell’Unione Europea e in molti altri ordinamenti internazionali evidenzia come il nostro Paese abbia adottato un approccio che non trova riscontri in altri Stati, rappresentando una sorta di anomalia, – spiega il Prof. Vincenzo Salvatore, Professore ordinario di Diritto dell’Unione europea presso l’Università degli Studi dell’Insubria. – In Italia si è voluto introdurre una metodologia di valutazione di equivalenza terapeutica tra farmaci a base di principi attivi diversi nel perseguimento prevalente di obiettivi di contenimento della spesa farmaceutica. Si rende quindi necessario approfondire se questo consente il corretto contemperamento dei diversi interessi in gioco, tutti costituzionalmente garantiti”.
Il mondo scientifico ha manifestato dubbi e perplessità in merito alle regole definite da AIFA. La Società Italiana di Farmacologia, ad esempio, sottolinea che l’equivalenza o sovrapponibilità terapeutica potrà essere dimostrata solo attraverso studi di confronto diretto con l’ausilio di adeguati registri o studi osservazionali. Questi requisiti non risultano tra quelli attualmente indicati nelle procedure di AIFA.
“Quello dell’equivalenza terapeutica è un tema delicato, con riflessi potenzialmente molto significativi sull’appropriatezza delle cure per i pazienti e sull’accessibilità ai trattamenti più innovativi, e non può essere affrontato sulla base di criteri esclusivamente economici – ha sottolineato Pasquale Frega, Presidente Gruppo Europeo e Nipponico di Farmindustria GEF – Le aziende del settore farmaceutico operanti in Italia esprimono da tempo la necessità di regolare questa materia secondo principi certi e stabili, orientati al duplice obiettivo di salvaguardare la sostenibilità del sistema sanitario e, allo stesso tempo, di riconoscere il valore dell’innovazione medico scientifica, risorsa irrinunciabile non solo per la salute dei pazienti ma anche, come sta dimostrando questa lunga fase di emergenza sanitaria, per la stessa tenuta sociale ed economica del paese. Le imprese del farmaco sono disponibili ad un confronto con le istituzioni per definire nuovi, equilibrati e trasparenti criteri per gestire il tema dell’equivalenza terapeutica, nell’ambito di un’auspicata e sempre più necessaria revisione dell’intera governance della farmaceutica, area realmente strategica per il futuro dell’Italia”.
Nella tavola rotonda che ha concluso l’evento e alla quale hanno partecipato, tra gli altri, Guido Rasi (già Direttore Generale di EMA e di AIFA); Patrizia Popoli (Presidente, Commissione Tecnico Scientifica, AIFA) e Antonio Gaudioso (Presidente di Cittadinanzattiva) è emersa in modo chiaro l’esigenza di rivedere le norme che sono alla base dell’equivalenza terapeutica, che contemperino meglio gli interessi coinvolti e che garantiscano un approccio più scientifico e trasparente.