Immaginiamo un gruppo di bambini a scuola al momento del pranzo in mensa: i piatti arrivano un po’ alla volta ma gli insegnanti li invitano a iniziare a mangiare quando tutti hanno ricevuto il cibo. La capacità dei bambini di inibire azioni automatiche permette loro di regolare flessibilmente il proprio comportamento a seconda degli eventi dinamici dell’ambiente esterno. Questa abilità richiede che i bambini, implicitamente, controllino i propri movimenti, in una stretta relazione mente-corpo.
Possiamo immaginare i bambini in mensa che si muovono sulla sedia con impazienza e giocano con la forchetta mentre aspettano che tutti i compagni ricevano il piatto: i loro movimenti raccontano la storia delle “battaglie” che hanno luogo nella mente.
I bambini con disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività mostrano spesso comportamenti impulsivi che sono legati alla difficoltà di inibire comportamenti e movimenti automatici. Queste difficoltà sono solitamente valutate attraverso prove e test cognitivi basati su livelli di accuratezza e velocità nel rispondere a determinati stimoli o istruzioni. Tuttavia, la storia raccontata dai movimenti del loro corpo è molto più ricca e viene solitamente trascurata dalla ricerca e dalla pratica clinica.
Un team di ricercatori dell’Università di Padova e dell’Università di Bologna si è posto quindi l’obiettivo di definire un metodo per monitorare i movimenti dei bambini durante lo svolgimento di prove tradizionali che misurano l’inibizione. Nei laboratori universitari, questo viene fatto con strumenti costosi, ingombranti e complessi da utilizzare: i ricercatori miravano invece a implementare strumenti semplici, portatili, economicamente accessibili e quindi utilizzabili su larga scala dai professionisti che si occupano di valutazione neuropsicologica e potenziamento cognitivo.
I risultati dello studio, coordinato da Teresa Farroni del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova e Gustavo Marfia del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, sono stati pubblicati nell’articolo dal titolo “Reduced motor planning underlying inhibition of prepotent responses in children with ADHD” sulla rivista “Scientific Reports”.
I ricercatori hanno utilizzato un sensore indossabile per monitorare le caratteristiche del movimento compiuto dai bambini durante lo svolgimento di una tradizionale prova cognitiva. Anche quando i bambini con ADHD riuscivano a bloccare una risposta automatica non più adeguata al contesto, rispetto ai bambini con sviluppo tipico i loro movimenti svelavano una ridotta pianificazione dell’azione: queste sottili differenze non vengono colte dalle misure neuropsicologiche tradizionali, ma sono fondamentali per capire i comportamenti impulsivi spesso associati alla diagnosi di ADHD. Il metodo di analisi “cinematica” impiegato per questo progetto arricchisce i processi di valutazione e potenziamento delle abilità cognitive dei bambini.
“I movimenti del nostro corpo raccontano la storia dei processi cognitivi che sono in gioco quando compiamo una certa azione. Nonostante lo stretto legame tra movimento e cognizione – spiega Teresa Farroni, docente dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di ricerca –, i tradizionali test neuropsicologici con cui valutiamo le capacità cognitive dei bambini non ci dicono come le loro risposte sono organizzate a livello motorio”.
“In questa ricerca – aggiunge Irene Valori, prima autrice dello studio, che ha appena concluso il suo dottorato in Psicologia nell’Ateneo patavino – è stata monitorata l’attività motoria dei bambini in età scolare mentre svolgevano una prova di inibizione di azioni automatiche. I risultati suggeriscono che anche i bambini con ADHD completano correttamente la prova, ma dedicano minori risorse alla pianificazione dei movimenti con cui svolgono il compito. Nonostante il controllo dell’azione possa aver compensato e portato a una buona prestazione, questa strategia rende difficile l’inibizione in situazioni quotidiane più complesse, in cui l’impulsività è difficile da contenere, soprattutto per bambini con ADHD”.
«In altre parole – continua Farroni –, i bambini con ADHD hanno difficoltà di pianificazione che possono restare “invisibili” alle prove neuropsicologiche classiche. Usando sensori cinematici di ultima generazione e facili da utilizzare possiamo capire più a fondo questi processi e potenziarli attraverso specifici training».
“Oggigiorno sono disponibili in commercio sempre più dispositivi portatili, anche a prezzi sostenibili da un singolo professionista, dotati di diverse tipologie di sensori. Un esempio è l’accelerometro – sottolinea Alessia Angeli, dottoranda in Data Science and Computation del Dipartimento di Informatica – Scienza e Ingegneria dell’Università di Bologna, che ha curato l’implementazione tecnica dello studio e l’elaborazione dei dati cinematici –, un sensore di accelerazione destinato alla misurazione del proprio spostamento nello spazio, la cui raccolta dati può fornire molte informazioni sui movimenti delle persone”.
“Ricerche e collaborazioni multidisciplinari che uniscono conoscenze informatiche e di psicologia permettono di rendere questi strumenti utilizzabili nella pratica clinica”, conclude Gustavo Marfia, coordinatore dello studio dell’Università di Bologna.