Epatite C: progetto di screening e cura per chi usa droghe per via iniettiva
Negli ultimi anni la terapia dell’Epatite C ha conosciuto una vera e propria rivoluzione: pressoché la totalità dei soggetti affetti può guarire con 2/3 mesi di terapia di facile esecuzione e ben tollerata.
Tuttavia eliminare l’infezione dalla popolazione non è così facile. Molte persone ignorano di avere l’Epatite C, o non percepiscono l’importanza della cura. Per arrivare all’eradicazione della malattia occorre agire sul sommerso, in particolare dove si concentra maggiormente la probabilità di riscontro dell’infezione, come per esempio nelle persone che usano o hanno usato droghe per via iniettiva.
È per questo che è partito il progetto coordinato dal dr. Alessandro Soria, infettivologo afferente alla Struttura complessa di Malattie Infettive del San Gerardo di Monza, che ha messo in rete i Servizi per le Dipendenze (SERD) della provincia di Monza e Brianza: da 18 mesi, a tutti gli utenti dei SERD con Epatite C viene offerto un accesso mirato in Malattie Infettive per essere presi in cura.
La strutturazione di un percorso standardizzato fast-track e il sistema accogliente nei confronti di un’utenza fragile e complessa ha consentito di avviare al trattamento finora circa 100 soggetti che altrimenti avrebbero visto progredire la propria patologia probabilmente alla cirrosi e al tumore del fegato. L’azione sugli utenti dei SERD, oltre a prevenire l’evoluzione clinica dei singoli soggetti, ha ricadute di sanità pubblica, perché riduce la circolazione del virus in persone che possono ancora avere condotte a rischio di trasmissione. L’esperienza inoltre, effettuata senza risorse aggiuntive ma grazie alla buona volontà dei singoli operatori, in particolare dei medici dei SERD, diretti dal dott. Giovanni Galimberti e dal dott. Maurizio Bramani, ha dimostrato una ottima capacità di fare rete tra i servizi, e di stabilire quelle connessioni tra ospedale e territorio indispensabili per una azione dalle ampie ricadute socio-sanitarie.
I primi dati del progetto sono stati presentati quest’anno al congresso ICAR a Milano, e hanno messo in luce i vantaggi di un modello di presa in carico ad hoc.
Da pochi mesi si sono aggiunte altre due aree di intervento nello stesso campo: il trattamento di tutti i soggetti con Epatite C nella casa circondariale di Monza, e l’intervento, coordinato da ATS Brianza, di riduzione del danno con unità mobile nel parco delle Groane, area di spaccio e consumo di droghe, dove a breve partirà l’offerta di test rapidi salivari HCV per curare rapidamente l’Epatite C e ridurre la circolazione del virus.
Questo progetto si inserisce nella collaborazione tra ospedale e territorio propria dell’ASST di Monza, e intende fare emergere quella fetta di soggetti fragili affetti da HCV ora non nota, che rappresenta oggi un obiettivo strategico prioritario delle politiche sanitarie regionali e nazionali sul tema dell’Epatite C.
“Un altro esempio concreto di iniziative che coniugano la qualità clinica ospedaliera con le esigenze del territorio realizzate mediante approcci multidisciplinari a favore di pazienti fragili”, spiega il Direttore Generale della ASST di Monza Mario Alparone.
“Nei prossimi tre anni, grazie allo screening esteso a tutta la popolazione che usa o ha usato droghe per via iniettiva, contiamo di coinvolgere una vasta platea di soggetti a rischio e di trattare 500 persone, potenzialmente riducendo a zero l’incidenza dell’Epatite C nella nostra provincia di Monza Brianza”, dichiara il dott. Guglielmo Migliorino, primario dell’Unità operativa complessa di Malattie Infettive, insieme all’équipe epatologica coordinata dal dott. Soria con la dott.ssa Elisa Colella, la dott.ssa Paola Columpsi e il dott. Giuseppe Lapadula.
“Queste attività dedicate a popolazioni ad alto rischio completano perfettamente l’enorme attività che facciamo in ospedale per riuscire a trattare tutte le persone che ancora oggi sono affetti da Epatite C – commenta il dott. Antonio Ciaccio, epatologo responsabile dell’ambulatorio “malattie epatiche virali” presso l’Unità Complessa di Gastroenterologia – il tutto in stretta sinergia con i medici curanti che ci inviano i loro assistiti attraverso un canale preferenziale ed il notevole supporto delle associazioni di pazienti affetti da HCV”.